Teatro dell’Opera di Roma stagione 2022/2023, Terme di Caracalla
“RIGOLETTO”
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
dal dramma Le Roi s’amuse di Victor Hugo
Musica di Giuseppe Verdi
Il Duca di Mantova FRANCESCO DEMURO
Rigoletto ROBERTO FRONTALI
Gilda ZUZANA MARKOVA’
Sparafucile RICCARDO ZANELLATO
Maddalena MARTINA BELLI
Giovanna IRIDA DRAGOTI
Il Conte di Monterone DARIO RUSSO
Marullo ALESSIO VERNA
Matteo Borsa PIETRO PICONE
Il Conte di Ceprano ROBERTO ACCURSO
La Contessa di Ceprano MICHELA NARDELLA
Usciere di Corte MASSIMO DI STEFANO
Paggio della Duchessa CAROLINA VARELA
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Riccardo Frizza
Maestro del coro Ciro Visco
Regia Damiano Michieletto
Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Movimenti coreografici Chiara Vecchi
Luci Alessandro Carletti
Regia camera live Filippo Rossi
Allestimento del Teatro dell’Opera di Roma
Roma, 03 agosto 2023
Il secondo titolo operistico messo in scena per la stagione estiva alle Terme di Caracalla è la ripresa del Rigoletto allestito al Circo Massimo in tempo di Covid nel 2020 che all’epoca rappresentò un importante segnale di ottimismo in un momento generale di crisi, smarrimento e incognita per il futuro. Lo spettacolo allora concepito per un palcoscenico più grande e soprattutto con le esigenze di distanziamento ed isolamento dettate dalla pandemia, sostanzialmente non soffre per la riduzione in uno spazio più ristretto.Damiano Michieletto ambienta la vicenda dell’opera in un immaginario mondo della malavita, una sorta di parcheggio di periferia con una grande giostra, varie automobili e una roulotte parcheggiate, nel quale ovviamente le spade e gli acciari del testo sono sostituite da fucili e pistole messe anche in mano a Gilda, le donne sono tutte prostitute e i costumi non consentono alcuna possibilità di identificazione dei personaggi, neppure dei protagonisti e nessuna diversificazione sociale. Particolarmente disturbante per l’ascolto della musica ma anche per la fruizione della parte visiva è parsa la scelta di collocare un enorme schermo sul fondo del palcoscenico nel quale vengono proiettate in diretta le immagini di scena riprese da due cameramen in continua azione sul palco per mostrare primi piani dei cantanti, particolari che dalla platea non si sarebbero mai potuti cogliere ed altri aspetti televisivi intervallati a immagini di ricordi e proiezioni di pensieri del protagonista realizzati con una brutta veste grafica che richiama quelle gigantografie un po’ sgranate che si acquistano nei centri commerciali e che è possibile ammirare in certe sale d’aspetto o in capo al letto di camere d’albergo di infimo ordine in luogo del crocefisso ormai bandito in nome del politically correct. Inoltre tecnicamente vi è qui e là una sfasatura di sincronia tra lo schermo e la scena e, calamitati dalle grandi immagini proiettate, si è portati istintivamente più a guardare in alto che in basso con la sensazione alla fine che vedere lo spettacolo dalla platea o da casa in televisione non faccia poi una così grande differenza. L’idea è probabilmente quella di creare due piani uno dell’azione e l’altro della psiche di Rigoletto. Ma se a questo aggiungiamo anche le proiezioni del libretto in italiano e in inglese ai lati del palcoscenico perché ormai il libretto anche di un’opera così popolare purtroppo non lo conosce quasi più nessuno, crediamo che vi sia un eccesso di informazioni da decodificare che rende complessa la fruizione dello spettacolo e con essa difficile la possibilità di abbandonarsi all’ascolto ed al fluire delle emozioni. Infine la cupezza del costante nero notturno rende un po’ troppo uniforme la tinta dell’allestimento. Partendo da questa premessa e con la ennesima conferma che il messaggio espressivo è totalmente e prepotentemente delegato all’immagine ed all’aspetto visivo e non alla musica o alla parola, lo spettacolo indipendentemente da questioni di gusto personale funziona ed è capace di emozionare grazie anche al collaudato e non comune mestiere dei protagonisti. Il maestro Riccardo Frizza dirige l’orchestra dell’Opera con un particolare nitore nella concertazione e ampia varietà nella scelta dei colori e delle dinamiche. Davvero notevole e apprezzabile è stata la sua abilità nel sostenere le linee di canto senza ma coprire le voci e nel rivelare il senso della scrittura verdiana. Anche in questa occasione si è scelta la versione critica della University of Chicago del 1983, per cui niente brutti ed esecrati acuti e sovracuti di tradizione, puntature, cadenze, corone e quant’altro salvo un paio di eccezioni dettate forse dall’estemporaneità. Ottima la prova del coro diretto dal maestro Ciro Visco che nonostante le difficoltà del cantare all’aperto ha mostrato una compattezza timbrica ed una precisione musicale degne di una sala di incisione.Nel ruolo eponimo il baritono Roberto Frontali conferma ancora una volta la sua ottima conoscenza della parte e le sue straordinarie doti di attore con i limiti già rilevati nell’ampiezza del registro acuto che però non inficiano una più che buona interpretazione complessiva, favorita vocalmente dalla scelta dell’edizione critica. Nei panni del Duca di Mantova il tenore Francesco Demuro è subentrato in extremis a sostituire il collega titolare improvvisamente indisposto andando in scena senza prove. Certamente in parte aiutato dalla concezione di questo spettacolo costruito più sulla visione di insieme del regista che non su uno specifico lavoro sui singoli personaggi ma, va detto a suo onore, soprattutto grazie ad un mestiere palesemente raffinato e sicuro ben si è inserito nel contesto offrendo un ritratto del Duca scenicamente e soprattutto vocalmente convincente, regalando al pubblico una bella puntatura alla fine della cabaletta e cantando una “donna e mobile” di non comune ascolto. Francamente antipatica e per nulla avvantaggiata dai primi piani della regia, la Gilda di Zuzana Markovà sia pur cantanta con sostanziale correttezza. Riccardo Zanellato ripete con successo il suo già molto apprezzato Sparafucile cantanto con un bel legato, voce sonora anche nel piano esibito nel duetto e nel bel registro grave. Molto brava scenicamente e vocalmente la Maddalena impersonata da Martina Belli e ottimo il Marullo di Alessio Verna anche per una non comune capacità di reggere i primi piani sul grande schermo imposti dalla regia. Autorevole sul piano scenico e soprattutto vocale il Monterone affidato al basso Dario Russo. Tutti su un piano di più che buona professionalità sono apparsi gli altri numerosi interpreti. Alla fine lunghi e meritati applausi per una esecuzione con diversi aspetti di interesse soprattutto sul piano musicale. Foto Fabrizio Sansoni