Milano, Teatro Elfo-Puccini: “Riccardo III

Milano, Teatro Elfo-Puccini, Stagione 2022/23
RICCARDO III”
da William Shakespeare nella traduzione di Tamara Török
Riccardo, duca di Gloucester PAOLO PIEROBON
Hastings MATTEO ALÌ
Giorgio, duca di Clarence/ Arcivescovo STEFANO GUERRIERI
Cecilia Neville MANUELA KUSTERMANN
Anna Neville LISA LENDARO
Catesby/ Primo Sicario NICOLA LORUSSO
Rivers/ Tyrrell/ Sicario ALBERTO BOUBAKAR MALANCHINO
Elisabetta Woodville ELISABETTA MAZZULLI
Stanley NICOLA PANNELLI
Margherita di Lancaster MARTA PIZZIGALLO
Edoardo IV/ Presidente della Corte Suprema FRANCESCO BOLO ROSSINI
Buckingham JACOPO VENTURIERO
Edoardo V d’Inghilterra ALESSANDRO BONARDO (in video)
Riccardo, duca di York TOMMASO LABIS (in video)
Regia Kriszta Székely
Adattamento Ármin Szabó-Székely
Scene Botond Devich
Costumi
Dóra Pattantyus
Luci
Pasquale Mari
Suono
Claudio Tortorici
Video
Vince Varga
Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Teatro Stabile di Bolzano / ERT – Teatro Nazionale
Milano, 28 marzo 2023 – Prossime date 
Una delle sfide più ardue ed attuali del teatro europeo è la mediazione tra clasico e contemporaneo: fino agli anni Novanta questo ingrato compito era affidato ai drammaturghi, che, con risultati interessanti quanto alterni, hanno costellatto il Secondo Novecento di riscritture, adattamenti et similia. Negli ultimi trent’anni, invece, forse per penuria drammaturgica, sono stati i registi a sobbarcarsi questa missione, creando talvolta dei veri e propri monstra, tal altra qualche rivisitazione azzeccata. È senza nessuna effettiva aspettativa, dunque, che assistiamo alla recita di “Riccardo III” all’Elfo di Milano, e, forse proprio per questo, rimaniamo profondamente colpiti. Il testo viene sostanzialmente mantenuto nella parola ma cambiato nella forma: una traduzione più attuale che prevede pochissimi riferimenti storici, alcuni tagli per evitare lo spettacolo-fiume, e soprattutto una commistione di forme artistiche inaspettata e gestita con grande cura – teatro “tradizionale”, metateatro, video in presa diretta, show televisivo. Un plauso convinto a Vince Varga per gli apporti video, a Botond Devich per la scena ultrafunzionale, ma soprattutto ad Ármin Szabó-Székely per aver costruito un adattamento in grado di non tradire minimamente né la parola né l’intento originali, ma al contrario offrirci una visione nuova, a tratti molto convincente, del rapporto tra potere e comunicazione. Le luci di Pasquale Mari e la regia di Kriszta Székely si incastonano su questo adattamento creando effetti originali ed inquietanti, atmosfere cinematografiche a cavallo tra Sorrentino e Lantímos, patinato e grottesco, alto e basso, in un mélange ipnotico e perverso che riesce a farci digerire anche i lunghi monologhi di argomento politico e le diverse ingenuità che il testo ancora presenta. Già, perché nonostante “L’inverno del nostro scontento” sia uno degli incipit più celebri della letteratura di ogni tempo – qui, peraltro, saggiamente postposto di un paio di scene, per dargli ancora più visibilità –, “Riccardo III” è un testo del giovane Shakespeare (che sullo stesso tema, dieci anni dopo, partorirà il più snello, allucinato e corrosivo “Macbeth”), e, come spesso i testi giovanili, riserva non pochi momenti morti, o al limite dello stereotipo. La regia li aggira tutti con molta leggerezza, tranne alcuni, su cui anzi carica, snudando il cô disperatamente comico dell’atmosfera opprimente e nera che domina tutto il testo. Il cast è stato scelto tutto oculatamente per portare avanti proprio questo gioco di contrasti: magistrale Paolo Pierobon in ogni suo momento, ruba la scena anche solo con la presenza, con la postura, lo sguardo sghembo e feroce; l’intonazione, la voce grattata, la padronanza totale della parola fanno il resto. Gustosamente delirante è la Margherita di Lancaster di Marta Pizzigallo, dai toni marcati, l’espressione stralunata e la voce perfettamente odiosa nella cadenza. Prendiamo atto che il tempo non ha intaccato il già comprovatissimo talento di Manuela Kustermann, la quale, se da principio sembra semplicemente recitare se stessa, poi sviscera una ancora viva voglia di mettersi in gioco, spingere sui propri limiti – quante attrici di tale esperienza dimostrano la stessa inclinazione? Chapeau. Affascinante, tormentato e sottile è anche il Buckingham di Jacopo Venturiero, così come giustamente lamentoso e sfiancante nel suo stucchevole moralismo l’Edoardo di Francesco Bolo Rossini (che si presta pure a un esasperato full frontal di contrizione). Lisa Lendaro è una convincentissima Anna Neville nella scena paradossale della seduzione – fedelissima all’originale –, forse un po’ troppo caricata nel resto dello spettacolo, ma certo funzionale alla rappresentazione del potere che la regia vuole comunicare (Anna Neville, infatti, da inconsolabile vedova di guerra, qui diviene bambolona televisiva strumentale all’ascesa di Riccardo). Il resto del ricco cast si muove su un livello di professionalità altissima e non offre alcuno spunto per evidenti sbavature o fratture nel gioco scenico. Tuttavia, è proprio questo gioco scenico l’aspetto meno scontato, e anche quello che può sollevare più di un dubbio: si cavalca molto, infatti, in questa resa ipercontemporanea, l’uso dei mass media, social inclusi, nella nefasta scalata al potere di un personaggio disdicevole; alcuni nasi si storcono, quando si inscena un talk show televisivo sul palco, così come il pubblico rimane di ghiaccio quando Riccardo gli si rivolge direttamente per ottenere grida di consenso. Se la contaminazione formale si mostra ineccepibile, da ogni punto di vista, l’inserimento della contemporaneità sul piano contenutistico, invece, desta più di una perplessità. Noi, detto fuori dai denti, abbiamo apprezzato quasi tutto – forse si poteva maggiormente contenere l’istrionismo di alcuni, questione di un paio di scene – ma il campo che la Székely e Szabó-Székely attraversano è minato, e, onestamente, non possiamo asserire che ogni tanto non si rischi di saltare in aria. Secondo noi, coi tempi che corrono, è un rischio, comunque, cui val la pena di esporsi. Foto Luigi De Palma