Venezia, Teatro La Fenice: Donato Renzetti interpreta Malipiero e Puccini

Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2022-2023
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Direttore Donato Renzetti
Maestro del Coro Alfonso Caiani
Tenore Saimir Pirgu
Baritono Simone Del Savio
Gian Francesco Malipiero: “Sinfonia del mare”
Giacomo Puccini: Messa di Gloria per soli, coro e orchestra
Venezia, 24 marzo 2023
Due lavori di formazione costituivano il programma di questo concerto, diretto dall’esperto Donato Renzetti, tra i più autorevoli direttori di scuola italiana nel panorama internazionale: la Sinfonia del Mare, firmata dal ventiquattrenne Gian Francesco Malipiero, e la Messa di Gloria, composta dal ventiduenne Giacomo Puccini.
Nella poetica di Gian Francesco Malipiero convivono elementi preclassici e antiromantici, mentre è assente ogni sviluppo tematico, a favore di un discorso di tipo rapsodico, con soluzioni armoniche e timbriche mutuate da compositori come Debussy e Stravinskij. Alcuni tratti del linguaggio maturo di Malipiero emergono già nelle tre sinfonie giovanili, scritte tra il 1906 e il 1910: la Sinfonia del mare, la Sinfonia degli eroi e le Sinfonie del silenzio e de la morte. Se lo stesso autore ripudiò tali composizioni, egli riservò alla Sinfonia del mare un trattamento di riguardo, visto che acconsentì alla sua esecuzione a Utrecht, nel 1928. Anche se non ebbe la possibilità di ascoltare La Mer di Debussy – la cui prima esecuzione precedette di pochi mesi l’inizio della composizione di questa partitura giovanile –, il Maestro veneziano dimostrò con questo lavoro di essere aggiornato su quanto avveniva allora nel panorama musicale europeo. Efficace quanto sensibile ed essenziale è risultato il gesto direttoriale di Renzetti nella sua lettura di questo “poema sinfonico” senza un programma extramusicale – a parte la parola “navigando”, apposta sul manoscritto – ,costituito da una materia orchestrale fluida e variegata, ad evocare il mare, ora calmo ora agitato. Particolarmente espressiva e disciplinata si è dimostrata la compagine orchestrale nel caratterizzare le varie sequenze in cui si articola il discorso musicale: da un iniziale ondeggiare degli archi con sordina, punteggiato da armonici dell’arpa (Andante sostenuto), a un episodio orchestrale scintillante (Allegro scherzoso, mosso), dominato da legni acuti e archi “pizzicati”, a un tema dal sapore esotico, intonato da clarinetti e viole, a un’espansione lirica (Sostenuto), suggellata da un espressivo assolo del violino, a un episodio movimentato (Allegro con brio), con fanfare di trombe, culminante in un “precipitando” verso la conclusione della sinfonia, dove un episodio trionfale (Festivo), basato su un tema esposto dai legni e poi da tutta l’orchestra, ha preceduto un epilogo lento e cupo (Andante funebre), chiuso da flauto solo e piatti, ad evocare una sorta di folata di vento.
Quanto alla messa pucciniana, essa rappresenta la prima composizione di rilievo del Maestro lucchese, risalente agli anni in cui era ancora allievo presso l’Istituto Musicale della sua città: dunque non di un’opera si tratta, bensì di una partitura di musica sacra. Un simile esordio non deve stupire, visto che Giacomo era l’ultimo rampollo di una dinastia di musicisti di chiesa, che ebbero i natali nella città toscana. L’approccio compositivo era, dunque, in linea con le tradizioni di famiglia. Ma ben presto – galeotta fu una rappresentazione dell’Aida, cui riuscì ad assistere l’11 marzo 1876 dopo un viaggio alquanto rocambolesco, a piedi, da Lucca a Pisa – il giovane si rese conto che la sua vera vocazione era quella per il teatro musicale, cui si dedicherà tutta la vita. Nel frattempo (1880) compose, per il suo saggio di diploma all’Istituto Musicale lucchese, una Messa a quattro voci (meglio conosciuta come Messa di Gloria), che fu eseguita il 12 luglio 1880, durante l’ufficio religioso in onore della Festa di San Paolino, patrono di Lucca, riscuotendo notevole successo. Ma fu l’unica esecuzione avvenuta mentre l’autore era in vita.
Composta di cinque sezioni (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus et Benedictus, Agnus Dei), la Messa coniuga il carattere liturgico a quello teatrale, l’abilità nel contrappunto alla cantabilità, avendo come precedenti la Petite messe solennelle di Rossini e il Requiem di Verdi. Direttore, orchestra, coro e solisti vocali hanno brillato nell’esecuzione di questa Messa, mettendone in evidenza l’atmosfera diffusamente luminosa, la ricchezza di colori e di sorprese musicali, tra cui tanti cambi di tonalità. Il Kyrie si è aperto con una delicata introduzione degli archi, a preparare il lirico “Kyrie eleison”, cui ha fatto da contrasto il più energico “Christe eleison” – protagonista il coro, ben istruito dal maestro Caiani, encomiabile qui come altrove per musicalità e fraseggio. Nel Gloria – che occupa quasi la metà della Messa – il coro si è nuovamente fatto apprezzare, nell’intonare il gioioso tema iniziale (“Gloria in excelsis”), che definisce il carattere del movimento, mentre il tenore Saimir Pirgu, nel suo successivo drammatico assolo (“Gratias agimus”), ha sfoggiato una voce squillante e un deciso carattere interpretativo, prima di una ripresa del tema d’apertura e, in successione, del “Qui tollis”, una melodia d’ascendenza verdiana, affidata ai bassi del coro. Un climax avvincente si è colto nel “Cum Sancto Spiritu”, un’esuberante fuga, la cui sezione finale combina il soggetto con il tema iniziale del Gloria. Ancora Saimir Pirgu si è imposto nel Credo, affrontando da par suo, con l’accompagnamento di coro e orchestra, l’“Et incarnatus est”, seguito da un lungo assolo dei bassi del coro (“Crucifixus”), e poi da interventi dell’intero coro fino alla sezione conclusiva (“Et vitam venturi”) sorprendentemente leggera e danzante. Particolarmente espressivo il coro nell’apertura maestosa del Sanctus, seguita dal vivace “Pleni sunt coeli” e poi dall’“Hosanna”, mentre il baritono Simone Del Savio ha intonato con voce gradevolmente timbrata ed omogenea il Benedictus. Un tono lieve ha percorso l’Agnus Dei, dove alla melodia cadenzata proposta con finezza da Saimir Pirgu ha corrisposto il “Miserere nobis” del Coro. Lo schema si è ripetuto con il baritono solista e infine con entrambi i solisti vocali, fino a quando la Messa si è conclusa in modo pacato e sorridente in una dimensione sospesa. Applausi ed acclamazioni a fine serata.