Castell’Arquato (PC), Festival Illica 2023:IL 3001” (concerto)

Castell’Arquato (PC), Piazza del Municipio, Festival Illica 2023
IL 3001” (concerto)
Opera comica in tre atti su libretto di Luigi Illica e Lisa Capaccioli
Musica di Voris Sarris
Reginotta, soprano MARTA LEUNG
Figlio (poi, 2), tenore RAFFAELE FEO
Americano, baritono LORENZO LIBERALI
9, basso GIACOMO PIERACCI
Madama 9, mezzosoprano ALESSANDRA PALOMBA
Prima Cifra Suprema, soprano BRONISLAWA KATARZYNA SOBIERAJSKA
Seconda Cifra Suprema, mezzosoprano MARIANNA PETRECCA
Terza Cifra Suprema, contralto RUMIANA PETROVA
La Cifretta, soprano VIRGINIA AURORA BARCHI
Il reclamante 91, tenore YIYING GUO
La reclamante 91, soprano GIOVANNA FALCO
Orchestra Filarmonica “Arturo Toscanini”
Coro del Festival Illica
Direttore  Riccardo Bianchi
Castell’Arquato (PC), 6 luglio 2023
Sotto la direzione artistica di Jacopo Brusa il Festival Illica di Castell’Arquato sta vivendo una rinascita soprattutto per quanto riguarda la qualità divulgativa delle scelte operate: l’anno passato il revival de “Le Maschere” di Mascagni, quest’anno addirittura due progetti, di cui il primo decisamente coraggioso – mettere in musica il più originale libretto (incompiuto, peraltro) di Luigi Illica, “Il 3001”, che si può a ben diritto considerare il primo e unico tentativo di opera fantascientifica (composto attorno al 1908). Il soggetto di questo bislacco libretto tuttavia tanto bislacco non è, anzi, prefigura i futuri distopici di Zamjatin (Noi, 1920) e Orwell (Millenovecentottantaquattro, 1948), inserendosi nell’allora originalissimo solco di Butler (Erehwon, 1870) e Morris (Notizie da nessun luogo, 1890). L’assoluta modernità del soggetto ne decretò, probabilmente, l’abbandono e la mai avvenuta messa in musica: oggi, invece, un concorso internazionale ha prescelto il giovane compositore cipriota Voris Sarris per completarla e la dramaturg Lisa Capaccioli, incaricata di riordinare in un soggetto coerente ed efficace il molto materiale illichiano. Diciamo subito che se l’intervento di Capaccioli sembra aver colpito pienamente nel segno, con la costruzione di un libretto godibile, ricco d’azione e di dialoghi ben costruiti, la composizione di Sarris ci pare riuscita a metà: se alcuni momenti presentano un’orchestrazione illuminante, che lascia affiorare ironia o sentimento, in altri percepiamo un sinfonismo un po’ troppo accentuato, a discapito del ritmo determinato dal libretto. Per il resto, tuttavia, l’opera presenta un alto livello di fruibilità, una concertazione ricca ed espressiva, che miscela momenti ispirati alle radici mediterranee del compositore a soluzioni armoniche più tipiche delle grandi opere scritte da Illica – un certo afflato postromantico e verista. La vicenda, come anticipato, è quella di un’umanita distopica ed “eguagliata” da un collegio di giudici (Le Cifre Supreme), incaricati di far rispettare l’attività del Regolatore, un aggeggio che a ognuno viene posto sul petto una volta raggiunta l’età adulta e che impedisce di contravvenire alle regole della società “giusta”. In questo contesto l’amore di 2 (i nomi infatti si sostituiscono con i numeri al momento dell’applicazione del Regolatore) per Reginotta è sbagliato, perché lei non è quello che i coniugi 9 (genitori di 2) hanno scelto per il figlio. Posti sotto processo, i due giovani preferiranno uccidersi reciprocamente piuttosto che vedere azzerati i ricordi l’uno dell’altra e viceversa. Purtroppo, però, questo non produrrà un effetto rivoluzionario à la “Romeo e Giulietta”: le Cifre Supreme, vedendo nascere una sommossa, decidono di azzerare tutta l’umanità, che quindi dimentica tutto e finisce per tessere le lodi del Regolatore, come all’inizio. I non pochi ruoli vocali previsti sono caratterizzati da una scrittura ardua e a tratti postmoderna – battute aleatorie, o segnate direttamente a spartito. Raffaele Feo, nella parte di 2, non mostra difficoltà tecnico-vocali, quanto a volte nel seguire esattamente l’andamento della partitura; il colore della voce di tenore leggero è comunque quello fresco e naturale che già conosciamo, con una certa attenzione anche per il fraseggio, nelle parti più sentimentali; corrisponde quasi perfettamente a questa definizione anche Marta Leung (Reginotta), sebbene a centri tondi e fascinosi non sempre corrispondano acuti altrettanto sicuri – suo, peraltro, uno dei pochi ariosi dell’opera “E disse l’usignol” di pregevole melodiosità e interpretato con bel fraseggio emozionato. Il coro, terzo protagonista dell’opera, purtroppo ha riscontrato alcune difficoltà nell’apprendere la parte e si vede: gli attacchi sono spesso incerti, a volte giustificati da alea compositoria, altre chiaramente fuori tempo. È peraltro evidente che l’esiguo numero degli artisti del Coro del Festival Illica (una ventina) non sappia perfettamente adattarsi alle intenzioni del compositore, che sembra aver chiaramente scritto per una compagine maggiore. Tra i non pochi ruoli di lato spiccano le tre Cifre Supreme (Bronislawa Katarzyna Sobierajska, Marianna Petrecca, Rumiana Petrova) per chiarezza della dizione e buone capacità di armonizzazione, e l’Americano di Lorenzo Liberali, l’antagonista della storia, il cittadino libero (poiché straniero) che sogna di avere un Regolatore, e per dimostrare la sua affezione alla causa tradisce 2 e Reginotta. Liberali mostra bei colori intensi nella tessitura pienamente baritonale, che timbra con attenzione espressiva (sembra quello cui la forma di concerto stia un po’ più stretta). Anche Virginia Aurora Barchi, nel ruolo della Cifretta, sa catturare l’attenzione del pubblico grazie al nitore della vocalità sopranile che sfodera nel suo “Lamento”, altro momento più lirico dell’opera. Non indimenticabili le performance dei Signori 9 (Giacomo Pieracci e Alessandra Palomba) e dei Reclamanti 91 (Yiying Guo e Giovanna Falco). La direzione del Maestro Riccardo Bianchi è evidentemente tutta votata a tenere in primis insieme l’orchestra e poi solisti e coro. Per quanto in un paio di casi la discrasia si faccia sentire, non possiamo che apprezzare i risultati che il Maestro ottiene, cioè quello di un suono multisfaccettato e al contempo un chiarissimo senso di coesione, un desiderio di proporre un unicum complesso e non una disamina di strumenti e voci – come sovente accade nel caso delle opere contemporanee. Senz’altro varrebbe la pena di vedere messa in scena questa originalissima opera fantascientifica, così da poter permettere anche agli interpreti di esercitarvisi di più e al pubblico di recepirla meglio: per ora, comunque, non possiamo che applaudire ancora il Festival Illica per questa coraggiosa operazione che è sia di riscoperta sia d’innovazione – due processi ahinoi ancora troppo distanti dai cartelloni dei teatri italiani.