Roma, Sala Umberto, Stagione di prosa 2022/ 2023
“IL GIARDINO DEI CILIEGI”
di Anton Cechov
con la regia di Rosario Lisma
Personaggi e Interpreti:
Ljubov’ Andreevna Ranevskaja MILVIA MARIGLIANO
Anja DALILA REAS
Varja ELEONORA GIOVANARDI
Leonid Andreevic Gaev GIOVANNI FRANZONI
Ermolaj Alekseevic Lopachin ROSARIO LISMA
Trofimov TANO MONGELLI
Firs (in voce registrata) ROBERTO HERLITZKA
Scene Federico Biancalani
Costumi Valeria Donata Bettella
Luci Luigi Biondi
Assistente alla regia Valentina Malcotti
Produzione Tieffe Teatro Milano, Teatro Nazionale di Genova, Viola Produzioni srl
PhotoCredit Laila Pozzo
Roma, Sala Umberto 21 Marzo 2023
“Superare quel che di meschino e illusorio impedisce di essere liberi e felici, ecco lo scopo e il senso della nostra vita.” (A. Checov, “Il giardino dei ciliegi”)
Il Giardino dei Ciliegi, capolavoro teatrale del grande autore russo Anton Chekhov, ha trovato nuova vita sulla scena della Sala Umberto di Roma grazie all’ originale regia di Rosario Lisma. La pièce, rappresentata con grande cura e attenzione ai dettagli, ha saputo catturare l’essenza della Russia dell’inizio del Novecento, in un’ambientazione contemporanea che ha saputo dialogare con il testo in maniera armoniosa ed evocativa senza particolari dissonanze. Il set di Federico Biancalani, su cui si muovono i personaggi del dramma, è un grande spazio chiaro dominato da una forte presenza illuminotecnica contemporanea opera di Luigi Biondi.La scena è dominata da pochi elementi scenici, ma altamente evocativi. I richiami alla “stanza dei bambini” sono evidenti, con oggetti volutamente sproporzionati rispetto alla statura dei personaggi, come se fossero ancora piccoli rispetto all’ambiente circostante. Dei grandi cubi da gioco, un trenino con le ruote ed un grande orsacchiotto di peluche sono solo alcuni degli oggetti che richiamano alla memoria i ricordi di un tempo ormai lontano. Ma il fulcro dello spazio scenico è l’imponente armadio centrale sullo sfondo, a cui Gaev, come da testo, canta le lodi come a un monumento. L’armadio è testimone del tempo felice che fu, simbolico come un dolmen sbiadito. Sempre chiuso per tutto il tempo dell’azione scenica, l’armadio diventa il punto di arrivo e di partenza di molte delle vicende che si dipanano sulla scena. Sul finale, sarà Lopachin, il nuovo proprietario, ad aprire l’armadio con le chiavi che gli avrà lanciato Varja, scontrosa e ribelle. L’apertura dell’armadio avrà conseguenze inaspettate: il suo contenuto verrà vomitato fuori, travolgendo il nuovo proprietario e aprendo la strada a un nuovo inizio. La scena è un momento di grande pathos, che restituisce al pubblico tutto il dramma e la bellezza del testo di Chekhov. La regia di Rosario Lisma ha restituito al pubblico un’opera di rara bellezza ed emotività riuscendo a coniugare l’attualità della trasposizione temporale con l’autenticità della trama originale dell’autore russo. La sua visione registica, infatti, è stata in grado di fondere armoniosamente l’ambiente moderno in cui si svolge la vicenda con la recitazione dei personaggi, creando una fusione perfetta tra i diversi elementi scenici. In particolare, la sapiente scelta di musiche contemporanee ha permesso di esaltare la drammaticità della trama, offrendo allo spettatore un’esperienza coinvolgente e intensa. La scenografia, altresì, è stata curata con grande attenzione al dettaglio, creando un ambiente perfettamente in linea con l’ambientazione moderna e seguendo il solco registico dominante, senza tuttavia snaturare la poetica dell’opera originale. La capacità di utilizzare gli spazi scenici in modo creativo ed efficace ha saputo valorizzare al meglio le scelte registico-drammaturgiche e rendere l’opera sfacciatamente attuale senza alcuna fastidiosa forzatura. Valeria Donata Bettella è una costumista di grande talento, con una straordinaria abilità nell’ideare costumi che non solo vestono