Firenze: Zubin Mehta & il violinista Giuseppe Gibboni, con l’ochestra del Maggio interpretano musiche Mendelssohn-Bartholdy

Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Autunno 2023
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Zubin Mehta
Violino: Giuseppe Gibboni
Felix Mendelssohn-Bartholdy: da Ein Sommernachtstraum (Sogno di una notte di mezza estate) Ouverture op. 21; Concerto in mi minore op. 64 per violino e orchestra; Sinfonia n. 4 in la maggiore op. 90 “Italiana”
Firenze, 23 settembre 2023
Ancora un concerto monografico (replica di venerdì 22) dedicato a tre importanti composizioni di Mendelssohn. L’orchestra, guidata da Zubin Mehta, direttore emerito e padre nobile dell’istituzione fiorentina, con un organico classico (eccezione per l’Ouverture), ricordava diverse sinfonie mozartiane (coppia di legni, 2 corni e 2 trombe, timpani e archi). Si è trattato di un viaggio all’interno di un romanticismo variegato: ispirazione shakespeariana (ouverture), dialogo solista-orchestra (concerto per violino) e riferimento alle tradizioni cultural-popolari del nostro paese (sinfonia Italiana). A fare da trait d’union la dialettica rintracciabile nelle “forme-sonata”, in genere applicata al I movimento tripartito (esposizione-sviluppo-ripresa). Ne consegue che, stabilito l’impianto tonale, l’attenzione si sposta sul diverso materiale tematico collegato dal ponte modulante, senza mai perdere di vista il rapporto diacronico tra forma e contenuto il quale ne determina i mutamenti nel tempo, anche quando interessa l’intero arco compositivo di un solo musicista. Già le prime battute dell’Ouverture (Allegro di molto) costituiscono un esordio suggestivo e mutevole in itinere sul piano del colore e dell’armonia nei quattro accordi iniziali. Dalla tonalità d’impianto (mi maggiore) appare, quasi inaspettata, la cadenza plagale nella forma minore (con il do naturale), e l’ingresso dei flauti cui si aggiungono clarinetti, fagotti e corni che dal piano, dopo la successione I-V-IV, si ‘adagiano’ provvisoriamente nel pianissimo, sul più stabile accordo di tonica, inserendosi anche gli oboi. Punteggiature presenti nel corso della composizione e che, nell’esecuzione dei fiati, sottolineavano la cura del suono e l’attenzione al colore da parte del direttore. Poi altre due battute in pianissimo delle viole e violini per dare vita, nel leggerissimo sempre stacc. del primo tema (reiterato fruscio di crome), al mondo onirico e magico del testo shakespeariano che sfocerà nel solenne fortissimo a tutta orchestra. Il resto era un florilegio sonoro che, nella lettura di Metha, evidenziava simmetrie, imitazioni, contrasti tra fiati ed archi, fino ad approdare al clima iniziale, autentico soffio e vibrante carezza di un musicista diciassettenne. Il Concerto, autentico gioiello della letteratura violinistica, ispirato al virtuosismo del destinatario e primo interprete Ferdinand David (Lipsia, 13 marzo, 1845), dalla successiva esecuzione diretta da Mendelssohn (23 ottobre) continua a riscuotere grandissimo successo.La serata ha costituito l’occasione per far conoscere al pubblico del Maggio Giuseppe Gibboni, ventiduenne virtuoso del violino, vincitore nel 2021 dell’ambitissimo «Premio Paganini». L’interprete, dall’eccellente natura musicale, ha instaurato un dialogo costruttivo e continuo con il direttore, alla ricerca della mutevolezza di una partitura sui generis. Ascoltare il giovane musicista era come udire un canto sublime che teneva alta l’attenzione in cui la magia delle vibrazioni dei suoni si traducevano in autentiche emozioni. Dopo una battuta e mezzo di introduzione dell’orchestra il violinista ha esposto un melos espressivo dal fraseggio così nitido tanto da percepirne subito le linee programmatiche dell’Allegro molto appassionato (tonalità, carattere, ecc.). Nel frattempo, nel fluire delle crome degli archi, il gravitare all’interno dell’alternanza armonica (V-I), con i pizzicati dei violoncelli e contrabbassi rinforzati dai timpani, garantiva quella stabilità tonale necessaria al ‘godimento’ della bellezza del primo tema. I successivi interventi brillanti del solista, spesso in alternatim con l’orchestra, sfociavano nella reiterazione del tema nel tutti e nel fortissimo fino a presentare l’altro tema, iniziato dai legni e dal carattere più intimo, per poi passare dall’articolata cadenza ad lib. (probabilmente scritta da David) alla gioiosa Ripresa. Sull’ultimo accordo di tonica segnato dal rullo dei timpani e sulla nota prolungata del primo fagotto (si) ha inizio l’Andante (do maggiore) in cui Gibboni ha dimostrato un’interessante capacità nel sostenere l’incantevole cantabilità anche nella dilatazione dei tempi lenti, riuscendo a contagiare l’orchestra. L’Allegretto non troppo (mi minore) seguito dall’Allegro molto vivace (mi maggiore) portava il concerto alla conclusione durante il quale oltre al virtuosismo del solista è emerso quello del direttore nel riuscire a calibrare un’orchestra che in alcuni momenti sembrava, secondo una logica ‘barocca’, più intenta a dialogare che accompagnare. Consecutio naturale la percezione sonora del solista che non necessariamente doveva distinguersi e/o risultare più forte nell’insieme, soprattutto se si suona uno strumento del ‘700. Un grande debutto, coronato da moltissimi applausi da parte del pubblico. Solo per i due fuori programma (Capriccio n. 24 di Paganini e Adagio dalla Sonata in sol minore di Bach) valeva la pena sentire il suo irresistibile canto, autentico portatore di freschezza e d’incanto come un tenero bocciolo primaverile. Con la Sinfonia sono emerse ispirazioni ed allusioni folcloristiche del «bel paese là dove ‘l sì suona» con evidenti pennellate di sonorità mediterranee. Il primo movimento, grazie al bel carattere dell’Allegro vivace, nato dal ben deciso ed efficace impulso del direttore, si è trasformato in una gioia contagiosa per tutti tanto da influenzarne anche le articolazioni formali sonatistiche. L’interpretazione dell’Andante con moto, nell’inconfondibile atmosfera del re minore, rimandava ad un clima quasi estatico e di raccoglimento con un’orchestra sempre pronta ad inserirsi appropriatamente nelle varie linee contrappuntistiche, valorizzate con estrema attenzione e morbidezza da Metha. Il terzo movimento (Con modo moderato) segna il ritorno alla tonalità di la maggiore presentando un fuorviante Minuetto che comunque riesce ad evidenziare echi campestri en plein air nel successivo Trio. Il Saltarello. Presto, grazie ad una luminosa interpretazione, ha restituito una partitura che rimanda a quell’Italienische Reise (Viaggio in Italia) di Goethe ove, in questa occasione, ad ogni ascoltatore la musica sembrava chiedere «Conosci il paese dove fioriscono i limoni, / tra scure foglie le arance d’oro risplendono…?». Sovrabbondanza di armonia, bellezza, fisicità di un Sud che seduce non solo per i profumi ma anche per il ritmo e, per quanto rintracciabile in una splendida partitura, tanto da far scrivere al musicista «la musica più gaia che io abbia composto». Vivacità e gioia hanno così salutato il pubblico, molto soddisfatto della serata.