Novara, Teatro C. Coccia: “Il paese del campanelli”

IL PAESE DEI CAMPANELLI
Operetta in tre atti su libretto di Carlo Lombardo
Musica di Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato
Bombon MARITINA TAMPAKOPOULOS
Nela FRANCESCA SASSU
Ethel SILVIA REGAZZO
Pomerania FEDERICO VAZZOLA
Hans NORMAN REINHARDT
La Gaffe FRANCESCO TUPPO
Attanasio Prott STEFANO BRESCIANI
Tarquinio Brut FABIO ROSSINI
Basilio Blum PASQUALE BUONAROTA
Tom LEONARDO ALBERTO MORENO
Orchestra Filarmonica Italiana – Coro As.Li.Co
Direttore Roberto Gianola
Maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina
Regia Alessandro Talevi
Scene e costumi Anna Bomonelli
Luci Ivan Pastrovicchio
Coreografie Anna Maria Bruzzese
Novara, Teatro C. Coccia, 29 settembre 2023.
L’operetta è stato genere amatissimo in Italia ma oggi è quasi sparito dai palcoscenici che contano e limitato a compagnie pur volenterose ma incapaci di mettere in campo i livelli produttivi di un grande teatro. Si accoglie quindi sempre con piacere quando questo genere leggero e popolare trova piena cittadinanza sui palcoscenici che contano. Il 2023 è l’anno del centenario di uno dei maggiori successi dell’operetta italiana quel “Paese dei campanelli” con musiche di Lombardo e Ranzato andato in scena con enorme successo il 23 novembre 1923 al lirico di Milano e di cui almeno una pagina “Luna, tu non sai dirmi cos’è?” è rimasta nella memoria e nell’immaginario collettivo almeno con quella melanconia polverosa delle gozzaniane “buone cose di pessimo gusto”.  Per l’occasione il Festival della Valle d’Itria e il Teatro Coccia hanno deciso di proporre del titolo un allestimento sontuoso che desse la possibilità di ascoltarlo in edizione integrale e attendibile. Dopo il debutto estivo a Martina Franca l’opera arriva a Novara e se perde Luisi sul podio acquista uno spazio sonoro più adatto alla sua natura. Si accennava alla sontuosità dello spettacolo ed è innegabile che l’allestimento di Alessandro Talevi abbia un ruolo non marginale nella riuscita dello spettacolo. Il regista sudafricano stravolge completamene le coordinate del libretto ma agisce in perfetta assonanza con la musica e le sue ragioni. Fatta piazza pulita del paesino olandese dei Seicento dai campanili aguzzi come “merletti di Burano” sormontati dai diabolici campanelli la vicenda è spostata negli anni 20 del Novecento in una sorta di tabarin sulla spiaggia di qualche isola coloniale dove giunge la nave militare inglese con i suoi cadetti portatori di scompiglio. Forzatura? Per nulla, tolta qualche didascalia cosa resta dell’ambientazione originale con lo svilupparsi della vicenda? Nulla, mentre la musica parla un linguaggio che era quello della piena modernità di quegli anni dove un certo gusto melanconico alla Lehar – per la prima volta presente nell’operetta italiana – si fonde con le suggestioni del jazz e del fox trot e con un gusto per ritmi esotici e orientali – la Giava, la canzone giapponese – in cui sembra rispecchiarsi la sicurezza dell’Europa al culmine della propria potenza coloniale. La regia questo mette in scena tra i richiami ai café chantant dei ruggenti anni venti e un tocco esotico e quasi selvaggio, di un colore coloniale che sempre occhieggia dalle divise dei soldati inglesi alle ballerine in vesti zoomorfe. Non manca però la delicatezza di tocco quando richiesta come nei sinceri palpiti di Nela, piccola Butterfly olandese trafitta nel suo bisogno d’amore o un gusto ironico che svela più che nascondere le ambiguità di quella stagione. Come non vedere nel villaggio olandese una piccola versione della società italiana all’alba del fascismo. Dove i fremiti della modernità che giungono d’oltralpe si scontrano con il bisogno di certezze di un mondo in gran parte ancora profondamente ancorato a un passato patriarcale ancora molto forte e non è un caso che qui – come nella grande storia – sia la condizione femminile lo specchio di tornasole delle crisi valoriale di un’intera società. Semplicemente splendidi i ricchi e variopinti costumi, elemento essenziale della resa complessiva.
La parte musicale vede  Roberto Gianola alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana. Quella offerta è un’esecuzione di grande energia, molto teatrale e attraversata da un senso di autentica gioia musicale. Sul versante opposto si è notata qualche pesantezza di troppo e una certa carenza di quell’elegante sentimentalismo cui pure la partitura invita.
Il cast composta da autentiche voci liriche affronta con sicurezza le difficoltà che nella partitura non mancano. Brilla su tutti Francesca Sassu, una Nela intensa e struggente. La voce è bella, ricca, la musicalità impeccabile. La Sassu coglie il carattere profondamente umano del personaggio fino all’ultimo disperato grido, il candore di un’anima spezzata dal cinismo. Il gesto misurato e l’eleganza della figura completano il riuscito ritratto. L’altra primadonna Bombon, astuta e civettuale, è affrontata da Maritina Tampakopoulos, voce sopranile sicura e squillante e interprete di coinvolgente simpatia capace di sfruttare ottimamente a fini comici anche una fisicità forse non ideale per la questa femme fatale di paese.
Norman Reinhardt ha un po’ d’inflessione british nei parlati che però non guasta nei panni di un capitano inglese. Musicista intelligente e raffinato offre di Hans una lettura assai curata che trova il suo meglio nelle grandi espansioni liriche mentre una certa prudenza si nota nei momenti più leggeri e brillanti.
Vocalmente e scenicamente perfetti i due tenori di carattere. Federico Vazzola è una irresistibile Pomerania e Francesco Tuppo ha tutta l’amabile sbadataggine di La Gaffe. Silvia Regazzo ha una voce un po’ ordinaria ma canta con gusto e da il giusto spessore all’emancipata inglesina Ethel. Più attori che cantanti ma perfettamente inseriti nella dinamica dello spettacolo Stefano Breschiani (Attanasio), Fabio Rossini (Tarquinio), Pasquale Buonarota (Basilio) e Leonardo Alberto Moreno (Tom). Assolutamente positive le prove del coro As.Li.Co e del corpo di ballo cui la regia affida ampio spazio anche a livello narrativo. Sala non gremita ma buona presenza di pubblico e calorosissimo successo per tutti gli interpreti.