i personaggi, ma che diventano parte integrante dello spettacolo stesso. Un insieme di materiali, tagli e colori scelti con grande cura e maestria. Milvia Marigliano (Ljubov’ Andreevna Ranevskaja), con la sua interpretazione, riesce a cogliere appieno l’essenza di questo personaggio complesso e struggente. La sua Ljuba è una donna che lotta con tutte le sue forze per mantenere la dignità e la speranza, nonostante le difficoltà che la circondano e chiaramente con forti limiti. La sua voce, le sue espressioni e i suoi gesti trasmettono tutta la sofferenza e la disperazione di una madre che deve fare i conti con la solitudine e la povertà. L’attrice è in grado di rendere perfettamente la contraddizione di Ljuba, divisa tra il desiderio di riscatto e la nostalgia per un passato che non tornerà mai più e la sua interpretazione si muove su questo equilibrio precario, senza mai cadere nel melodramma o nella retorica, ma mantenendo sempre una grande naturalezza e autenticità, offrendo una performance ricca di sfumature e di toni sempre diversi. Probabilmente la sua capacità di passare dal dramma alla commedia in pochi istanti è una delle caratteristiche più notevoli della sua interpretazione. Ermolaj Alekseevic Lopachin, personaggio ambiguo e contraddittorio, è stato reso in maniera magistrale dall’interpretazione di Rosario Lisma, che ha saputo imprimere alla sua prova un’ampia gamma di sfumature emotive, creando un personaggio ricco di contraddizioni e dalle molte sfaccettature. Fin dall’inizio, l’attore è stato in grado di catturare l’attenzione del pubblico, grazie alla sua recitazione intensa e coinvolgente; il suo modo di muoversi sul palco, le espressioni del viso, i toni della voce, sono stati studiati e calibrati in modo preciso per suscitare emozioni e coinvolgere la platea. Il personaggio di Gaev, interpretato da Giovanni Franzoni, rappresenta il declino del vecchio ordine aristocratico, caratterizzato da una mancanza di pragmatismo e da una visione miope del mondo. Nella rappresentazione teatrale, l’interpretazione di Franzoni dà vita ad un personaggio commovente e allo stesso tempo frustrante. Gaev è incapace di affrontare la realtà concretamente e si rifugia in una sorta di regressione infantile che lo porta a non prendere sul serio le responsabilità che gli sono affidate. L’attore riesce a trasmettere questa sensazione di impotenza e di debolezza attraverso la sua interpretazione, portando in scena un personaggio capace di suscitare empatia ma anche irritazione riuscendo a creare una rappresentazione realistica e commovente della sua altalenante ed intima interiorità. Un altro simbolo che sottolinea la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova è rappresentato dalla voce fuori campo di Firs, l’ottantenne servitore che rimane nella proprietà, ma che, diversamente dal testo originale, in questo spettacolo non è presente fisicamente, ma è stato sostituito dalla corposa voce registrata di Roberto Herlitzka. La sua domanda “La vita è passata, e io… è come se non l’avessi vissuta” non appartiene a un personaggio presente nella vicenda, ma ad un fantasma di un tempo lontano che non esiste più. Chi parla è la casa non è neppure più un individuo. Mentre Ljuba, Gaev e Varja rimarranno legati ad un passato che non tornerà mai più e guarderanno con sgomento al futuro che li attende, saranno i giovani Anja e Trofimov ad affrontare con amore i nuovi tempi. Un cast assolutamente omogeneo per capacità e talento. Lo spettacolo ha ricevuto un caldo applauso da parte del pubblico presente in sala, dimostrando un apprezzamento generale per l’intera compagnia. Ogni singolo membro del cast ha ricevuto il giusto riconoscimento per la propria interpretazione, grazie alla sensibilità di una platea particolarmente attenta e che ha dimostrato di saper cogliere i dettagli e le ardite sfumature dell’allestimento. Qui per le altre date.