Genova, Teatro Carlo Felice, Stagione Lirica 2023-24
“A MIDSUMMER NIGHT’S DREAM”
Opera in tre atti su libretto di Benjamin Britten e Peter Pears da A Midsummer Night’s Dream di William Shakespeare.
Musica di Benjamin Britten
Oberon CHRISTOPHER AINSLIE
Tytania SYDNEY MANCASOLA
Puck MATTEO ANSELMI
Theseus SCOTT WILDE
Hippolyta KAMELIA KADER
Lysander PETER KIRK
Demetrius JOHN CHEST
Hermia HAGAR SHARVIT
Helena KERI FUGE
Bottom DAVID SHIPLEY
Quince DAVID IRELAND
Flute SEUMAS BEGG
Snug SION GORONWY
Snout ROBERT BURT
Starveling BENJAMIN BEVAN
Cobweb MICHELA GORINI
Peaseblossom SOFIA MACCIÓ
Mustardseed LUCILLA ROMANO
Moth ELIANA USCIDDA
Changeling FRANCESCO PAGLIARUSCO Mimo acrobata DAVIDE RIMINUCCI Mimi ARMANDO DE CECCON, FRANCESCO TUNZI
Orchestra , Coro di voci bianche del Teatro Carlo Felice di Genova
Direttore Donato Renzetti
Maestro del coro di voci bianche Gino Tanasini
Regia Laurence Dale
Scene e Costumi Gary McCann
Coreografia e regista collaboratore Carmine De Amicis
Luci John Bishop
Allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova in collaborazione con Royal Opera House di Muscat (Oman)
Genova, 15 ottobre 2023.
Il Teatro Carlo Felice ha felicemente inaugurato la stagione d’opera 23 – 24 con la magia delle dispettose ed acidule fate di Britten. Scontata la qualità del libretto di Shakespeare-Pears e della musica di Britten, la produzione genovese del Midsummer night dream, ha avuto un ottimo esito grazie alla stratosferica direzione di Donato Renzetti, al magico suono dell’Orchestra del Teatro Carlo Felice in gran spolvero, alla magnifica compagnia di canto, ben 19 solisti addizionati di un folto numero di stupefacenti voci bianche. La parte visiva poi, a nostro parere, ha coniugato con intelligenza il fascino della visione con una gestione oculata delle risorse. In un similmaxischermo televisivo, incastonato in posizione leggermente arretrata rispetto al proscenio ma ad esso accordato da un prato roccioso, verde e fiorito, si stagliano slanciati abeti di lungo fusto, che si raggruppano e si diradano a suggerire ambientazioni variabili. Lo sfondo si colora con proiezioni di rara efficacia a sostenere il clima delle varie scene. Il regista Laurence Dale, con la collaborazione, anche per i movimenti coreografici, di Carmine de Amicis, armonizza a dovere il racconto sia con la scenografia che con gli iperbolici costumi di Gary McCann e con le luci, continuamente cangianti, di John Bishop. Il Sogno venne composto da Britten alla fine del 1959, su sollecitazione di Peter Pears che, contestualmente, ne elaborava il libretto, tratto dal testo della commedia di Shakespeare, apportandogli severi tagli ma conservando l’incanto della versificazione originaria. Il nuovo lavoro che succedeva il Giro di vite da cui, in gran parte, ereditava temi, clima ed atmosfere. La misteriosa foresta dell’avvio, con nebbie e presenze inquietanti di fate ed elfi, è psicologicamente vicina al parco della villa infestata da ectoplasmi del Turn of the Screw. I cori di voci bianche, gli indefinibili Tytania e Oberon con il conteso piccolo indiano, non hanno nulla di tranquillizzante e si pongono come prodromi di un incubo strisciante. La direzione di Renzetti, come mai ci è successo in precedenza, fissa mirabilmente, per tutta la durata dello spettacolo, i termini di queste ambiguità. Mai si è sentita Orchestra più aerea e, allo stesso tempo, più inquietante. Gino Tanasini, il maestro del coro delle voci bianche, ha saputo ottenere risultati tali da potersi ben confrontare coi mitici piccoli cantori di scuola britannica. Christopher Ainslie e Sydney Mancasola, rispettivamente Oberon e Tytania, indossando un lucido ed elaborato scafandro nero dai mille riflessi paiono sinistri coleotteri arboricoli. Ainslie controtenore sudafricano, pur con voce non debordante e povera di armonici, riesce a imporsi sia col fisico che con l’azione nell’algida parte dell’irascibile Re delle fate. L’americana Mancasola, fisicamente ne è la compagna ideale, precisa e svettante, ha voce di qualità tale da rivelarsi più di una lieta sorpresa. Soprano d’agilità dal timbro suadente che colora la Regina delle fate di tinte più morbide ed umanizzanti di quelle del compagno. La vicenda contempla due coppie di amanti dagli intrecci assai indefiniti e confusi per l’effetto del nettare di fiori stregati. Lysander, il tenore Peter Kirk, ha bella voce lirica e suadente, il concorrente, a volte rivale, a volte amico, Demetrius, è il baritono John Chest, voce autorevole e determinata, di ottima qualità; sono costoro due ateniesi, amanti con confusione di scambi di Hermia Hagar Sharvit, mezzo israeliano dal caldo timbro e dalla brillante esposizione e di Helena, Keri Fuge, soprano inglese dalla vocalità sfogata e luminosa. A loro Britten riserva, nel terzo atto, uno strepitoso quartetto che rimanda inesorabilmente all’altrettanto strepitoso trio finale del Rosenkavalier. Un terzo gruppo di personaggi occupa la scena: gli artigiani che per il finale divertimento della coppia reale, devono mettere in scena il dramma di Piramo e Tisbe. Sono sei i cantanti, tutti professionalmente e vocalmente eccellenti: David Ireland ovvero il falegname Quince, Robert Burt è il calderaio Snout, il sarto Starveling lo canta Benjamin Bevan. Agli altri tre spettano parti solistiche più estese: il baritono David Shipley, è Bottom il tessitore che, con testa d’asino, è l’oggetto del desiderio notturno di Tytania, quindi, recita un appassionato Piramo in commedia; il tenore Seumas Begg è Flute, il fantastico ed esilarante interprete, nella recita, di una irresistibile Tisbe; da ultimo il basso Snug, Sion Goronwy veste in commedia i panni di The wall with hole, il muro col buco, che separa gli amanti. Alle loro uscite collettive di scena, nel primo e nel terzo atto, Britten accoppia, probabile tributo d’amicizia, la terrificante marcia del primo movimento della settoma sinfonia dell’amico Šostakovič. Completano positivamente il cast: il Theseus, Scott Wilde e Kamelia Kader Hyppolyta; le 4 fate soliste Michela Gorini, Sofia Macciò, Lucilla Romano e Eliana Uscidda; Francesco Pagliarusco è Changeling, Davide Riminucci è mimo e anche acrobata, con gli eccellenti Armando De Ceccon e Francesco Tunzi. A chiudere la ponderosa lista c’è il dispettoso, confusionario, a volte malvagio, sempre spericolato Puck di Matteo Anselmi che corre, vola e recita, a meraviglia, librandosi impavidamente tra tronchi e fronde. Buona presenza di pubblico che ha seguito con attenzione lo spettacolo e che elargito molti applausi per tutti gli esecutori, è stata specificamente sottolineata la coinvolgente e rivelatrice direzione di Donato Renzetti.