Torino, Auditorio del Lingotto, MITO 2023
“PRAGA”
Orchestra Filarmonica della Scala
Direttore Andrés Orozco-Estrada
Violoncello Mario Brunello
Antonin DvořáK: Concerto per violoncello e orchestra in si minore op.104; Sinfonia n.7 in re minore op.70
Torino, 22 settembre 2023
MITO 2023, nel suo “cervellotico” tour delle città, ha fissato la tappa finale a Praga, co-capitale, con Vienna, della musica colta di epoca classica. Dal 700 al 900 furono innumerevoli i musicisti cechi, boemi, moldavi e slovacchi che illustrarono il mondo del pentagramma, sia come compositori che come esecutori. La seconda metà dell’800 conta poi, nelle due città, due campionissimi: Brahms, che venuto dal Mare del Nord approdò sulle sponde del Danubio, Dvořák che, lasciato il nativo villaggio boemo, si stabilì a Praga, sulle rive della Moldava. Due grandissimi musicisti e due fiumi che con il loro scorrere, vuoi pacifico vuoi turbolento, inevitabilmente influenzarono e caratterizzarono il fluire del loro discorso musicale. Ambedue attinsero abbondantemente dal patrimonio delle loro tradizioni e da quello acquisito nei loro viaggi, da Vienna e dall’Ungheria l’amburghese, dall’America del Nord il compositore boemo. Ricomposero poi il tutto in analoghe rielaborazioni tecniche, confermandosi le colonne portanti di tutto il patrimonio musicale del tardo Ottocento. La serata del Lingotto è completamente dedicata a due opere emblematiche di DvořáK: lo straordinario concerto per violoncello op.104 e l’altrettanto fondamentale settima Sinfonia. Si inizia con l’Allegro del Concerto in cui si rivive una struttura architettonica decisamente brahmsiana. L’Orchestra, poi il clarinetto solo, poi un lontano richiamo in pianissimo del corno, preparano l’affacciarsi sulla scena del violoncello che, accorato, canta con grande passione. Il dialogo concorde tra strumento solista e orchestra prosegue tra magie di timbri e affascinanti contrasti, in un gioco sempre ancorato alla classicità della forma-sonata. Oboe, clarinetto e fagotto avviano la meravigliosa e sognante meditazione del Secondo movimento, il violoncello li raggiunge e con un cantabile espressivo, cifra peculiare dello strumento ad arco, ne caratterizza il lento fluire. Si giunge in finale di movimento ad una brillante “quasi cadenza” del violoncello che sfocia in una parentesi sospensiva, un riassetto delle forze, che predispone al vivacissimo ritmo con cui lo strumento solista conduce il concerto alla fine. Mario Brunello, col caldo suono del suo Maggini dei primi del Seicento, ha mantenuto magnificamente l’equilibrio dell’intero concerto, ammorbidendo alcune intemperanze foniche che, nei momenti di maggior eccitazione dello spartito, parevano tentare il direttore. Il bis del solista in questi casi è inevitabile, Brunello, coadiuvato da un sommesso accompagnamento di tutta la sezione dei violoncelli dell’orchestra, ha dispiegato una mesta preghiera di partecipazione e compassione per Kiev e per le vittime di tutte le guerre. La Settima sinfonia, del 1884, venne scritta su richiesta della Società Filarmonica Londinese, fu poi eseguita a Londra, l’anno seguente, sotto la direzione dello stesso autore. Dvořák scrisse che la sua intenzione era “di smuovere il mondo”, infatti in questa partitura, con non poca magniloquenza, l’iniziale Allegro maestoso è eroicizzante, alla Beethoven. Il Poco adagio, secondo movimento, coniuga elegia e passione con i timbri contrastanti dei corni e dei legni. Lo Scherzo prende carattere dagli incalzanti ritmi popolari del serrato dialogo tra il fagotto e i violini, al suo interno si adagia un contrastante calmo e melodico Trio. I temi zingareschi e slavi che caratterizzano il Finale Allegro portano ad una travolgente, positiva e felice chiusa. L’Orchestra filarmonica della Scala, pur senza nascondere alcune incertezze, è sicuramente una delle prime compagini sinfoniche italiane. Non abbiamo il metro per misurarne l’altezza e confrontarla con le altre, ma all’ascolto, sia l’insieme che le prime parti, paiono ben collocate sui gradini alti di un ipotetico podio. Il direttore Andrés Orozco-Estrada, richiestissimo quando non già titolato da moltissime istituzioni musicali nel mondo, recentemente nominato direttore principale dell’Orchestra Nazionale della RAI, non ci ha del tutto convinto. Il gesto, misurato e controllato nei piano e nei cantabili, si eccita e rischia di scomporsi quando la partitura si accende. La sua direzione, che nel concerto è stata temperata dall’amorevole passione del violoncello di Brunello, nella sinfonia ha acceso i contrasti creando un andamento dalla dubbia fluidità. Se nei tempi moderati, il secondo e il trio dello scherzo, la compattezza dell’orchestra domina, quando la passione si accende si frammenta in una sequela di brevissime frasi dalle dinamiche eccessivamente contrastanti. Le esecuzioni, indubbiamente di grande impatto, hanno avuto un grande successo e molti applausi da parte del gran pubblico che occupava l’Auditorio del Lingotto. Come bis la sinfonia del Barbiere in un’esecuzione massiccia ed extrasinfonica, come oggi non usa più.