Vicenza, Teatro Olimpico:”Pelléas et Mélisande”

Vicenza, Teatro Olimpico, Vicenza Opera Festival 2023
PELLÉAS ET MÉLISANDE”
Dramma lirico in cinque atti e dodici quadri su libretto di Maurice Maeterlinck
Musica di
Claude Debussy
Pelléas BERNARD RICHTER
Mélisande PATRICIA PETIBON
Golaud TASSIS CHRISTOYANNIS
Arkël FRANZ-JOSEF SELIG
Geneviève YVONNE NAEF
Un medico / Voce di pastore PETER HARVEY
Yniold OLIVER MICHAEL
Budapest Festival Orchestra
Direttore
Iván Fischer
Regia Iván Fischer e Marco Gandini
Scenografia Andrea Tocchio
Costumi
Anna Biagiotti
Luci
Tamás Bányai
Una produzione della Iván Fischer Opera Company, Müpa Budapest, Vicenza Opera Festival e Festival dei Due Mondi di Spoleto
Vicenza, 29 ottobre 2023
Da alcuni anni rivolgiamo attenzione al Vicenza Opera Festival, che, sotto l’attenta direzione del maestro Iván Fischer, ogni anno organizza un’opera e dei concerti in collaborazione con la Società del Quartetto della città veneta, e ogni anno sa mirabilmente alzare sempre più l’asticella della qualità artistica delle sue proposte. Senza dubbio, la sede ove l’opera annuale va in scena contribuisce alla riuscita della stessa, quel Teatro Olimpico, capolavoro del Palladio e dello Scamozzi, che ancora oggi toglie il fiato; tuttavia, ormai è chiaro, l’Olimpico non è il protagonista di queste recite, non può esserlo, poiché per preservarne la scena rinascimentale l’area per solisti e orchestra deve essere posta nella non certo vastissima cavea davanti allo storico palcoscenico. Questa è ogni anno la sfida del regista Marco Gandini e dello scenografo Andrea Tocchio, che quest’anno hanno davvero saputo meravigliare lo spettatore invadendo il golfo mistico di nodosi rami frondosi, praticelli, uno specchio d’acqua e un pozzo, lasciando che i molti musici (adeguatamente vestiti in verde e marrone) suonino in mezzo a questa vera e propria foresta; alle sue spalle, verso il boccascena, quattro pedane scenografate con motivi Art Nouveau, che riprendono la vegetazione, si innalzano e abbassano creando piccoli ma significativi spazi su più livelli. Come già detto, una vera meraviglia per l’astante, che si aspetterebbe il “solito“ Olimpico, e invece si trova, già al suo ingresso, catapultato in un mondo selvaggio e fiabesco. In effetti, altro non avrebbe potuto essere, trattandosi delle scene per “Pelléas et Mélisande“, il capolavoro operistico che Claude Debussy ha regalato al mondo nel 1902; un titolo in Italia non troppo frequentato, ma che all’estero ha saputo ritagliarsi una nicchia di repertorio, in parte per un minore pregiudizio sull’opera non italofona, in parte per l’intrinseca eccezionale qualità del materiale musicale che la compone, e che la identifica come regina del simbolismo musicale; l’opera risente chiaramente anche di forti influenze wagneriane (del Wagner più macerante, del “Tristan und Isolde”, soprattutto nel quarto atto), ma Debussy piega al gusto impressionista questa partitura spesso magniloquente, per conferirle emotività, evocazione onirica, proiezione al Novecento appena iniziato. E questo è esattamente quello che ricaviamo dalla magistrale concertazione di Iván Fischer: un’esperienza non solo della splendida partitura, ma anche di tutti gli echi che vi risuonano, puntualmente modellati sulle esigenze della scena – la cui regia lo stesso Fischer ha curato con Gandini. La fusione tra spazio dei solisti e spazio orchestrale diventa quindi anche una perfetta fusione sonora, esattamente come dovrebbe sempre essere. Il cast di questa produzione può vantare almeno quattro voci straordinarie, a cominciare dalla Mélisande di Patricia Petibon, che costruisce un personaggio ultraterreno dalla vocalità per nulla diafana, ma solida e omogenea; il fraseggio accurato ci offrono una Mélisande sempre in bilico tra estasi e passione, anima e corpo, di grande intensità. Pure la Geneviève di Yvonne Naef sorprende, in barba al piccolo ruolo: siamo di fronte a un vero contralto capace con grande naturalezza discendere al fondo della terza ottava e contemporaneamente mantenere qualità espressiva e ottima proiezione. Sono tuttavia due performance maschili quelle che convincono di più: Tassis Christoyannis (Golaud) unisce a una voce di baritono lirico una linea di canto impeccabile, morbidissima e sicura, unita a una prova scenica coinvolta e senza una défaillance. Franz-Josef Selig, nel ruolo di Arkël, offre una prova magistrale: il fraseggio del basso tedesco è curatissimo, la tecnica solida, il colore è quello di un basso lirico morbido e misurato. Corretta nell’intonazione e senza dubbio accattivante l’interpretazione di Yniold del dodicenne Oliver Michael – anche se, vista la ricchissima orchestrazione del finale terzo atto, che lo vede protagonista, già Debussy aveva inteso il ruolo per un soprano leggero, più che una voce bianca. A parte il buono per quanto risicato apporto di Peter Harvey (nel doppio ruolo del Dottore e del Pastore), Bernard Richter, offre un Pelléas discontinuo: la voce è più lirico-leggera che pienamente lirica, e questo inficia in parte la sua resa nel secondo e nel terzo atto, a causa di intonazione non ottimale e proiezione a volte carente; il quarto atto, invece, lo trova più focalizzato, il suono si riempie e arrotonda, la linea di canto si fa più sicura e il duetto d’amore è portato avanti con maestria. A coronare questa straordinaria recita non possiamo non citare i costumi di Anna Biagiotti, semplici quanti efficaci e curati nei minimi dettagli, che contribuiscono al sogno preraffaellita della regia; e fondamentali sono anche le luci discrete quanto calligrafiche di Támas Bányai, specie quelle sul quinto atto. Il grande successo dell’iniziativa – sold out in tutt’e tre le date, e di grande richiamo per il pubblico estero – è suggellata dai lunghissimi applausi finali, a compensare, forse, il gelo degli spettatori durante tutta la recita. Foto Vicenza Colorfoto