Torino, Auditorium RAI: Kirill Petrenko per l’ultimo concerto di stagione dell’orchestra RAI

Auditorium RAI “Arturo Toscanini” di Torino.Stagione Sinfonica 2022-23.
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore 
Kirill Petrenko
Alban Berg: Drei Orchesterstücke op.6;  Jean Sibelius: “Lemminkäinen” Suite op.22
Torino 24/25 maggio 2023
Kirill Petrenko si è guadagnato una posizione eminente tra i direttori di riferimento dei nostri anni. Sempre a capo di teatri e orchestre prestigiose, passando da Vienna a Magonza, da Monaco a Berlino è finalmente approdato sul prestigioso podio dei Berliner Philharmoniker. Le stagioni sinfoniche della RAI lo hanno ospitano, con una certa regolarità, a partire da quel maggio del 2001 in cui sconosciuto rimpiazzò, nella direzione del Rosenkavalier, Giuseppe Sinopoli, da poco deceduto. Allora il successo fu inatteso e clamoroso, con altrettanto calore fu poi accolto nei passaggi successivi con Wagner, Čaikovskij, Richard Strauss e Mozart. In questa tre giorni del maggio 2023, venerdì 26 ci sarà la terza data a Brescia, per festeggiarne la designazione a capitale della cultura, il cartellone elenca due pezzi di non frequente esecuzione e quindi poco conosciuti dal pubblico. Il sempre problematico Alban Berg dei tre pezzi per orchestra op 6 e l’enigmatico Sibelius della suite Lemminkäinen con le sue gelide lande desolate. Forse, oltre alla pioggia, sono stati questi titoli difficili e desueti a tener lontani dall’Auditorio molti tra gli abbonati e gli abituali frequentatori dei concerti RAI. La serata di mercoledì fu particolarmente disertata, forse non più di un terzo delle poltrone vantavano un occupante; giovedì è andata parzialmente meglio, le presenze sfioravano il cinquanta per cento della capienza. Il maestro Petrenko, dei pezzi in locandina, ci ha dato interpretazioni folgoranti che hanno entusiasticamente esaltato i ben noti pregi della splendida OSN RAI, mostratasi, ancora una volta, ai vertici delle compagini sinfoniche in attività. Ambedue le serate sono state aperte dal maestro Ernesto Schiavi, direttore artistico dell’Orchestra, con un commosso omaggio alla Romagna e alle sue popolazioni alluvionate. Il sollecitato e doveroso minuto di silenzio e di meditazione ha coinvolto così tutto il pubblico. Lo stesso Schiavi, in solido col maestro Petrenko e l’Orchestra, ha poi illustrato i punti emblematici del brano di Berg, iniziativa che, vista le difficoltà dell’opera, si è rilevata quanto mai opportuna. Un nodo ha stretto la gola di Petrenko nel ricordare che il pezzo di Berg è del 1914, inizio della “grande carneficina”. Inevitabile, sempre secondo PetrenKo, l’accostamento a quanto sta ora ancora accadendo entro i confini d’Europa. Schönberg non perdonava ai tre pezzi per orchestra op.6 dell’allievo la troppa vicinanza alla musica di Mahler. Berg, per non ferire l’irascibile maestro, tale consonanza non la vantava ma, con convinzione, la praticava. Erano ormai trascorsi dieci anni dalla sesta sinfonia di Mahler (1903), a cui i tre pezzi si riportano sovente, e si era inesorabilmente passati dall’autocommiserazione individuale di Gustav al terrore generale per l’approssimarsi del conflitto. Il colpo di martello che chiude il terzo e ultimo movimento, Marcia, non fa pensare, come nel modello, ad una possibile battuta di humor nero, ma certifica la definitiva catastrofe collettiva. Berg, mostrando sempre la sua natura compassionevole, immerge il flusso dei tre movimenti dell’opera in un’atmosfera di sgomento e paura condivisa. Non è osservatore isolato che annota e descrive, ma sofferente compartecipe del disastro. Solo in un secondo tempo, quando il massacro sarà ormai compiuto e ci saranno ovunque solo macerie materiali e morali, tenterà, adottando la tecnica dodecafonica, di partecipare alla ricostruzione. Nella demiurgica visione di Schönberg, la nuova tecnica dei dodici suoni avrebbe dovuto trasformare radicalmente il linguaggio musicale, rifondando una cultura artistica rigenerata. Quanto fosse avventata questa previsione è ormai inesorabilmente chiaro. Anche Petrenko, come Berg, si riferisce, con la sua interpretazione, al mondo delle sinfonie di Mahler. Smussa gli spigoli di una tonalità incerta che rifiuta un centro di gravità rassicurante. Unisce e confonde le varie linee orizzontali valorizzando, per quanto possibile, le “cavate” orchestrali e gli sprazzi di celata cantabilità. Il risultato, meno contundente dell’abituale, è sicura testimonianza della compassione che autore e interprete sottendono all’opera. Non si scorgono né eroismo né redenzione finale, l’umanità è inesorabilmente soccombente. C’è poco da festeggiare alla fine, rimane da ammirare con gratitudine l’eccellenza della proposta esecutiva. Irritano, in questi casi, gli applausi frettolosamente lanciati sull’ultimo accordo quando invece ci si mostrerebbe, ben più consapevoli e grati agli esecutori, mantenendo il silenzio per alcuni secondi. Con la sua lunga Suite Lemminkäinen, Sibelius, negli ultimi anni dell’Ottocento, ci delizia con abbondante splendore timbrico e coloristico. Gli icastici temi cantabili si mostrano sempre melodicamente piacevoli ma le loro ripetute riprese, pur galleggianti su un sottofondo orchestrale ammaliante, possono portarci allo sfinimento. l’OSN RAI e Petrenko suscitano dal vento che accompagna e avvolge la seconda sezione della suite e dalla brezza che timidamente increspa le acque su cui scivola il canto del cigno di Tuonela, un fascino e una bellezza sonora non più dimenticabili. Il Corno Inglese, di Teresa Vicentini, che a tale canto dà anima, completa magnificamente l’ammaliante quadro. Colpisce dell’orchestra la continua mobilità dinamica: onde sonore dominate e curate allo spasimo dall’instancabile sensibilità del braccio sinistro del direttore. Petrenko crea un’intima amalgama tra le sezioni orchestrali che concordemente costruiscono l’affascinante paesaggio sonoro. Gli archi paiono un’unica sezione tanto son compenetrati tra di loro e gli strumentini vi si uniscono con assoluta naturalezza. Impegno principale degli ottoni e delle percussioni pare essere quello di dare un suono ben timbrato pur rimanendo rispettosamente “occultati” nel corpo orchestrale. Le individualità soffrono a vantaggio di una strepitosa resa del “tutti”. Non si ricorda di aver mai udito un suono di tal fascino da parte dell’OSN RAI. Il successo convinto si trasformerebbe in trionfo se le fila del pubblico fossero folte a dovere, come la circostanza avrebbe meritato. Gli orchestrali, nel corso dei ripetuti applausi finali, plaudenti si uniscono al pubblico nel congratularsi e ringraziare un Petrenko assai commosso.