Martha Argerich e Fabio Luisi inaugurano la stagione dell’orchestra RAI

Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, di Torino. Stagione Sinfonica 2023-24.
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore 
Fabio Luisi
Pianoforte Martha Argerich
Ludwig van Beethoven: Concerto per pianoforte e orchestra n.1 in Do maggiore op.15;  Pëtr Il’ič Čajkovskij:Sinfonia n.5 in mi minore op.64
Torino, 27 ottobre 2023
La nuova stagione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, grazie a un programma irrinunciabile, a un direttore amatissimo e a una pianista mitica, inizia con due serate di tutto esaurito. Da settimane si scoprivano inutili le poste al botteghino, biglietti disponibili non ce n’erano. Quindi, dopo tante tribolazioni e timori, assai fondati a dire il vero, la sala dell’Auditorium di via Rossini è tornata a popolarsi massicciamente anche di giovani entusiasti, come, pare di ricordare, ai felici vecchi tempi. Martha Argerich, artefice massima di questa corsa al biglietto d’ingresso, non ha deluso. Fugati i sempre vaganti timori di defezione “per causa maggiore”, si è regolarmente, per ambedue le serate programmate, seduta sullo sgabello e ha toccato i tasti da par suo. Chi l’ha ascoltata dal vivo numerose volte, a partire dalle prime presenze in città alla fine degli anni 50, ritiene che, nei settant’anni trascorsi, nulla si sia perso della brillantezza e dello scatto felino di un tempo. Ogni battuta vive e freme grazie ad un rubato millimetrico e ad una varietà infinita di tocco. Non c’è gruppetto di note che passi nell’indifferenza, né scaletta puntata che non trovi una sempre spontanea e variata via d’espressione. Dopo il serrato confronto con l’orchestra e l’espressiva cadenza dell’iniziale Allegro con brio, è magico il clima notturno del Largo, affidato quasi solo alla tastiera del pianoforte che dialoga con le fantastiche prime parti dell’OSN RAI. La libertà di pensiero e di azione, congiunta alle conservate agilità e prestanza muscolare fan pensare che, nell’invenzione dell’atmosfera, sia più che interprete, coautrice della musica. L’orchestra emerge protagonista nel vivace e campestre Rondò finale, qui il pianoforte incessantemente l’incalza smorzando quel tanto di meccanica ripetitività che Beethoven affibbia ad alcuni suoi trionfalismi conclusivi. Fabio Luisi dal podio, con discrezione e forse pure con umiltà, ha ben equilibrato la fantastica imperturbabile classicità dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI con l’estrosa mutevolezza del fraseggio della pianista. Nonostante le ormai lunghe carriere, era la prima volta che Luisi e Argerich, suonavano insieme e pur conservando le loro specificità, ne hanno sortito un esito fantastico. Per gli applausi calorosi e interminabili, Argerich non ha potuto sottrarsi ad un fuori programma: i pochi minuti d’avvio delle schumanniane Kinderszenen, un da luoghi e genti lontane immerso in un’avvolgente nuvoletta di nostalgia. Altro pezzo da conservare nella propria antologia dei ricordi del cuore pur se non presente nella diretta RAI ricavata dall’esecuzione del giovedì. Dopo questa prima parte in cui il giovane Beethoven si applica ad ampliare e irrobustire lo stile classico, segue la quinta sinfonia di Čajkovskij, con la sua scivolosa discesa verso un sofferente decadentismo. Luisi e l’Orchestra Sinfonica della RAI, di cui il maestro genovese è Direttore Emerito, si muovono, con le musiche del tardo ottocento, in un loro terreno d’elezione; il caldo colore degli archi gravi dell’orchestra e l’appassionato suono di legni e ottoni ne forniscono il solido sostegno. Čajkovskij, dalle mani di Luisi, prende un suono risoluto, coinvolgente e “a tutto tondo”. L’estetismo fonico si mostra prevalere su ogni altro aspetto dell’interpretazione. Né tormenti, né ansie, né dubbi, né turbamenti psicologici e tanto meno destini avversi che incalzano perché, tutto chiarito, c’è fiducia che tutto venga trasfigurato dalla bellezza e dall’esuberanza fisica del suono. A dar man forte all’intento direttoriale interviene un’orchestra che sfodera, in ogni sua sezione, una encomiabile vigoria. Le prime parti, ma anche le file, si mostrano impavide all’altezza della sfida. L’andante cantabile con alcune licenze, secondo movimento della sinfonia, rivive illuminato dalla successione di dialoghi serrati tra il corno di Francesco Mattioli, il clarinetto di Luca Milani, il fagotto di Francesco Giussani e l’oboe di Nicola Patrussi. Il successivo, valse, allegro moderato, è un balletto che la souplesse e il nitore degli archi rendono di aerea levità e vivacità. Il finale che riprende, quasi a specchio, l’iniziale successione di andante-allegro, viene concluso con pieni orchestrali che forse troppo sfrontatamente rifuggono da tinte più ombrose e sfumate. Grandi applausi e ripetute chiamate alla ribalta di Luisi che, a sua volta, omaggia solisti e sezioni. Simpatico siparietto finale: l’Orchestra omaggia due colleghe violiniste che avendo evidentemente raggiunti i requisiti, lasciano le loro file per godersi la pensione. Due mazzi di fiori sgargianti, l’abbraccio del Maestro Luisi, l’applauso commosso dei colleghi a cui si unisce riconoscente l’intero pubblico.