100° Arena di Verona Opera Festival 2023: Plácido Domingo in Opera

100° Arena di Verona Opera Festival 2023
Orchestra della Fondazione Arena di Verona
Direttore Francesco Ivan Ciampa
Soprani Giulia Mazzola, Jessica Pratt, Daria Rybak, Mariangela Sicilia
Tenore Angelo Villari
Baritoni Plácido Domingo, Amartuvshin Enkhbat
Basso Michele Pertusi
Musiche di Ruggero Leoncavallo, Francesco Cilea, Umberto Giordano, Giuseppe Verdi, Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti, Gerónimo Giménez, Leonard Bernstein, Franz Lehár, Giacomo Puccini, Pablo Sorozábal
Verona, 6 agosto 2023
Nel quadro del centesimo festival areniano non si sentiva certo la necessità di un’altra serata omaggio a Plácido Domingo, soprattutto dopo gli esiti a dir poco disastrosi dello scorso anno. Fortunatamente gli interventi dell’ex tenore madrileno si sono limitati al minimo lasciando spazio invece ai colleghi in uno di quegli eventi che guarda poco alla coesione storica e stilistica dei brani mescolando un po’ i generi e che, infine, accontenta i desideri di tutti. La tradizione dell’opera, dunque, ma con escursioni al teatro di Bernstein, al musical, all’operetta viennese e alla zarzuela. Come già detto, la seppur limitata partecipazione di Domingo in quella che era la serata a lui dedicata, non può che confermare le impressioni degli ultimi anni: nel registro baritonale non è affatto convincente con suoni aperti e di punta comunque tenorile, come anche la zona di passaggio. Una prova del tutto incolore, soprattutto nel monologo di Gérard e nei duetti de La forza del destino e de Il trovatore, e che accusa ancora una volta dei vuoti di memoria sebbene il nostro cantasse con l’ausilio dello spartito. Poco meglio sono andate le esecuzioni di Tonight, Dein ist mein ganzes Herz e No puede ser: nemmeno il bis ha particolarmente entusiasmato, con una versione della celebre Granada abbassata copiosamente di tono. La serata è stata risollevata musicalmente, e qui veniamo alla parte lieta, dai colleghi di Domingo a cominciare dal sempre bravissimo Amaturvshin Enkhbat che ha aperto con il Prologo da “Pagliacci” eseguito in mezzo alla platea (trovata non del tutto felice in verità); non possiamo che mettere il sigillo sulla sua prestazione che sfoggia una gran bella pasta vocale unita ad un fraseggio nobile risolto con un poderoso la bemolle sul finale. Non da meno è stato il tenore Angelo Villari (chiamato all’ultimo a sostituire il previsto Yousuf Eyvazov), che ha proseguito nello spartito di Leoncavallo eseguendo il tormentato assolo di Canio in Vesti la giubba con accenti di passione ed intima sofferenza così come richiesto dall’autore e già preconizzato nel Prologo. Una voce di bel colore, ben spiegata anche nel successivo duetto dal quarto atto de La forza del destino (eseguito con Domingo) e in Di quella pira. Mariangela Sicilia, già ascoltata in Carmen, ha cantato Io son l’umile ancella con spiccato senso teatrale unendo ad un bel fraseggio anche una convincente interpretazione scenica mentre Giulia Mazzola ha offerto al pubblico la celebre Quando men’ vo sfrondata di tutti quegli eccessi di civetteria che spesso l’allestimento scenico impone; non basta tuttavia questa breve pagina per poter formulare un giudizio profondo ed obiettivo. La stessa considerazione vale per Daria Rybak impegnata nel duetto Tonight (sempre con Domingo): troppo poco per poter dare un giudizio, soprattutto in un ambito vocale piegato al genere del musical. Michele Pertusi, dopo averci regalato per decenni le sue interpretazioni belcantistiche nel registro del basso rossiniano, da qualche anno ha allargato il repertorio ai ruoli verdiani. Al pubblico areniano ha proposto O tu, Palermo, terra adorata senza risultare tuttavia convincente: tende a gonfiare i suoni spesso snaturandoli e restituendo una voce non del tutto autentica. Ben diverso l’esito nella cavatina Udite, udite o rustici, ben più congeniale alle sue corde e al suo istinto teatrale. Citiamo per ultima, colei che ha infiammato la serata areniana con due autentiche chicche: l’australiana Jessica Pratt, dapprima impegnata con la vocalità belliniana de La sonnambula: l’aria Ah! Non credea mirarti, dove ha sfoderato una linea cantabile di raro ascolto, seguita dalla cabaletta Ah! Non giunge uman pensiero con variazioni pirotecniche nella ripresa, culminate nel fa sopracuto. Un’esecuzione davvero irresistibile e salutata da un consenso unanime di pubblico che ha potuto beneficiare di un secondo intervento del soprano nella difficile Glitter and be gay dalla Candide di Leonard Bernstein: qui la Pratt ha davvero trascinato il pubblico, dapprima divertendolo con le movenze sceniche e il pianto di Cunegonde e poi lanciandosi nelle asperità acute della tessitura e nei ritmi sincopati ed asimmetrici di cui il brano è disseminato. Alla guida dell’orchestra della Fondazione Arena vi era la bacchetta ormai esperta di Francesco Ivan Ciampa che ha assolto al ruolo, non sempre comodo, di sostegno al canto: non solo un puro accompagnare ma anche assecondare le linee vocali, il fraseggio e il respiro dei cantanti; ottima la prova della compagine veronese, soprattutto nel lampo sanguigno del delizioso intermezzo da La Boda de Luis Alonso, una zarzuela di Gerónimo Giménez del 1897. Serata purtroppo disturbata da un vento fastidioso ma salutata da un pubblico festante al quale gli artisti hanno intonato insieme, come bis, l’intramontabile ‘O sole mio, che ormai chiude tutte le manifestazioni di questa portata. Foto Ennevi per Fondazione Arena