Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Mondi riflessi” 23 settembre-27 ottobre 2023
“DA ORIENTE A OCCIDENTE”
Trio Zeliha
Violino Manon Galy
Violoncello Maxime Quennesson
Pianoforte Jorge González Buajasán
Mel Bonis: “Suite orientale” pour violon, violoncelle et piano, op. 48; Benjamin Godard: “Barcarolle” pour piano no 2, op. 80; Barcarolle pour piano no 3, op. 105; Pablo de Sarasate: “Airs bohémiens”, op. 20 (transcription pour violon, violoncelle et piano); Maurice Ravel: Trio en la mineur pour violon, violoncelle et piano.
Venezia, 19 ottobre 2023
Soprattutto a partire dall’inizio del XX secolo il linguaggio musicale francese si è profondamente arricchito, attingendo a diverse tradizioni musicali popolari, presenti in varie regioni del territorio nazionale o al di fuori dei suoi confini. Nel concerto di cui ci occupiamo – un altro prezioso contributo alla riscoperta di fascinosi “Mondi riflessi” – si sono proposti significativi esempi in tal senso: la Suite orientale di Mel Bonis (1900), che esplora colori lontani, presentando una caratteristica ornamentazione; Airs bohémiens di Pablo de Sarasate, improntati agli accenti e all’anima stessa della musica ungherese, come le celebri Rapsodie di Franz Liszt; due delle numerose Barcarolles, composte da Benjamin Godard – la n. 2 e la n. 3 –, appartenenti ad un genere che, all’epoca, divenne imprescindibile per i pianisti dei salotti parigini; il Trio avec piano di Ravel (1914), dove il “colore basco” convive, tra l’altro, con una certa tradizione poetica malese. A guidarci in questo stimolante viaggio sonoro era il Trio Zeliha, una recente formazione, composta da giovani talenti, che si va imponendo nel panorama francese e non solo.
Perfetta l’intesa tra la violinista Manon Galy, il violoncellista Maxime Quennesson e il pianista Jorge González Buajasán che, nell’affrontare i brani in programma, hanno dimostrato un’indiscutibile padronanza tecnica, al servizio di un’interpretazione consapevole, duttile e sensibile. Così il contenuto esotismo, che caratterizza la Suite orientale di Mel Bonis, si è diffuso come un profumo delicato in particolar modo nella Danse d’almées scevra da ogni esibita sensualità o nella lunga Ronde de nuit, dove il pianoforte, nel registro grave, fa sentire i rintocchi di una campana.
Autorevole si è dimostrato Jorge González Buajasán nell’interpretazione delle due Barcarolles di Benjamin Godard, appartenente a una generazione di compositori, che rivisitano lo spirito romantico, piuttosto che cedere alle seduzioni del wagnerismo, facendosi interpreti delle istanze delle classi borghesi, anelanti a una perduta Età dell’Oro, in cui i nobili spiriti erano liberi di dedicarsi al piacere estetico. Sensibilità e virtuosismo si sono apprezzati nella Barcarolle n. 2, che inizia in pianissimo, presentando un tema, del quale si propongono tre successivi sviluppi, particolarmente ardui per l’interprete nei loro passaggi più agitati. Un’aura “crepuscolare” ha, in particolare, caratterizzato la Barcarolle n. 3 – dalla contenuta espressività e dalle sfumature di grande dolcezza –, dove il discorso si sviluppa attraverso la ripetizione di un medesimo motivo con sottili variazioni melodiche e armoniche.
Estremamente brillante e ricca di pathos – oltre che saggio di prestanza tecnica soprattutto da parte del violino, che deve assumere il ruolo di prismas, il primo violino dell’orchestra zigana – è risultata l’interpretazione di Airs bohémiens di Pablo de Sarasate, un esempio perfetto di quanto il virtuoso spagnolo – sempre itinerante – sapeva calarsi nell’identità nazionale dei Paesi in cui si esibiva, com’è confermato dalla presenza di elementi tratti dal folklore zigano – ritmi sincopati e plastiche frasi melodiche –, dalla libertà accordata agli esecutori e dalla contrapposizione tra lassan e friska, due movimenti di danza in misura binaria, che si alternano bruschi ed improvvisi.
Analogamente brillanti e incisivi, nel sottolineare i ricorrenti contrasti, sono apparsi i tre concertisti nel Trio in la minore di Maurice Ravel – composto nel 1914 prima e dopo la dichiarazione di guerra e attraversato da cupe riflessioni –, nel quale l’autore, per incanalare la propria angoscia, torna a una struttura classica in quattro movimenti, pur adottando soluzioni originali: come i ritmi di origine basca – nel funereo Modéré e nell’esplosivo Final –, l’allusione a una forma poetica di origine malese – in Pantoum, una sorta di scherzo – e, soprattutto, l’alternanza tra una scrittura trasparente e contenuta nell’espressione a sonorità caustiche e di estrema violenza. Pieno successo di pubblico, con applausi reiterati.