100° Arena di Verona Opera Festival 2023: Juan Diego Florez in Opera-Arena 100

100° Arena di Verona Opera Festival 2023
Orchestra e Coro della Fondazione Arena di Verona
Direttore Christopher Franklin
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Tenore Juan Diego Florez
Soprani Marina Monzò, Marianna Mappa
Mezzosoprani Vasilisa Berzhanskaya, Sofia Koberidze
Bassi Michele Pertusi, Gabriele Sagona 
Brani da “La Cenerentola” (Rossini), “Don Pasquale”, “La fille du régiment” (Donizetti), “Roméo et Juliette” (Gounod), “La traviata”, “Luisa Miller” (Verdi), “Manon Lescaut”, “La bohème” (Puccini)
Verona, 23 luglio 2023
Osservando l’Arena meno che semivuota la tentazione di scomodare l’adagio “pochi ma buoni” è davvero forte. In effetti il pubblico, estremamente contingentato, si è distinto per attenzione e disciplina ma anche per calore ed entusiasmo, trascinato inoltre da una nutrita delegazione peruviana con tanto di bandiera esposta. Non ci spieghiamo dunque come una serata attesa da tempo come quella del debutto veronese di Juan Diego Florez (che in realtà aveva già avuto il suo battesimo in Arena tre giorni prima come Duca di Mantova nel Rigoletto) abbia avuto una risposta, in termini di spettatori, così deprimente. Ma tant’è, la serata ha avuto comunque il suo corso con esito più che positivo. Il programma presentato era ovviamente modellato sul repertorio che ha reso celebre il tenore di Lima, a cominciare dal Rossini de La Cenerentola e il Donizetti de La fille du régiment, sui quali brani estratti non vi è assolutamente nulla da eccepire: Florez possiede davvero un gran bel strumento, un legato formidabile, agilità pressoché perfette ed una dizione impeccabile che rende chiare le parole all’ascolto. Per contro, e questo è un dato inconfutabile, la sua non è una voce areniana ed è perciò inadatta agli spazi aperti, soprattutto in presenza di mezze voci e sfumature finissime, apprezzabili solo in teatro. Al di là delle verifiche acustiche resta comunque memorabile l’esecuzione di uno dei brani più attesi, quel Ah! Mes amis… Pour mon âme di Donizetti con i suoi leggendari nove do di petto che Florez sfoggia con sicurezza e spavalderia, ovviamente salutati da un’autentica ovazione. Un maggiore impegno vocale chiamava il nostro nella seconda parte con due momenti di intenso lirismo tratti dal Roméo et Juliette di Gounod; nonostante una richiesta vocale più robusta, gli esiti sono comunque andati ben oltre ogni aspettativa, soprattutto in quella perla di cantabilità che è Ah! Lève-toi, soleil offerta con ampio fraseggio degno di un violoncello. Dove il tenore ha cominciato a sentire (e a far sentire) la forzatura di repertorio è stato nel celebre Quando le sere al placido da Luisa Miller, risolta ancora una volta musicalmente bene anche se il tenore verdiano è ben altra cosa; lo stesso si può dire di Che gelida manina con il suo smagliante do acuto con cui Florez va a nozze ma che non basta a rendere un Rodolfo convincente sul piano emotivo e drammaturgico. Una serata di tale rilevanza non poteva concludersi senza bis, dei quali l’artista è notoriamente prodigo: si è presentato in scena accompagnandosi ottimamente alla chitarra in una terna di canzoni che comprendeva Tu ca nun chiagne, Bésame mucho e Cuccurrucucù paloma donando un momento musicalmente intenso e sonoramente intimo che ha infiammato l’uditorio non ancora appagato. Ecco dunque altri due bis regalati, che hanno confermato quanto detto sopra: Una furtiva lagrima, manifesto del vero ed autentico Florez, abile fraseggiatore, e la chiusura col botto osando nientemeno che Nessun dorma!, una vera e propria forzatura dei propri ambiti vocali con conseguente pericoloso sconfinamento. Un bel finale, certo, ma Florez se ne guardi bene dal cedere alla tentazione di un prossimo debutto nel ruolo di Calaf. Ospiti della serata erano Marina Monzò (acclamata nel bellissimo Je veux vivre eseguito impeccabilmente), Vasilisa Berzhanskaya, ottima in Rossini, specialmente in Nacqui all’affanno e al pianto, e Michele Pertusi (ormai verdiano d’adozione e qui presente come Conte di Walter). Una piccola partecipazione, con ottimo mestiere, anche di Marianna Mappa, Sofia Koberidze e Gabriele Sagona completavano il cast della serata. Alla guida dell’orchestra e del coro della Fondazione Arena vi era l’americano Christopher Franklin che ha accompagnato gli artisti con buon mestiere e sicurezza, ma senza particolare piglio dinamico; sbiadite e senza particolare brillantezza le pagine orchestrali proposte che andavano dalle sinfonie de La Cenerentola e del Don Pasquale al preludio de La traviata e l’intermezzo di Manon Lescaut (questi ultimi frutto di un continuo e costante riciclaggio sinfonico). Analogamente il coro, diretto da Roberto Gabbiani, si è presentato sostanzialmente corretto (anche se talvolta non proprio impeccabile negli interventi) ma su questo grava sicuramente l’esiguità delle prove dedicate che nuociono alla professionalità delle maestranze artistiche areniane alle quali andrebbe resa la giustizia che meritano. Qualche riserva, infine, sull’amplificazione che ha sfalsato i piani sonori senza cercare di allineare i differenti pesi vocali; il risultato, all’orecchio esperto, era quello di un suono falsato e viziato. Anche qui c’è molto da lavorare e provare. Foto Ennevi per Fondazione Arena