Torino, Teatro Regio, Stagione d’Opera 2023
“MADAMA BUTTERFLY”
Tragedia giapponese in due atti. Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa tratto dal racconto di John Luther Long a dal dramma di David Belasco.
Musica Giacomo Puccini,
Madama Butterfly (Cio-cio-san) LIANNA HAROUTOUNIAN
F. B. Pinkerton MATTEO LIPPI
Sharpless DAMIANO SALERNO
Suzuki KSENIA CHUBUNOVA*
Goro MASSIMILIANO CHIAROLLA
Il principe Yamadori MICHELE PATTI
Lo zio bonzo DANIEL GIULIANINI
Il commissario imperiale ROCCO LIA*
Kate Pinkerton IRINA BOGDANOVA*
La madre di Cio-cio-san RAFFAELLA RIELLO
Lo zio Yakusidé MARCO SPORTELLI
L’ufficiale del registro ROBERTO CALAMO
La zia PAOLA ISABELLA LEOPOLDO
La cugina CATERINA BORRUSO Il figlio di Cio-cio-san ALBERTO MARIA BONATO
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino
Direttore d’orchestra Dmitri Jurovski
Maestro del Coro Andrea Secchi
Regia Damiano Michieletto Ripresa della regia Elisabetta Acella
Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Luci Marco Filibeck
*Artisti del Regio Ensemble
Allestimento Teatro Regio di Torino.
Torino, 23 giugno 2023
La Butterfly di Michieletto, qui ripresa da Elisabetta Acella, è stata, in questi anni, vista e rivista sia in teatro che su RAI 5, non deve quindi più scandalizzare nessuno e neppure dividere il pubblico tra tradizionalisti ed innovatori. In effetti il diradato pubblico del Regio non si scandalizza, ma annoiato e sonnecchiante si astiene dall’applaudire anche quando gli applausi sarebbero ben giustificati. Rimane esteticamente incongruo e brutto l’invadente box, vetrina espositiva di bellezze nipponiche, casa della protagonista; troppe controscene e troppe inutili comparse che “uccidono” il dramma intimo della protagonista per privilegiare una sovrabbondante descrizione d’ambiente malavitoso da angiporto. Lo spettacolo è comunque sempre magistralmente condotto da una regia teatrale meticolosa, in una non sempre felicissima scenografia di Paolo Fantin, schizofrenicamente illuminata tra neon e lampi da Marco Filibeck. I costumi di Carla Teti che ben s’attagliano ad un secondo novecento americaneggiante, avrebbero dovuto non penalizzare ulteriormente le caratteristiche fisiche delle protagoniste, generalmente soprani non propriamente filiformi e longilinei. Se la scena non conquista, la fossa disarma. Il quarantenne maestro russo Dmitri Jurovski, pur vantando una famiglia di noti musicisti e un curriculum personale di tutto prestigio, si dimostra completamente estraneo alla direzione dell’opera italiana. Il vero box-prigione per la protagonista lo costruisce lui, con tempi e sonorità assolutamente inadatte al canto e andamenti incompatibili con un canto libero ed espressivo. Dmitri dirige un’ipotetica sinfonia in cui le voci pare gli siano di disturbo. Le sonorità sono belle e l’Orchestra del Teatro Regio è splendida, se pur sempre indifferente al dramma intimo della protagonista. Lianna Haroutounian, la Cio-Cio-San della serata, incastona rare e preziose inflessioni infantili in un timbro complessivamente caldo e rotondo. Con voce lirica, non torrenziale, è a suo agio su tutto il pentagramma che le compete e, in competizione continua con un’orchestra e una scena che mai l’asseconda, riesce a imporre il dramma che dà sostanza al personaggio. Nel duetto della lettera, con l’ottimo Damiano Salerno, sa dar forza alla, per lei, vitale speranza di un ritorno di Pinkerton, a fronte dello svarione registico che glielo fa comparire come sogno. Butterfly non sogna mai: disperatamente spera. “un bel dì vedremo” intimo e raccolto, si merita il solo applauso a scena aperta della serata. Il suicidio, niente coltelli e niente sangue, un colpo di pistola e il nodo alla gola è assicurato! Credo che in altro contesto scenico-musicale, la Butterfly della Haroutounian diverrebbe un riferimento. Matteo Lippi, come il resto del cast, tranne le lontane parentele, ha cantato in tutte le recite. Tenore baldanzoso e sicuro, dal bel timbro squillante e pentagramma facile, forse a causa dell’odioso personaggio e dei tempi incuranti del direttore, non si è neppur preso un meritatissimo applauso dopo l’ “addio al fiorito asil”. Ksenia Chubunova, è stata anche scenicamente un’apprezzabile Suzuki e Masimiliano Chiarolla un vivace ed intrigante Goro. Tutti gli altri artisti sul palco hanno dato prova di meticolosa professionalità. Una citazione particolare se la merita il giovanissimo Alberto Maria Bonato, figlio di Butterfly, che ha indotto molti dei presenti ad asciugarsi gli occhi, bagnati dalla commozione. Il Coro del Teatro Regio per l’ultima volta sotto la guida di Andrea Secchi, in partenza per Roma e per Santa Cecilia, ha avuto il suo bel da fare a districarsi con le rigidità di Jurovski, ma a ricompensa si è guadagnato, dopo il coro “a bocca chiusa”, l’unico spontaneo e convinto applauso a scena aperta. Le approvazioni finali, anche promosse in durata da luci di sala che mai s’accendono, si sono riversate su protagonisti grandi e piccoli, cantanti e silenti. Foto Andrea Macchia