Firenze, Basilica di Santa Croce di Firenze: il Coro del Maggio Musicale Fiorentino e l’Orchestra della Toscana, celebrano la Festa di San Francesco e l’Opera di Santa Croce

Firenze, Basilica di Santa Croce, 4 ottobre 2023
Orchestra della Toscana
Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Tito Ceccherini
Maestro del coro e direttore Lorenzo Fratini
Soprano Matilde Barthélémy
Domenico Stella: “Il Cantico delle creature”; Giuseppe Verdi: Laudi alla Vergine Maria; Alessandro Solbiati: “Del folle amore”, prima esecuzione assoluta; Commissione Fondazione ORT e Maggio Musicale Fiorentino
Firenze, 4 ottobre 2023
Visitando la basilica di Santa Croce di Firenze, per la spiritualità, per la presenza dei capolavori e per una varietà di sentimenti si rischia di vivere sensazioni simili a quelle provate da Stendhal. In occasione del 4 ottobre, in cui ricorre la festa di San Francesco, grazie ai brani in programma, la Basilica è stata inondata di voci e di suoni al punto che le vibrazioni si sono trasformate in emozioni tenendo il numeroso pubblico immobile ed estasiato, ovvero «Non c’era bisogno di sguardi, di parole, di gesti, di un contatto; soltanto stare insieme» (Goethe). Tutto esprimeva armonia, a partire dalla collaborazione tra l’Opera di Santa Croce, la Comunità di Frati Minori Conventuali, l’Orchestra della Toscana (ORT) e il Maggio Musicale Fiorentino, tanto da intuire la concordia di intenti degli organizzatori.È stato realizzato un concerto sui generis in cui la spiritualità e la letizia francescana è subito emersa in primo piano con il Cantico delle creature per coro (diretto da Lorenzo Fratini) e organo (Andrea Severi) nella realizzazione di Domenico Stella (Carpineto Romano, 1881- Assisi, 1956) OFM sul testo di Francesco (Ms. Assis. 338, f. 33r.). Composizione devozionale, un’autentica laudatio Dei, ma anche ricordo di un frate musicista, direttore della Cappella musicale della Basilica di San Francesco ad Assisi, il quale si è speso molto nel comporre lavori di ispirazione religiosa e nel dialogo con l’antico ha dato vita ad una nuova sensibilità e percezione della musica sacra. Poi è stata la volta delle splendide Laudi alla Vergine Maria per coro femminile, (Quattro pezzi sacri, n.3), occasione per ascoltare il Verdi che si avvicina al sacro, trovando ispirazione nella bellezza della poesia di Dante. La preghiera, intonata da San Bernardo, corrisponde all’intercessione alla Vergine affinché il Poeta possa immergersi nella visione di Dio (Paradiso, XXXIII). Tra il direttore e il coro si è creata una simbiosi sublime poiché tutto è divenuto autentica vibrazione meditativa. Alla «luce intellettüal, piena d’amore» è stata contrapposta l’ombra più oscura (Del Folle Amore) derivata dal testo di Jacopone, trovando così l’espressione drammatica e di sofferenza nella caleidoscopica partitura1 di Alessandro Solbiati in un susseguirsi di contrasti, gli stessi che attraversano gli animi di un’umanità perduta. L’esecuzione, della durata di circa 40’, ha concluso la serata offrendo al pubblico la possibilità di assistere ad una pièce drammatica della memoria. L’intento che traspariva, soprattutto grazie ad una lettura molto scrupolosa della partitura da parte del direttore Tito Ceccherini, era quello di far veicolare il testo nella coscienza dell’ascoltatore fino a lasciarne traccia attraverso l’eco. Il direttore milanese è riuscito a coinvolgere tout le monde grazie ad una raffinata comunicazione esplicitata attraverso un gesto sempre molto espressivo anche per la scelta delle nude mani senza l’ausilio della bacchetta. Il concerto è stato un autentico successo per tutti. Il soprano Matilde Barthélémy è una musicista che si emoziona e sa emozionare attraverso il suo canto. In particolare nelle tre “Arie di Maria” si è potuto cogliere il vibrante pathos in cui lo spasimo della Madre mutava in “dolore silenzioso”, “Lacerato” e perfino “quasi sussurrato”. Ma nella scrittura di Solbiati ci sono altre ‘voci’ che si uniscono al planctus Mariae. Mentre il Coro misto (soprani, contralti, tenori e bassi), voce collettiva, riusciva ad aggregarsi attraverso una vocalità particolarmente impegnativa arrivando a toccare anche l’urlo, l’Orchestra (coppie di legni più Ottavino, Corno inglese, e Clarinetto basso; coppie di trombe e corni ed un trombone; Pianoforte e una varietà di Percussioni; Quintetto d’archi) era chiamata ad affrontare una scrittura che prevedeva certi ‘virtuosismi’ di carattere tecnico come sfiorare le corde sulla tastiera degli archi (armonici), suonare il pianoforte con ‘cordiera battuta col palmo’, ‘suoni bisbigliati’ dei flauti, ecc., il tutto in una incredibile e sgargiante tavolozza di colori.Nel susseguirsi dei 24 numeri c’è stato inoltre spazio per ascoltare più in evidenza qualche “solo”. Accade nell’Interludio dove sul “pp immobile e sotterraneo” della Gran Cassa si inseriscono alcuni strumenti (‘germinazioni quasi spontanee’) per poi lasciare la ‘parola’ al Corno inglese, sempre alla ricerca di sonorità morbide e dolci. Le tante ricercatezze timbriche (flautate, eteree, rarefatte, etc.), sempre molto ben curate, hanno contribuito a restituire una partitura complessa e multiforme, che richiedeva altresì un ascolto interiore e sensoriale per poter percepire «l’intero dolore umano» ed avvicinarsi all’intento del compositore vista la dedica «Alla madre di Giulio Regeni e a tutte le madri-coraggio del mondo».