Venezia, Teatro Malibran, Lirica e Balletto, Stagione 2022-2023
“ACQUAPROFONDA”
Libretto di Giancarlo De Cataldo
Musica di Giovanni Sollima
Serena FEDERICA LIVI
Balena/Madre BENEDETTA MAZZETTO
Guardiano VINCENZO SPINELLI
Vecchio Marinaio ANDREA GERVASONI
Padron Bu MARCO TOMASONI
Pesciolini/Seguaci di Padron Bu LUISA BERTOLI, DAVIDE CAPITANIO, CLAUDIO GIOVANI, ANTONELLA PETILLO
Orchestra 1813 del Teatro Sociale di Como
Coro dei ragazzi
Direttore Massimo Fiocchi Malaspina
Regia Luis Ernesto Doñas
Scene Chiara La Ferlita
Costumi Elisa Cobello
Luci Camilla Piccioni
Nuova opera commissionata da AsLiCo in coproduzione con Teatro dell’Opera di Roma
Venezia, 29 aprile 2023
Dopo poco più di un anno dalla prima assoluta romana (Teatro Nazionale, 3 dicembre 2021), ha debuttato a Venezia, nell’ultimo scorcio di aprile, Acquaprofonda, opera “civica” contemporanea per ragazzi di Giovanni Sollima, che nel 2022 si è aggiudicata il premio “Filippo Siebaneck” – destinato a iniziative di particolare rilievo nell’ambito della didattica musicale e/o dell’avviamento professionale dei giovani – all’interno della quarantunesima edizione del Premio Abbiati. Composta su libretto di Giancarlo De Cataldo, Acquaprofonda si prefigge di sensibilizzare i più giovani rispetto a un problema attualissimo e di grande impatto sulla vita di tutti noi, quello dell’inquinamento delle acque, (in particolare l’inquinamento causato dalla plastica). L’opera è andata in scena, al Teatro Malibran, nell’allestimento AsLiCo, realizzato in coproduzione con il Teatro dell’Opera di Roma. In preparazione allo spettacolo – che prevedeva diversi momenti in cui i ragazzi potevano cantare insieme ad attori e cantanti – era disponibile sul sito del Teatro La Fenice, un accattivante kit esplicativo.
Semplice ma pregnante è il testo, realizzato da Giancarlo De Cataldo, alle prese con il suo primo libretto d’opera. Particolarmente colpito dalla silenziosa e tremenda strage di balene che si consuma ogni anno e della quale l’inquinamento delle acque è la causa principale, il magistrato, scrittore, sceneggiatore e drammaturgo tarantino (noto per il suo Romanzo criminale, trasposto in film e serie televisive) ha scelto come simbolo di questo tremendo degrado una grande, poetica Balena, dotata di una voce sublime, che – a furia di ingoiare plastica – sta morendo su una spiaggia, su cui incombe, sinistra, una fabbrica con la sua torre. Lì sorge anche un’umile casetta, dove abita assieme al padre – timoroso guardiano dello stabilimento industriale – Serena, un’intraprendente ragazzina, che si prende cura dell’enorme cetaceo, il cui canto malinconico le ricorda la voce della madre, morta precocemente. Con la determinazione di una Greta Thunberg, Serena – aiutata dal saggio Vecchio Marinaio, da una schiera di pesciolini e dal padre, che alla fine trova il coraggio di ribellarsi – salverà la balena, liberandola dal materiale ingerito (in cambio il cetaceo le lascerà in dono la madre), così come ripulirà dalla plastica l’ambiente marino, vincendo la sua battaglia contro Padron Bu, l’avido padrone della fabbrica, che inquinava le acque.
Lo spettacolo, ideato da Luis Ernesto Doñas, schiude un “universo di realismo magico”, funzionale a suscitare l’interesse di un pubblico fondamentalmente di preadolescenti per una problematica di grande attualità, in una dimensione temporale tra passato e presente. In particolare, lo spettacolo guarda all’estetica “steampunk”, un sottogenere della narrativa fantascientifica, che introduce in un’ambientazione passata immaginarie tecnologie avveniristiche (nella fattispecie improbabili marchingegni industriali). Il tutto si traduce in una messinscena coloratissima e dalle forme stilizzate, al pari di certe illustrazioni presenti nei libri di fiabe. Lo stesso fascino fiabesco emana dal materiale musicale proposto da Giovanni Sollima, che contamina stili diversi, passando dalla musica classica al Rock, al Metal. Il tema ecologico dell’acqua diventa spunto per esplorazioni stilistiche ma anche strumentali, qui declinate in funzione didattica. Con la sua inventiva il violoncellista e compositore palermitano ricrea le sonorità degli abissi, utilizzando una lamina sfregata da un archetto, o cita ironicamente Mozart – l’aria del catalogo di Leporello (Don Giovanni) o l’episodio in cui Figaro misura la stanza destinata a lui e Susanna (Le nozze di Figaro), per dileggiare Padron Bu, nel momento in cui conta avidamente il denaro guadagnato. I giovani spettatori – sempre lodevolmente attenti – hanno interagito con garbato entusiasmo, stimolati dal volonteroso direttore d’orchestra e da figuranti dai costumi variopinti, che – in corrispondenza dei cori – sfilavano (e cantavano essi stessi) tra il pubblico, reggendo degli ombrellini rovesciati con pendenti – piccoli organismi acquatici – in plastica colorata.
Massimo Fiocchi Malaspina ha guidato con autorevolezza l’Orchestra 1813 del Teatro Sociale di Como, ottenendo un’esecuzione scattante nei ritmi e sempre ineccepibile nel rendere i particolari impasti timbrici e nell’adeguarsi ai diversi generi musicali previsti dalla partitura. Instancabile nel suo esplicito gesto direttoriale, ha trovato una perfetta intesa con il palcoscenico e con il coro dei ragazzi, costituito dai giovani spettatori presenti in sala.
Meritano un encomio tutti gli interpreti: il soprano Federica Livi (la “turchina” Serena) sempre chiara nel fraseggio ed espressiva nei passaggi di sottile lirismo come nel diffuso declamato; il mezzosoprano Benedetta Mazzetto (la Balena/la Madre), che ha brillato nelle tristi melodie a lei affidate; il tenore Vincenzo Spinelli (il Guardiano), che sa trovare il giusto accento nel passare dalla rassegnazione alla lotta; il baritono Andrea Gervasoni (il Vecchio marinaio) che, nel suo canto, ha unito pacatezza e risolutezza; il basso Marco Tomasoni (Padron Bu) comico ed istrionico, oltre che duttile nell’affrontare la poliedricità anche stilistica della sua parte. Un encomio meritatissimo va anche a Luisa Bertoli, Davide Capitanio, Claudio Giovani, Antonella Petillo (i Pesciolini/i Seguaci di Padron Bu). Successo pieno, decretato da grandi e piccini.