Sassari, Teatro Comunale: “Cavalleria rusticana”

Sassari, Teatro Comunale – Stagione Lirica 2023
CAVALLERIA RUSTICANA”
Melodramma in un atto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci
Musica di Pietro Mascagni
Santuzza GABRIELLE MOUHLEN
Lola ELENA SCHIRRU
Turiddu WALTER FRACCARO
Alfio MARCO CARIA
Lucia ALESSANDRA PALOMBA
Orchestrae Coro  dell’Ente concerti Marialisa De Carolis
Direttore Andrea Solinas
Direttore del coro Antonio Costa
Regia Sante Maurizi
Luci Toni Grandi
Allestimento del Teatro Massimo V. Bellini di Catania
Sassari, 8 giugno 2023
Riprende all’insegna del rinnovamento la stagione lirica di Sassari organizzata dall’Ente Concerti Marialisa de Carolis: cambio della direzione artistica (ora affidata al baritono e regista Alberto Gazale) e anticipo del cartellone che, grazie alla concomitanza di un notevole rifinanziamento della Regione Sardegna, può permettersi ora un pendant estivo. È stato inoltre interessante e meritorio il preludio di una serie di concerti sinfonici che ha visto alternarsi eccellenti artisti in doppio ruolo solistico e direttoriale. In ogni caso l’attesa era tutta per l’inizio di questa “anomala” stagione operistica estiva con lo “spacchettamento” del classico dittico verista: Cavalleria Rusticana ora, nel Teatro Comunale, e Pagliacci tra un mese nella centrale Piazza d’Italia. Il lavoro di Mascagni, programmato l’ultima volta dieci anni fa, appartiene alla dozzina di machine de guerre da successo sempre e comunque: una scelta praticamente obbligata nell’inaugurare la nuova programmazione per un pubblico molto abitudinario e conservatore. Da questo punto di vista l’opera “fuori stagione” è stata assorbita abbastanza bene: non c’è stata la folla delle grandi occasioni ma, nonostante l’impossibilità di poter sfoggiare le mises autunnali più importanti, un discreto numero di giovani ha compensato più informalmente i buchi del popolo da “prima”. Da “tradizione di ferro” il titolo e altrettanto tradizionale l’allestimento: due quinte e un fondale del Bellini di Catania, anche funzionali ma, forse progettati per altri spazi e proporzioni, poco coerenti nella logica prospettica. Le belle luci di Tony Grandi completavano l’essenziale quadro scenotecnico, comunque votato, anche nei costumi, al consueto colore folklorico. La regia di Sante Maurizi ha mosso con pulizia masse e personaggi in uno spazio quindi obbligato nel carattere e nello stile, ma con fin troppo rispetto, sia dell’opera che delle convenzioni: con musica così densa e ricca di numeri indimenticabili tutto sommato può funzionare entrare-cantare-uscire, ma sarebbe stata sicuramente più interessante una relazione meno casuale e più stretta tra azione e personaggi, con una gestione più rigorosa e presente soprattutto nelle scene d’insieme. Bello scenicamente infatti il finale, proprio perché trova gli accenti emotivi giusti ed efficaci geometrie nel duetto tra Turiddu e la madre. Gli interpreti ugualmente risolvono tutto più sul piano vocale che quello scenico, con risultati alterni. Walter Fraccaro ha carattere, volume e timbro adatto alla figura di Turiddu, ma sin dalla Siciliana dell’esordio (purtroppo risolta, come spesso succede, senza le sfumature ed espressione necessarie) si è sentita un’evidente tendenza alla forzatura, con imprecisioni nell’intonazione e nel ritmo e un certo logorio nel sostegno dei suoni. In particolare è stato evidente che certe libertà agogiche è meglio prenderle quando non ci sono raddoppi strumentali (“Viva il vino spumeggiante”). Meglio Gabrielle Mouhlen nel ruolo di Santuzza: il timbro da lirico è bello e la sua esecuzione è sicuramente più precisa. Però è stata fastidiosa la ricerca di suoni di petto affondati e per lei innaturali, decisamente datati nell’espressione e palesemente diseguali col resto dell’estensione. Comunque “Voi lo sapete, o mamma” è stata tratteggiata con espressione semplice ed efficace, pienamente nel carattere del personaggio. Marco Caria disegna bene un Alfio moderno, trattenuto e composto, differente da certe sbragate e trucide caricature di cosiddetta tradizione. Al contrario l’ira repressa e la finezza delle sfumature vocali danno al suo personaggio una  tridimensionalità che nessuna caricatura potrà mai avere; da segnalare soprattutto il finale sobrio che carica il personaggio di un’ineluttabilità decisamente interessante. Precisa musicalmente e nel carattere la vivace Lola di Elena Schirru, mentre è stata nel complesso dignitosa Alessandra Palomba nel ruolo di Lucia. Andrea Solinas, direttore sassarese che sta conoscendo una buona affermazione fuori dai confini nazionali, frutto del locale Conservatorio, ha concertato con finezza e sensibilità per il fraseggio soprattutto nei momenti intimi e nelle pagine strumentali: ben riuscito, oltre all’intermezzo anche il levigato preludio, che ha presentato con bella unità ed espressione tra i vari elementi tematici. Il Coro dell’Ente, preparato da Antonio Costa, ha mostrato la consueta dimestichezza col repertorio, con la giusta timbrica e ampie dinamiche, ma con alcune imprecisioni ritmiche con l’insieme strumentale e nell’intonazione, specialmente nelle voci femminili. L’orchestra ha risposto bene nel complesso, con qualche eccesso nell’equilibrio col palcoscenico. Il successo pieno e generoso per tutti a fine spettacolo ha decretato la fondamentale riuscita di un esperimento che tenta ora di ampliare lo spazio della grande musica nella città: è legittimo sperare in una continuità in tal senso?