Johann Adolf Hasse (1699 – 1783) – Georg Friedrich Händel (1685 – 1759): “Caio Fabbricio” (1733)

Opera in tre atti su libretto di Apostolo Zeno. Fleur Barron (Pirro), Morgan Pearse (Caio Fabricio); Miriam Allan (Sestia), Anna Gorbachova-Ogilvie (Volusio), Hannah Paulsom (Bircenna), Helen Charlston (Turio), Jess Dandy (Cinea). London Early Opera, Bridget Cunningham (direttore). Registrazione: All Saint’s Church, Londra. 1-5 settembre 2021. 2 CD Signum Classics SIGCD713
Il 1733 non è anno facile per Händel a Londra. Il monopolio sulla vita musicale cittadina che il Sassone aveva imposto negli anni precedenti era per la prima volta sotto attacco. Il nuovo teatro di Lincoln’s Fields guidato dall’impresario John Rice scritturato Nicola Porpora aveva l’ambizioso progetto di contendere la piazza a Händel. Il passaggio di molti dei cantanti del King’s Theatre alla nuova compagnia rappresentava un ulteriore problema mettendo in discussione la stessa sopravvivenza del teatro.
Le difficoltà spinsero Händel ad agire prontamente. Riunite le forze a disposizione – nonostante le perdite, poteva ancora contare su cantanti del valore della Durastanti e delle sorelle Negri – decise di giocare in anticipo presentando al pubblico londinese qualche cosa di nuovo, uno degli ultimi esempi dello stile fortemente melodico che era venuto a svilupparsi a Napoli e Roma e che risultava ancora poco noto agli inglesi. Porpora stava agendo nella stessa direzione, ma il fallito tentativo di portare Hasse a Londra aveva ritardato il progetto ma Händel sapeva che i suoi rivali stavano lavorando su quella strada (effettivamente “Artaserse” fu rappresentato l’anno successivo con un protagonista d’eccezione come il Senesino).
Händel non disponeva al riguardo di una partitura integra di Hasse ma poteva appoggiarsi sui manoscritti che Jennens aveva raccolto tramite Holdsworth in Italia. Tra le possibilità a disposizione la scelta cadde su “Caio Fabbricio” su libretto di Apostolo Zeno ma il cast a disposizione e la necessità di adattare il lavoro al gusto inglese comportarono importanti rimaneggiamenti.
Le ventotto arie originali furono ridotte per l’occasione a tredici mentre le altre sono state sostituite con brani tratte da altre opere dello stesso Hasse o di altri compositori. I cantanti sono stati lasciati liberi di eseguire brani tratti dal loro repertorio in modo da far brillare le qualità di ciascuno. Il risultato finale è ovviamente privo di coerenza interna, composto com’è da brani molto diversi per stile e provenienza. Particolarmente ridotta la parte del protagonista cui resta solo una delle cinque arie originali passando quindi decisamente in secondo piano nei confronti dell’avversario Pirro affidato a Carestini e rimasto in possesso di tutte le arie originariamente previste.
Il lavoro andò in scena con buon successo ma con il cambio del gusto è stato completamente dimenticato. Nel 2015 Bridget Cunningham ha deciso di riproporre questo lavoro in occasione della prima incisione della nuova etichetta britannica Signum Classics procedendo a un riesame critico delle fonti e al completamento delle parti andate perdute e integrando l’ouverture con il “Concerto n. 2 in re” di Hasse. Questa edizione è giunta in sala d’incisione nel 2021 ed è ora disponibile in CD.
L’iniziativa è di certo lodevole e brilla soprattutto per la parte orchestrale. La Cunningham dirige con grande sensibilità. La perfetta conoscenza della partitura traspare da una lettura chiara e rigoroso, brillante ma mai eccessiva e sempre ottimamente controllato. Il gioco dei colori orchestrali e la diversificazione stilistica di brani diversi per gusto e provenienza può dirsi pienamente riuscita. L’orchestra London Early Opera suona con rigore e pulizia eseguendo al meglio le richieste direttoriali.
Il cast è complessivamente dignitoso. L’ottimo lavoro di preparazione si nota ma altrettanto manca quella scintilla del vero artista capace di fare la differenza mentre, soprattutto le voci femminili, sono tra loro molto simili per caratteristiche e impostazione differenziandosi poco l’una con l’altra. Fleur Barron affronta l’impegnativa parte di Pirro con grande rigore. Mezzosoprano dal timbro omogeneo e con buone doti di colorature, pronuncia discreta nelle arie – nei recitativi sono tutti più a disagio – capace di rendere i cambi espressivi che caratterizzano il personaggio.
Considerazioni simili valgono per Hanna Poulsom (Bircenna) e Anna Gorbachova-Ogilvie (Volusio). Più scura e solida la vocalità della prima, molto simile a quella della Barron, più luminosa e quasi sopranile quella della seconda. Jess Dandy (Cinea) convince meno risultando più faticosa nelle colorature anche se nel complesso risulta godibile. Helen Charlston (Turio) completa la nutrita pattuglia dei mezzosoprani.
La parte di Sestia scritta per la Strada del Po’ è affidata Miriam Allan. Soprano lirico dal bel timbro radioso e abbastanza sicura nei passaggi di bravura mostra però qualche durezza sugli estremi acuti e una minor consistenza vocale nelle discese al grave. La parte ha un’impostazione sostanzialmente lirica che si accende solo nell’ultima aria “Lo sposo va a morte” di carattere più drammatico e virtuosistico.
Il role titre è affidato a Morgan Pearse, voce piuttosto chiara, bartional,  più che da autentico basso ma corretto e precisa. La sua unica aria “Quella è mia figlia” ha andamento declamatorio e non presenta particolari difficoltà. L’opera ha la classica struttura “seria”, con la uccessione di arie alternate a recitativi secchi, con un unico a tutti nel finale, manca qualunque intervento del coro.