Verona, Teatro Filarmonico: tra Ottocento e Rococò con Sara Airoldi e Nicola Paszkowski al debutto con l’Orchestra di Fondazione Arena

Verona, Teatro Filarmonico, Stagione Sinfonica 2023
Orchestra della Fondazione Arena di Verona
Direttore Nicola Paszkowski
Violoncello Sara Airoldi
Felix Mendelssohn-Bartholdy: Ouverture in do maggiore op. 101 “Trompeten-Ouverture”; Piotr Il’ic Ciajkovskij: Variazioni su un tema rococò op. 33; Franz Schubert: Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore D 485
Verona, 28 aprile 2023
Il talento precoce di Felix Mendelssohn, già largamente espresso all’età di quindici anni e consacrato due anni più tardi con l’Ottetto per archi op. 20 e la prodigiosa Ouverture dal Sommernachtstraum comprende anche la Trompeten Ouverture op. 101 scritta nel 1826, la prima ouverture da concerto in senso stretto, ossia brano autonomo non riconducibile a riferimenti esterni. Proprio la fanfara trionfale degli ottoni ha aperto il settimo concerto sinfonico della Fondazione Arena ad introduzione di un programma godibilissimo che dimostra un’oculata programmazione extralirica apprezzata da un pubblico non ancora da tutto esaurito ma comunque sensibile ed attento. A seguire vi erano le deliziose Variazioni su un tema rococò op. 33 di Ciaikovskji nelle quali il compositore russo rielaborò lo stile strumentale del Settecento in modo personale; affidate al violoncello solista, la cui tecnica Ciakovskji conosceva pochissimo, per la loro stesura si avvalsero della consulenza del virtuoso tedesco Wilhelm Fitzenhagen, al quale Ciaikovskji si rivolse. Costui diede i consigli richiesti, intervenendo anche drasticamente sulla partitura di cui fu il primo esecutore a Mosca nel 1877 con un successo clamoroso: I successivi ed ulteriori rimaneggiamenti di Fitzenhagen esaltavano il virtuosismo violoncellistico ma allontanavano l’opera dal pensiero originale dell’autore che nonostante identificasse in Mozart il suo modello stilistico creò comunque una composizione coerente e non una banale imitazione dello stile classico. L’esecuzione delle variazioni era affidata a Sara Airoldi, primo violoncello della Fondazione, dotata di una tecnica invidiabile capace di risolvere i passaggi impervi della parte ma in grado di esaltare la cantabilità e il lirismo di cui Ciaikovskji certo non difettava; una prova decisamente superba la sua, salutata calorosamente dal pubblico al quale è stato concesso un bis, la parafrasi dall’opera Pagliacci di Roberto Corlianò. La seconda parte del concerto era dedicata a Schubert con la Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore D 485, scritta nel 1816 per una piccola orchestra di dilettanti; questo giustifica l’organico, insolitamente privo di clarinetti, trombe e timpani. Il modello è inequivocabilmente riconducibile a Mozart e Haydn (quest’ultimo soprattutto nell’Allegro vivace finale) anche se il diciannovenne Schubert rielaborò lo stile dei suoi predecessori in un linguaggio musicale originale e personalissimo. Concertatore della serata era Nicola Paszkowski, debuttante a Verona ma forte di un’ampia esperienza nelle produzioni liriche e sinfoniche di mezzo mondo: una lettura molto approfondita, soprattutto nel dialogo con il violoncello in Ciaikowskji, attenta a lasciare le libere perorazioni solistiche accompagnandole con garbo, discrezione ed eleganza. Non meno degne di nota le esecuzioni di Mendelssohn (con gli ottoni sugli scudi) e Schubert, quest’ultima forse la migliore per resa e colore orchestrale. Da sottolineare ancora una volta la prestazione dell’orchestra veronese, eccellente per equilibrio fonico, soprattutto nella sinfonia schubertiana resa davvero bella dalla pulizia di suono e per entusiasmo e passionalità romantica. Pubblico non numeroso, come già detto, ma il cui interesse dimostrato incoraggia a continuare su questa strada, con proposte tradizionali alternate ad alcune rarità quando non addirittura prime esecuzioni assolute. Foto Ennevi per Fondazione Arena