Nella prima domenica dopo la Trinità Bach si trovava di fronte il tema evangelico del ricco iniquio e del povero giusto, espresso sotto forma di parabola nel Vangelo di Luca (Cap.XVI – vers.19-31): “C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: «Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma». Ma Abramo rispose: «Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi». E quello replicò: «Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento». Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi».
Partendo da questo passo, l’anonimo autore del testo della cantata BWV 75 Die Elenden sollen essen, daß sie satt werden (Lipsia, 30 maggio 1723), mette in evidenza l’inutilità del vestire di porpora, del vivere nell’opulenza, i tormenti di Lazzaro in terra, la conquista della felicità nell’aldilà. Un versetto dal Salmo 22°, apre la composizione: “I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano; viva il loro cuore per sempre. Bach immerge la cantata in un’atmosfera “francesizzante”, simile a un preludio, primo elemento del discorso, con appunto scatti da ouverture alla francese, seguiito dalla “fuga”, elemento tipico di questo stile. Bach conosceva i gusti dominanti a Lipsia: da un lato baluardo dell’alta teologia luterana, dall’altro un luogo che vedeva la borghesia della città sassone imperniata di spirito galante che guardava al “rococò”. Conscio di dovere mediare questi aspetti, il compositore per nulla nemico delle “galanterie”, ma però attento alla degenerazione a frivolo rococò. Questo avvicinamento al “galante” è visibile in questa Cantata. Le quattro arie sono tutte improntate a modelli ritmici di danze: “Polonaise” in quella del tenore (Nr.3), “Menuet” in quella del soprano (Nr.5), “Passepied” quella del contralto (Nr.10), mentre la meno individuabile risulta essere l’aria del basso (Nr.13) che, tuttavia, con il suo insistente moto per terzine, la si può assimilare a una “Gigue” nel tempo di 4/4, raro, ma comunque impiegato da Bach in altre opere.
Parte Prima
Nr.1 – Coro
I poveri mangeranno e saranno
saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano;
viva il loro cuore per sempre.
Nr.2 – Recitativo (Basso)
A che serve la maestà della porpora
quando se n’è andata?
A che serve la più grande opulenza,
data che tutto ciò che vediamo
dovrà scomparire?
A che serve la vana voluttà dei sensi,
quando i nostri stessi corpi dovranno passare?
Ah, come accade presto,
che ricchezza, piacere, lussuria
conducono lo spirito all’inferno!
Nr.3 – Aria (Tenore)
Gesù sia tutto per me!
La mia porpora è il suo prezioso sangue,
lui è il mio bene supremo,
e l’ardore del suo amore
è per me il più dolce vino di gioia.
Nr.4 – Recitativo (Tenore)
Dio abbassa ed eleva
nel tempo come nell’eternità.
Chi cerca il cielo in questo mondo,
sarà maledetto.
Ma chi quaggiù trionfa sull’inferno
conoscerà la gioia dell’aldilà.
Nr.5 – Aria (Soprano)
Accetto la mia sofferenza con gioia.
Chi i tormenti di Lazzaro
sopporta pazientemente,
gli angeli lo porteranno con loro.
Nr.6 – Recitativo (Soprano)
Se Dio gli dona la saggezza,
un cristiano può trasformare
una piccola cosa in una grande gioia.
E se anche lo conduce alla morte dopo lunghe
pene, questo è in fin dei conti un bene.
Nr.7 Coro
Ciò che Dio fa, è ben fatto;
dovessi anche ingoiare il calice
che a me sembra più amaro,
non devo avere paura,
perché alla fine
un dolce conforto
verrà a consolare il mio cuore;
tutte le pene spariranno.
Parte seconda
Nr.8 – Sinfonia
Nr.9 – Recitativo (Contralto)
Una cosa sola affligge
la coscienza di un cristiano:
pensare alla debolezza del suo spirito.
Essa crede certo alla bontà di Dio,
che fa nuove tutte le cose;
ma le manca la forza
di produrre i suoi frutti
per la vita ultraterrena.
Nr.10 – Aria (Contralto)
Gesù rende ricco il mio spirito.
Se il suo Spirito egli mi dona,
non ho bisogno di null’altro;
la mia vita sarà prospera.
Gesù rende ricco il mio spirito.
Nr.11 – Recitativo (Basso)
Solo chi resta in Gesù,
e rinnega se stesso,
per praticare nella fede
l’amore di Dio,
lui, quando i beni del mondo scompariranno,
troverà se stesso e troverà Dio.
Nr.12 – Aria (Basso)
Il mio cuore crede e ama.
Le dolci fiamme di Gesù.
da cui provengono le mie,
mi avvolgono,
egli si è a me donato.
Nr.13 – Recitativo (Tenore)
O povertà , che non uguaglia alcuna ricchezza!
Quando dal nostro cuore
il mondo si ritira
e Gesù da solo governa
allora un cristiano è condotto a Dio!
Fa, o Dio, che tutto ciò non vada perduto!
Nr.14 – Coro/Corale
Ciò che Dio fa, è ben fatto,
a questo mi terrò.
Se lungo il duro cammino
incontrerò difficoltà, miseria, morte
so che Dio mi prenderà
come un padre
tra le sue braccia;
per ciò è lui che lascio agire.
Traduzione Emanuele Antonacci