Sassari, Teatro Comunale – Stagione Lirica 2023
“MACBETH”
Melodramma in quattro atti su libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
Macbeth FRANCO VASSALLO
Banco DARIO RUSSO
Lady Macbeth GABRIELLE MOUHLEN
Dama ELENA SCHIRRU
Macduff GIANLUCA TERRANOVA
Malcom MAURO SECCI
Domestico MARCO SOLINAS
Araldo ANTONIO LAMBRONI
Apparizioni MARCO SOLINAS, ALESSIA COZZOLINO, LAURA CHILI
Orchestra e Coro dell’Ente Concerti Marialisa de Carolis
Direttore Michelangelo Mazza
Maestro del coro Antonio Costa
Regia Andrea Cigni
Scene Dario Gessati
Costumi Valeria Donata Bettella
Disegno luci Fiammetta Baldiserri
Nuovo allestimento dell’Ente Concerti Marialisa de Carolis
Sassari, 13 ottobre 2023
Dopo l’anticipo estivo la stagione lirica organizzata dall’Ente Concerti de Carolis entra nel vivo con la sua “prima” autunnale, quella comunque che per consuetudine è percepita come il vero evento mondano della stagione. Pubblico quindi delle grandi occasioni, e anche più numeroso del solito, per il ritorno del Macbeth verdiano che mancava da quattordici anni nella stagione sassarese ma, prima ancora, si aveva il ricordo solo del 1984, nel bellissimo allestimento di Luciano Damiani con la direzione di Alberto Peyretti che esordiva allora nella conduzione artistica dell’Ente. Si tratta di un lavoro per vari aspetti sperimentale, legato a un archetipo narrativo ben conosciuto, nel quale Verdi tenta soluzioni che solo in parte avranno uno sbocco immediato nella sua produzione e che si stacca nettamente per qualità, intensità drammatica e originalità dalla media dei suoi “anni di galera”. Per un’opera che poco concede all’espansione melodica, anche stavolta il punto di forza della produzione è lo spettacolo di Andrea Cigni che firma una regia moderna ed elegante, nel solco ben noto dell’essenzialità che coniuga costi ed effetto. Le pareti multifunzionali di Dario Gessati giocano con i volumi: pieni e vuoti suggeriscono i vari ambienti su una pavimentazione lucida che riflette profili e movimenti ridotti al minimo. Le luci livide di Fiammetta Baldiserri collaborano bene sui grigi dominanti per un’ambientazione che rimanda a un mito senza tempo, dove il soprannaturale e i bisogni arcaici convivono con l’ambizione del potere e la lotta per la vita. Belli e funzionali in questa direzione i costumi di Valeria Bettella su cui spiccano, come in alcuni elementi scenografici, chiazze di rosso come suggerimento indicativo forse fin troppo didascalico. Probabilmente qualcosa avrebbe potuto supportare la pulizia dell’insieme, creando varietà nella lunghezza dell’opera, come nella scena della foresta di Birnam o nelle apparizioni: ma nel complesso l’allestimento è stato interessante e ben integrato nella drammaturgia, grazie anche a movimenti calibrati e ripuliti da enfasi eccessiva. Altrettanto elegante la direzione di Michelangelo Mazza di cui sono stati apprezzabili la concertazione e la cura dei dettagli, come negli accompagnamenti, sempre elastici e dinamicamente variati. D’altra parte una certa rilassatezza nei tempi, ma soprattutto nella risolutezza ritmica (come nei puntati e nelle articolazioni) ha talvolta raffreddato la situazione drammatica e l’implacabilità nella precisione, sacrificando per la pulizia del suono l’imprevedibilità e l’urgenza espressiva, così richieste dall’innovativa scrittura verdiana. L’orchestra e il coro, preparato da Antonio Costa, hanno ben assecondato in questo senso il direttore, con un bel suono ma meno incisività del solito. Comunque è stata evidente la pulizia del coro, migliorato nelle batterie acute per intonazione e fusione ed è stata buona la qualità dei fiati in orchestra, anche nella complessa banda fuori scena, mentre sarebbe stato probabilmente necessario qualche rinforzo negli archi. Parlare del palcoscenico non può prescindere dalla particolarità di un’opera con pochi personaggi effettivi, che rompe con gli stereotipi belcantistici, non ha un tenore protagonista e nemmeno un mezzosoprano di ruolo e richiede “attori” persino più capaci dei cantanti, a detta dello stesso autore. In questo senso Franco Vassallo, nel ruolo del titolo, canta con sicurezza e un bel colore, ma solo a tratti trova l’incisività drammatica richiesta, a costo di sporcare l’ottimo legato e l’uguaglianza che contraddistinguono la sua vocalità; da segnalare comunque un Pietà, rispetto, amore da manuale e una tenuta veramente da ammirare, in considerazione della difficoltà vocale e della funzione fondamentale del personaggio . Anche Gabrielle Mouhlen canta bene, ma è evidente al di sopra del pentagramma una tendenza a indurire e schiacciare i suoni, che perdono armonici e intensità dopo il passaggio. Realizza efficacemente l’attacco nella straordinaria scena del sonnambulismo (la Barbieri-Nini, prima interprete, raccontava che studiò solo quella per tre mesi…) con un declamato intenso ed espressivo, proprio secondo le indicazioni di Verdi, ma poi non porta avanti sempre con coerenza tale scelta interpretativa che sarebbe invece dovuta essere la cifra stilistica fondamentale. Dario Russo, Banco, svolge bene e con intensità il suo compito, pur essendosi inserito come subentrante in una produzione già avviata, e apprezzabili sono state la freschezza vocale e la precisione di Elena Schirru, Gianluca Terranova e Mauro Secci, che hanno interpretato la Dama, Macduff e Malcolm. Sono state inoltre centrate come sempre le parti secondarie, ben eseguite da Marco Solinas, Antonio Lambroni, Alessia Cozzolino e Laura Chili. Successo pieno e convinto e tanti applausi hanno salutato una produzione nel complesso equilibrata, che ha avuto il merito di riproporre un capolavoro entrato nel repertorio ma non nelle consuetudini esecutive di tutti i teatri.