Trieste, Teatro Giuseppe Verdi, stagione d’opera e balletto 2022 23
“I CAPULETI E I MONTECCHI”
Tragedia lirica in due atti Libretto di Felice Romani
Musica di Vincenzo Bellini
Capellio, capo dei Montecchi VIKTOR SHEVCHENKO
Giulietta, sua figlia OLGA DYADIV
Romeo, capo dei Montecchi SOFIA KOBERIDZE
Tebaldo, partigiano dei Capuleti MARCO CIAPONI
Lorenzo, medico dei Capuleti EMANUELE CORDARO
Orchestra Coro della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Direttore Enrico Calesso
Maestro del coro Paolo Longo
Regia Arnaud Bernard
Scene Alessandro Camera
Costumi Carla Ricotti
Luci Paolo Mazzon
Allestimento della Fondazione Arena di Verona in coproduzione con la Fondazione Teatro La Fenice di Venezia e con la Greek National Opera
Trieste, 4 marzo 2023
Lo spettacolo ‘I Capuleti e i Montecchi’ andato in scena a Trieste era già stato recensito nei giorni scorsi, con i cantanti della prima compagnia. La seconda compagnia offre uno spettacolo interessante, ma decisamente diverso negli equilibri. La regia di Arnaud Bernard rimane interessante , anche grazie alle scene di Alessandro Camera, appare coerente e con una identità inattaccabile.Può piacere o meno, ma sicuramente alla direzione del Verdi va il plauso di aver proposto un importante spettacolo, che il pubblico, con una significativa partecipazione di tanti ragazzi, dopo un momento di iniziale disorientamento ha apprezzato con convinzione. Rimangono alcune perplessità sulle luci di Paolo Mazzon, mentre un plauso convinto premia i costumi di Carla Ricotti ricchi di citazioni pittoriche di grande raffinatezza. Il coro, diretto da Paolo Longo, si esprime con una apprezzata solidità vocale, alle volte fin troppo stentorea, mentre l’orchestra , con le prime parti di Paolo Rizzuto (corno), Marco Masini (clarinetto) e Matteo Salizzoni (violoncello), conferma una prova di grande valore, anche grazie alla guida sicurezza raffinata di Enrico Calesso, che dimostra una grande sensibilità, oltre che una solida conoscenza, della partitura e dello stile di Vincenzo Bellini.
Passiamo alle voci. Presenti in entrambe le compagnie: Emanuele Cordaro (Lorenzo) e Marco Ciaponi (Tebaldo). Il primo conferma corrette capacità vocali e credibilità scenica. Marco Ciaponi è autentico tenore di grazia. Forte di un confronto con un Romeo dalla voce chiara e non di grande autorevolezza vocale, riesce a creare una figura di grande spessore, un uomo innamorato, che vive la delusione del rifiuto prima e la disperazione poi. Ciaponi mette in evidenza un timbro limpido, un acuto squillante, un colore molto interessante, ma riesce a non cadere nella trappola dell’esibizione vocale, ed a plasmare una figura credibile e struggente, che già dall’aria iniziale si presenta con toccante canto d’amore, sublimato dal confronto con il colore ruvido di Cappellio.La successiva ‘L’amo tanto’ è eseguita senza ostentazione vocale, ma dimostrando un magnifico approfondimento sulla parola che, senza mai sacrificare l’aspetto musicale, permette di costruire una superlativa narrazione drammatica. Viktor Shevcenko (Capellio), offre una prova dalla difficoltosa dizione e si muove con forzata gestualità. Sofia Koberidze è Romeo. Può contare su una voce con un interessante colore, anche se decisamente muliebre; una piacevole figura ed una tecnica abbastanza ben acquisita. La cantante, ancora molto giovane, quando affronterà il giusto repertorio, sicuramente riceverà grandi e meritate soddisfazioni. Certamente in questa occasione il ruolo del Montecchi la sovrasta, sia vocalmente che scenicamente, mettendo a dura prova il registro, che scendendo perde consistenza, mentre nelle note alte si fa aspro. Da questa situazione vocale emerge il ruolo di Giulietta, una donna volitiva, che dialoga con tre uomini che non sembrano comprenderla appieno: un padre insensibile ma autoreferenziale; Tebaldo, che non riesce a vedere ricambiato il proprio amore; Romeo giovane aitante ma troppo poco incisivo. Una situazione completamente diversa da quella dell’altra compagnia, ma interessante e credibile, grazie alla prova fornita da Olga Dyadiv, che dopo una recente e discutibile incursione pucciniana, ritorna al repertorio ottocentesco, che le è più congeniale e ci regala una intensa Giulietta: educata, riservata, ma autorevole, determinata, ingenua, sensuale, spaventata, coraggiosa, arrabbiata, in una caleidoscopica tavolozza di sfumature che caratterizzano una voce che supera con bravura le difficoltà della parte, anche grazie ad una bella sintonia con la buca dell’orchestra. Il pubblico presente, con una ampia componente di giovani, ha applaudito con convinzione tutti gli interpreti con innumerevoli chiamate in scena ed un personale successi per la Dyadiv