Verona, Teatro Filarmonico, Stagione Sinfonica 2023
Orchestra della Fondazione Arena di Verona
Direttore Valentin Uryupin
Pianoforte Costanza Principe
Sergej Rachmaninov: Concerto n. 4 in sol minore per pianoforte e orchestra op. 40; Dmitri Šostakóvič:Sinfonia n. 6 in si minore op. 54
Verona, 12 maggio 2023
Un programma interamente russo quello scelto da Fondazione Arena per il 9° concerto della stagione sinfonica; la scelta ricade su due dei maggiori compositori sovietici accomunati dall’insofferenza verso il potere governativo e le restrizioni imposte alla loro musica. La Rivoluzione Russa e il disinteresse di Lenin, più attento alle riforme che alle arti, portò ad una brusca frenata delle stesse che, nelle intenzioni del potere dovevano avere solo funzione patriottica e celebrativa. Rachmaninov pagò la posizione antirivoluzionaria con la messa al bando delle sue composizioni; inizialmente intenzionato ad allontanarsi temporaneamente, a seguito dell’uccisione della famiglia imperiale decise di trasferirsi definitivamente con la famiglia negli Stati Uniti da dove non farà mai più ritorno. Qui intensificò la sua attività di concertista mentre quella compositiva si ridusse drasticamente a causa di una pervasiva malinconia dovuta alla lontananza dalla sua patria. La nostalgia per la terra natale fu il duro prezzo pagato dal compositore per il quale ogni nuovo lavoro rappresentava un enorme sforzo creativo condizionato da incertezze, dubbi e ripensamenti che nemmeno la vicinanza di altri musicisti russi anch’essi emigrati come Stravinsky, Medtner e Horowitz, riuscirono a mitigare. Il Concerto n. 4 per pianoforte e orchestra op. 40 è una delle opere più tormentate di Rachmaninov: completato nel 1926, fu rielaborato due anni dopo per giungere nel 1941 alla terza e definitiva versione; non particolarmente amato dal pubblico dell’epoca, si discosta dal secondo e dal terzo concerto per la minore ampiezza architettonica sonora a favore di un linguaggio sinfonico più scarno, schietto, inquieto e poco indulgente al lirismo di ampio respiro. Al Filarmonico è stata presentato da Costanza Principe, ormai consacrata a livello internazionale e debuttante a Verona, che ha saputo stemperare il difficile virtuosismo comunque presente con la dolcezza e la vivida passionalità dell’afflato melodico. La giovane pianista riesce proprio in quello che è forse il compito più arduo di questa partitura: non quello di uno scontro epico con l’orchestra (come nel monumentale Terzo concerto) bensì instaurando un dialogo con essa ed inserendosi con intelligente cantabilità nelle sottili trame delle famiglie strumentali. Il risultato è sorprendente, quasi un ideale ricongiungimento musicale postumo dell’autore alla madre patria, ampiamente salutato dai vibranti applausi del pubblico al quale la Principe ha concesso come bis un delicato brano di Nikolaj Medtner. La seconda parte vedeva l’esecuzione della Sinfonia n. 6 in si minore op. 54 di Dmitri Šostakóvič, compositore che ebbe sempre un rapporto travagliato con il governo sovietico (sanato solo dopo la morte di Stalin) per il quale la sua musica era “perversa, formalistica e antipopolare” e che di fatto fu soggetta a pesanti limitazioni; questo fece sì che le sue opere fossero bene accolte dal pubblico ma levigate da una certa critica allineata al regime. Questa sinfonia si allontana dal modello consueto per sperimentare nuove soluzioni, scardinando gli ordini costituiti ed aprendosi ad un nuovo linguaggio formale che abbandona la tensione emotiva per un tono gioioso e contamplativo. Non è difficile ravvisare in questo Šostakóvič una certa ironia e sarcasmo, come nella contrapposizione tra il disteso Largo di richiamo mahleriano ed una strizzatina d’occhio alla verve di Rossini. Al di là di ciò che il compositore ha voluto dire con questa sinfonia rimane comunque alta la lettura fornita da Valentin Uryupin, debuttante anch’egli alla guida dei complessi della Fondazione Arena; il maestro, che vanta già una carriera internazionale di tutto rispetto, ha ricavato dall’orchestra tutto l’intenso lirismo dei momenti distesi e la garbata ironia che riveste l’Allegro e il Presto, per un’esecuzione viva e brillante grazie anche al prezioso apporto delle prime parti dei fiati. Le capacità di Uryupin si è resa evidente anche nell’interazione empatica con il pianoforte della prima parte, creando un tessuto sonoro sul quale si sono potuti inserire i ricami solistici. Pubblico ancora una volta non numeroso, a dispetto di un’offerta musicale tutt’altro che banale e scontata: eppure questa programmazione è il frutto di una scelta che va senz’altro nella direzione giusta. Foto Ennevi per Fondazione Arena