Pesaro, Teatro Sperimentale, Rossini Opera Festival, XLIV Edizione
Concerto di belcanto
Soprano Anastasia Bartoli
Pianoforte Cecilia Gasdia
Musiche di G. Verdi, A. Skrjabin, M. Castelnuovo-Tedesco, F. Liszt, R. Wagner, G. Rossini
Pesaro, 22 agosto 2023
Concerto conclusivo
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Coro del Teatro Ventidio Basso (23 agosto)
Direttore Michele Mariotti
Maestro del Coro Giovanni Farina
Soprano Rosa Feola
Mezzosoprano Vasilisa Berzhanskaya
Tenore Dmitry Korchak
Basso Giorgi Manoshvili
Gioachino Rossini: Petite Messe Solennelle per soli, coro e orchestra. Edizione critica della Fondazione Rossini, in collaborazione con Casa Ricordi, a cura di Davide Daolmi
Pesaro, 23 agosto 2023
L’ultimo concerto di belcanto del Rossini Opera Festival 2023 intreccia in realtà un doppio programma: oltre alle pagine vocali di Verdi, Wagner e Rossini interpretate dal soprano Anastasia Bartoli, alla sua prima esperienza pesarese e ormai reduce dalle recite di Eduardo e Cristina, si apprezza anche un cripto-programma per pianoforte solo a base di Skrjabin, Liszt e Rossini, con una solista che si chiama Cecilia Gasdia. Due primedonne, quindi, che cooperano alla realizzazione di un concerto molto originale e ben riuscito, scambiandosi, per certi aspetti, il testimone dello studio della vocalità rossiniana (e non solo). Della, oggi come sempre, quanto mai poliedrica Gasdia va ricordato che fu protagonista di un decennio straordinario della Rossini renaissance pesarese, in particolare dal 1984, anno in cui diede voce a Corinna nell’irripetibile Viaggio a Reims di Abbado-Ronconi (di cui il festival celebrerà i quarant’anni proprio nel corso della prossima stagione); la sua ultima apparizione come cantante negli annali del ROF risale al 1994, in un altro celebre allestimento, come fu la ripresa di Semiramide. La Bartoli apre il concerto con una carta di visita verdiana molto impegnativa: recita la lettera «Nel dì della vittoria io le incontrai…», seguita da cavatina «Vieni! T’affretta!» e cabaletta «Or tutti sorgete», dal Macbeth di Verdi. Voce generosa e sicura, la Bartoli procede con enfasi (anch’ella cade nella tentazione di cantare troppo forte!) e con fraseggio marcato (ma anche con qualche portamento di troppo), giovandosi di un timbro pregevole e di una linea di canto abbastanza uniforme. La parte più godibile del concerto è forse una triplice versione rossiniana dell’arietta «Mi lagnerò tacendo» (Péchés de vieillesse, XI, Miscellanée de musique vocale 7. Arietta all’antica da O salutaris hostia; 3. Il risentimento; Péchés de vieillesse, I, Album italiano 3. Tirana alla spagnola rossinizzata), in cui il soprano è veramente brillante, ironica e spiritosa. Trascorrere da Wagner al belcanto (e non il contrario) è segno di maturità tecnica e duttilità che fanno onore alla cantante; e così, da «Einsam in trüben Tagen» (Lohengrin) si passa all’ultimo pezzo in programma, la cavatina di Rosina da Il barbiere di Siviglia, tra l’altro dedicata alla madrina di battesimo della Bartoli, ossia Lucia Valentini Terrani. La esegue bene, anche se a volte le riesce difficile alleggerire l’emissione o sostenere pienamente tutte le note del registro basso. Il pubblico pesarese festeggia, con pari ammirazione e affetto, quando non con commozione, entrambe le artiste. Il bis è adeguato alla temperie emotiva creatasi: «O mio babbino caro».A proposito di emozioni puramente musicali, quelle che si vivono durante il concerto di chiusura del ROF 2023 superano, per intensità e qualità, tutte le precedenti, dei tre titoli teatrali. Dopo aver diretto due volte lo Stabat mater a Pesaro, Michele Mariotti approda alla Petite Messe Solennelle, dimostrando, come di consueto, una profondità di studio ricca di eccellenti risultati esecutivi. Nell’interazione con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, il direttore rispetta con scrupolo maniacale un limite sonoro oltre il quale non vuole spingersi, come per timore di eccedere rispetto alla volontà del pauvre mélodiste nell’orchestrare la prima versione della messa. La conseguenza straordinaria è che Mariotti abbia imposto tali limiti di sonorità anche ai cantanti, i quali eseguono le parti solistiche in piano, con mezze voci e piccoli crescendo, nel cui effetto generale si riconosce l’abile mano di una guida ordinatrice (finalmente un direttore capace di rendere coerente un quartetto vocale di musica sacra!). Se il volume sonoro è come trattenuto da un rispetto reverenziale, al fine di non scavalcare la parola della liturgia, ogni attacco dei singoli numeri è un capolavoro di precisione. Nel contempo, Mariotti persegue un suono compatto e omogeneo, che gradatamente lascia percepire tinte e colori in corrispondenza delle variazioni agogiche: il risultato è di una bellezza musicale commovente. Per questo, il «Gratias agimus tibi» eseguito dal basso Giorgi Manoshvili risuona con una leggerezza speciale, al pari della cadenza rilassata, di quieta grandezza, del «Domine Deus» cantato dal tenore Dmitry Korchak. Il vibrato e la delicatezza di emissione del soprano Rosa Feola fanno dei versetti del «Crucifixus» uno dei punti vocali più alti di tutta l’esecuzione. Icastico, da ultimo, il contrasto delle due voci femminili, soprattutto grazie al timbro scuro e omogeneo del mezzosoprano Vasilisa Berzhanskaya. Il Coro del Teatro Ventidio Basso, ancora istruito da Giovanni Farina, riunisce tutte le migliori virtù di cui ha dato prova nei giorni scorsi, per sublimare le proprie capacità interpretative in ogni sezione dell’opera, salutata al termine da applausi senza fine. In calce alla partitura della versione da camera, Rossini appose il commovente appello al Bon Dieu, perché come premio della messa gli concedesse il paradiso («Soit donc Beni, et accorde moi Le Paradis»). Certamente, a suo tempo egli l’avrà ottenuto; ma anche noi, a Pesaro, lo abbiamo sperimentato per un’ora abbondante. Foto Amati-Bacciardi © ROF