RomaEuropa Festival 2023:”Somnole” di Boris Charmatz

Roma, Teatro Argentina, RomaEuropa Festival 2023
“SOMNOLE”
Coreografia e interpretazione Boris Charmatz
Luci Yves Godin
Collaborazione ai costumi Marion Regnier
Lavoro vocale Dalila Khatir
Con la consulenza di Bertrand Causse e Médéric Collignon
Materiale d’ispirazione per il suono J.S. Bach, A. Vivaldi, B. Eilish, The Pink Panther, J. Kosma, E. Morricone, birdsongs, G.F. Haendel, Stormy Weather…
Prima Nazionale – In corealizzazione con Teatro di Roma – Teatro Nazionale, con il sostegno di Dance Reflections by Van Cleef & Arpels
Roma,  10 ottobre 2023
Somnole in lingua francese è la prima persona singolare del verbo “somnoler” che indica il trovarsi in uno stato di sonnolenza. Un’affermazione di un singolo che si pone principalmente in dialogo con se stesso. O meglio, un monologo di un interprete che riflette sulla sua singolarità esistenziale di artista e sul proprio processo creativo, portando la forma coreografica dell’assolo nell’alveo di una danza profondamente teatrale. L’interprete in questione è Boris Charmatz, attualmente direttore del Tanztheater Wuppertal Pina Bausch. Il suo lavoro, nato in seguito all’emergenza del lockdown di non lontana memoria, esprime l’esigenza di riflettere su uno stato di “latenza”, di “ibernazione”, sul sogno e sul successivo risveglio. “Le idee per le performance mi vengono spesso quando sono mezzo addormentato. E mi piacciono i movimenti, il più delle volte involontari, che si fanno quando ci si addormenta: sono come una danza languida, attraversata da scosse”, così spiegava il coreografo in un’intervista realizzata nel 2020. Sono questi i movimenti che il coreografo-performer presenta al pubblico del Romaeuropa Festival, in un alternarsi di accelerazioni e decelerazioni, di camminate, scatti e salti, nel confronto dinamico con lo spazio e il pavimento. Un vortice guidato unicamente dall’emissione del suo stesso fiato, che talvolta pare un semplice rumore di fondo e talaltra si associa facilmente a note melodie. Ispirazioni, ma anche ricordi di una vita dedicata alla danza e al teatro. Momenti di allegria e altri di più marcata introversione. Un graffiante confronto con il proprio corpo e le sue possibilità motorie. La dimensione stessa del sudore. La ricerca di una partner improvvisata tra il pubblico, l’emozionante sfiorarsi delle mani, un valzer accennato. In questa autoriflessione si intravede un intento di comunicazione con l’altro, con il pubblico. Non sempre però l’accoglienza ricevuta riflette le note di autenticità esposte in scena. Più spesso è la risata a prevalere, voluta, ricercata, ma forse anche sintomo di una non perfetta corrispondenza di sentimenti tra chi vive la performance e chi la osserva. Bach, Vivaldi, ma anche la Pantera Rosa, molto Morricone e il Lascia ch’io pianga di Haendel sono tra i richiami musicali segnalati nel programma di sala da un autore che concepisce la sua performance rivolgendosi a un’invisibile orchestra che ne guida l’ispirazione. Il movimento nasce da solo, nell’automatismo dell’inconscio, ed interagisce con un particolare stato d’animo generato o riverberato nella musica che lo precisa. Ma per viverlo appieno bisogna poi aprire gli occhi e confrontarsi con la realtà. Foto Marc Domage