Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, di Torino. RAI Orchestra POPS 8 giugno 2023
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore Alondra de la Parra
Mandolino Avi Avital
Carlos Chávez: Sinfonia India (Sinfonia n.2); Antonio Vivaldi: “L’estate”, “L’Inverno”, 2 Concerti per mandolino e orchestra dalle Quattro Stagioni; Arturo Márquez (1950): Danzòn n.2 Silvestre Revueltas: Sensemayá (versione per orchestra) Alberto Ginastera: Dances from Estancias.
Torino, 8 giugno 2023
L’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI ha programmato, per questa fine di stagione, quattro concerti di puro divertimento, ispirati a temi “etnici” o di “altra” musica. Si inizia con l’America Latina, portando sul podio un direttore al femminile che benché nata, cresciuta ed educata musicalmente nella Grande Mela, fin dal nome, rivela radici messicane. Tre degli autori presentati, Chávez (1899-1978), Revueltas (1899-1940) e il settantatreenne Márquez, sono anch’essi messicani e hanno richiamato in sala un folto ed entusiasta gruppo di compatrioti. L’argentino Ginastera (1926-1983), è comunque pienamente inserito nelle tradizioni musicali latino-americane. Temi semplici e scagliati a getto continuo. Poca o punta elaborazione e un sostegno di irresistibile vivacità ritmica, fan sentire che balli e danze sono la vera ispirazione dei pezzi. Prevalgono sempre le percussioni, varie e sfrontate, e gli ottoni, con un trionfo di fanfare e di marcette. Il colore dei legni e le cavate strappacuore degli archi fungono da avvincente sfondo su cui il tutto si svolge. Se ci siano reminiscenze e agganci alle tradizioni maya e indie, come deducibile dai titoli, lo possono sapere solo i conterranei degli autori, a noi è dato solo il fidarsi, senza che il dubbio possa compromettere il godimento provato per le ottime esecuzioni. Non essendoci apprezzabili riferimenti autoctoni, se non nei temi, il modo di trattamento della pagina vaga dallo Stravinskij barbaro al Ravel danzante con oasi di ricercata e fascinosa orchestrazione. I punti culminanti, a risuonante pieno orchestrale, ricevono dalle mani sensibilissime della de la Parra un colmo di convinta partecipazione e il conseguente inevitabile brillante successo. L’OSN RAI, che ormai gode di un prolungato stato di grazia, sempre più coinvolgente, si diverte e trascina l’uditorio. Risulta bandita ogni volgarità da effetto facile e scontato; l’aspetto popolare e ingenuo viene comunque, dalla professionalità degli esecutori, esaltato e valorizzato con convinta efficacia. Tutta l’orchestra fornisce una prestazione esaltante e divertente in cui gli interventi solistici, tutti citabili singolarmente, esaltano il contesto. La schiera dei sette percussionisti che si destreggiano tra risuonanti sacchetti di juta dal contenuto indefinibile e oggetti disparati da battere e strofinare, è ulteriormente rinforzata da un pianoforte percussivo alla Bartok e da una celesta dal suono enigmatico. Nella Sinfonia di Ginastera si contano interventi determinanti dello xilofono del bravissimo Matteo Fiori e dei timpani, che assediano, con le loro 5 enormi caldaie, il formidabile Biagio Zoli. In solitario, si è elevato più volte il vocione del basso tuba di Matteo Magli, episodio quanto mai raro visto che la normale funzione dello strumento è, come nell’organo le canne da 16 piedi, il sostegno del ripieno orchestrale.Nel finale della prima parte del concerto, in posizione privilegiata, ci sono stati due concerti vivaldiani, L’ Estate e L’Inverno dalle “Quattro stagioni”, con la parte solistica trascritta per mandolino. Occasione formidabile, colta dall’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai, per portare sul suo palco il fascino di Avi Avital, inarrivabile talento israeliano. Da una decina di anni è sulla cresta dell’onda, incide in esclusiva per DGG e suona nelle più prestigiose sedi concertistiche. Il suo Vivaldi, come esce da un mandolino dalla foggia appiattita, poco comune a noi italiani, è di fuoco vivo. Per una piena udibilità nella sala, un discreto apparato d’amplificazione gli è stato accostato. Il magico virtuosismo di Avital pare ovviare alla discontinuità sonora, tipica del pizzicare del plettro, accostando la voce dello strumento a quella continua che l’arco dei grandi virtuosi assegna al violino. L’accompagnamento è affidato ad un inudibile, come di consueto, clavicembalo e a una ventina di archi. La sensibilissima bacchetta di de la Parra è però per un Vivaldi “datato” che lo costringe in un terreno romantico ormai impraticabile fin dagli anni ’70. Avital imperterrito va per la sua strada e riceve un mare d’applausi che lo costringe ad un fuori programma che esalta ulteriormente il suo strepitoso virtuosismo. Il pubblico lo applaude, a lungo, con molta vivacità. In chiusura di serata, anche l’orchestra fa un fuori programma, in linea con quanto sentito nel corso del concerto, Huapangoil di Moncayo, richiesto al grido di Haupango dai moltissimi messicani presenti. L’intesa tra direttore e pubblico, le bandierine del Messico sono pronte allo sventolio, sigla così il successo della serata.