Milano, Teatro alla Scala: “Macbeth”

Milano, Teatro alla Scala, Stagione d’Opera e Balletto 2022/2023
“MACBETH”
Melodramma in quattro atti su libretto di Francesco Maria Piave e Andrea Maffei da William Shakespeare
Musica Giuseppe Verdi
Macbeth AMARTUVSHIN ENKHBAT
Banco JONGMIN PARK
Lady Macbeth ANNA NETREBKO
Dama di Lady Macbeth MARILY SANTORO
Macduff FABIO SARTORI
Malcolm JINXU XIAHOU
Medico ANDREA PELLEGRINI
Domestico LEONARDO GALEAZZI
Sicario ALBERTO ROTA
Araldo / Prima apparizione COSTANTINO FINUCCI
Seconda apparizione ELENA FINULLI*
Terza apparizione CECILIA MENEGATTI*

*Solista del Coro di Voci bianche dell’Accademia Teatro alla Scala
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttore Giampaolo Bisanti
Maestro del Coro Alberto Malazzi
Direttore Voci bianche Marco De Gaspari
Regia Davide Livermore
ripresa da Marco Monzini
Scene Giò Forma
Costumi Gianluca Falaschi
Luci Antonio Castro
Coreografia Daniel Ezralow
Video D-Wok

Produzione Teatro Alla Scala
Milano, 8 luglio 2023 
Motivo d’interesse maggiore in questa ripresa del Macbeth inaugurale del 2021 è indubbiamente il debutto nel ruolo di Amartuvshin Enkhbat. Le qualità eccezionali della sua natura vocale sono sotto le orecchie di tutti: timbro fondente, volume generoso, rigonfio di armonici. Più volte sono state lodate la nobilità della sua linea di canto e la sobrietà dell’espressione, tanto più autentica ed efficace quanto più intima ed introversa. E poi la dizione, riconosciuta impeccabile anche dalla frangia più agguerrita dei salsiani scaligeri. L’unica osservazione che ancora si sente circolare riguarda la recitazione: che invece è curatissima, di grande raffinatezza, e retta da un carisma scenico personale. Certo, si resta insoddisfatti se invece di bearsi di un minimo moto delle dita si aspettano lunghe passeggiate o balzi da funambolo. Enkhbat non si contenta della rendita dei suoi pregi vocali, e continua a lavorare e rinnovarsi. Il suo Macbeth emerge nitidamente da uno scavo minuzioso sulla cosiddetta “parola scenica”, nella misteriosa regione di confine fra significante e significato. Il profilo nevrotico dell’usurpatore scozzese è scandagliato per contrasti di dinamiche e colori, e alla tavolozza già sorprendentemente ricca di sfumature, Amar, come qualcuno affettuosamente lo chiama, aggiunge per l’occasione suoni graffianti, lacerati, del tutto inediti. Si tratta di un artista veramente completo sotto ogni aspetto. Il pubblico gli ha tributato un successo personale straordinario, con ovazioni fragorose e richieste di bis, purtroppo inesaudite. Felicissimo l’abbinamento con la First Lady di Anna Netrebko: due voci gloriose e due personalità opposte. La “Diva” dà una grande prova di professionismo mantenendo altissimo il livello in un  ruolo così spinoso, dalla scrittura ibrida. La Netrebko scurisce volentieri i suoni: producendo effetti non proprio ortodossi, ma soprattutto non necessari, trattandosi di una voce tanto rigogliosa e imponente già per sua natura. Interviene, soprattutto nel Brindisi, un senso di ebbrezza, un’oscillazione allucinatoria che è la cifra di tutto il personaggio. È questo, in definitiva, a rendere memorabile la sua Lady. Oltre al Ballet d’action, atteso con ansia dai fanatici più integralisti: quelli che oltre alla voce vogliono anche le gambe.
Il terzo personaggio, dice Verdi, è il Coro delle Streghe. Piuttosto sfocato nella regia di Livermore; musicalmente, al contrario, sotto le vigili cure del Maestro Malazzi, è ora compatto, ora cesellato, ora frastagliato, ma sempre palpitante e vitale. Molto apprezzato il Banco di Jongmin Park, ormai ben noto al pubblico meneghino per il timbro duro e tagliente, ma capace di sciogliersi giocando con le dinamiche e fraseggiando con grande maestria. E così pure il Macduffo di Fabio Sartori, ricco di squillo e volume, ma più tendente al lamento che all’impeto nell’espressione un tantino generica. Piuttosto fibroso nell’emissione invece Jinxu Xiahou, Malcolm. Ottimi il medico di Andrea Pellegrini e la dama di Marily Santoro, lasciata sola dalla Diva sulle “fiamme” del Finale Primo. Com’è fisiologico, più che grandi eventi teatrali queste riprese in contumacia di regista e direttore originari sono occasioni goderecce, con passerella di grandi voci in varie combinazioni alternate per solleticare al meglio gli appetiti del melomane ghiottone.
La direzione di Giampaolo Bisanti è sensibilissima alle necessità del canto e, soprattutto, dei cantanti; non manca di momenti belli e molto suggestivi, come la danza degli aerei spirti invocati dalla streghe perché risveglino il Re svenuto. Ma in generale quel che sembra un po’ latitare è la tinta, per ricorrere ad un lessico verdiano, la tenuta di quest’arco drammatico così teso, il senso di organicità di un’opera composita, sopratutto in questa irrisolta non-soluzione dei due finali. A distanza di un anno e poco più, l’allestimento di Davide Livermore, ripreso con fedeltà assoluta in tutta la sua sovreccitata ed esuberante complessità, continua a stupire con i suoi cambi scena continui e febbrili, la sua impazienza visiva, la sua frenetica irruenza nei movimenti delle masse. E a divertire od irritare con il suo sense of humor. Foto Brescia & Amisano