Roma, Sala Umberto, Stagione 2022/ 2023
“FESTEN, IL GIOCO DELLA VERITA’”
di Thomas Vinterberg, Mogens Rukov & BO Hr. Hansen
adattamento per il teatro di David Eldridge
traduzione e adattamento di Lorenzo De Iacovo e Marco Lorenzi
Helge Klingenfeld DANILO NIGRELLI
Madre IRENE IVALDI
Mette CAROLINA LEPORATTI
Helmut YURI D’AGOSTINO
Christian Klingenfeld ELIO D’ALESSANDRO
Pia, Linda ROBERTA LANAVE
Helene BARBARA MAZZI
Michael RAFFAELE MUSELLA
Kim, Nonno ANGELO TRONCA
Regia Marco Lorenzi
Drammaturgia Anne Hirth
Visual concept e video Eleonora Diana
Costumi Alessio Rosati
Sound designer Giorgio Tedesco
Luci Link-Boy (Eleonora Diana & Giorgio Tedesco)
Consulente musicale e vocal coach Bruno De Franceschi
Produzione TPE – Teatro Piemonte Europa
Elsinor Centro di Produzione Teatrale | Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia Solares Fondazione delle Arti in collaborazione con Il mulino di Amleto
Roma,28 Febbraio 2023
“Chiunque voglia sinceramente la verità è sempre spaventosamente forte.”
Fedor Michajlovic Dostoevskji
Se analizziamo le condizioni originali in cui la tragedia greca veniva messa in scena, e in particolare il gioco tra l’artificio teatrale e l’ambiente naturale all’aperto in cui il teatro greco era collocato, come potremmo affrontare il teatro, oggi, in modo tale da dischiudere il suo potenziale radicale? La tragedia greca infatti pone i suoi protagonisti in situazioni letteralmente terrificanti, delle quali questi hanno più o meno responsabilità, dove molto e’ in gioco, e poi chiede loro di agire. La parola greca per questa difficile situazione, krisis, non sta ad indicare distruzione o caos, come accade invece con il nostro termine “crisi“, ma implica piuttosto una scelta o una decisione. Premesso questo, gli individui di una comunità (anche quando questa comunità è una struttura familiare ) che si trovino ad affrontare una situazione critica, sono soggetti a numerose influenze, tra le quali i modelli precedenti di comportamento appropriato. Potremmo chiamare la matrice di queste influenze “ideologia”: l’intreccio di quei presupposti che i membri di una società posseggono, o ci si aspetta che posseggano, a cui sono educati o indottrinati, e per i quali ricevono riconoscimento.La famiglia Klingenfeld nel dramma o meglio nella tragedia “Festen” di Thomas Vinterberg e Mogens Rukov (adattamento per il teatro di David Eldridge traduzione di Lorenzo De Iacovo e Marco Lorenzi) in scena alla Sala Umberto è la sintesi perfetta di quanto premesso e di come ancora oggi questo archetipo sia prepotentemente vivo e radicato. “Festen” è una produzione teatrale che prende spunto dall’omonimo film danese del 1998 (premio della giuria a Cannes), diretto proprio da Thomas Vinterberg, che si basa a sua volta su una corrente cinematografica (Dogma 95) che si proponeva di girare film con un approccio realistico e minimale, senza l’uso di trucchi e di effetti speciali. La trama di “Festen” è ambientata in Danimarca e si svolge in una lussuosa villa, dove la famiglia Klingenfeldt si riunisce per festeggiare il sessantesimo compleanno del patriarca Helge. Durante la cena, il figlio maggiore Christian fa una rivelazione scioccante che scatena una serie di eventi che mettono in discussione la stabilità della famiglia. La rivelazione di Christian è che suo padre Helge ha abusato di lui e della sorella Linda quando erano bambini, un segreto che tutti nella famiglia hanno tenuto nascosto per anni. Il gioco della verità diventa l’elemento centrale della pièce, poiché i personaggi sono costretti ad affrontare i loro segreti e le loro menzogne. La tensione aumenta man mano che i personaggi cercano di preservare le loro immagini pubbliche, mentre le loro azioni passate vengono esposte alla luce del giorno. Il dialogo è acuto e tagliente, con un uso efficace di silenzi e pause per creare suspense e tensione.
La straordinaria regia di Marco Lorenzi è incentrata completamente sui personaggi il cui confronto è serrato e spesso doloroso, ma è proprio attraverso questo confronto che emergono i loro veri caratteri, le loro debolezze e le loro virtù. Ogni personaggio porta con sé ,infatti, il peso del proprio passato, e ogni rivelazione apre una ferita, che mette in luce le contraddizioni e le fragilità dell’intera famiglia. Nella sua trasposizione teatrale la mancanza di una vera e propria scenografia e l’uso di luci non sempre ben a fuoco è assai efficace, creando un’atmosfera volutamente claustrofobica ed opprimente. Il contrasto che il regista riesce a far emergere poi tra frivolezza e drammaticità sa regalare alla scrittura un sapore favolistico, irreale tanto ci guida verso un profondo senso di inappropriata e piacevole inquietudine. Siamo in attesa ,ma con quel sorriso che prefigura una smorfia d’orrore. Le video proiezioni curate da Eleonora Diana sono un elemento centrale di questo allestimento e vengono utilizzate soprattutto per strutturare delle immagini di fondo sempre in divenire. Un velo divide come nel mondo onirico la verità e l’illusione e su questo velo vengono proiettate le maschere animiche dei personaggi in scena. Il mondo, così come lo percepiamo, è la manifestazione delle nostre percezioni. E’ l’illusione delle apparenze. E’ il velo di Maya. Grazie infatti ad una camera a mano , lo spettatore è proiettato in un film all’interno di un film ,crudo ed imperfetto senza la precisione di un montaggio.Danilo Nigrelli (Helge) fa propri nella sua interpretazione i temi classici della tragedia greca, in particolare la figura dell'”Hybris“, ovvero l’eccesso di potere che porta alla rovina. La sua recitazione infatti cattura pienamente la complessità psicologica di questo padre, che dovrà affrontare le conseguenze delle proprie azioni passate di fronte alla propria famiglia. Possiede una notevole padronanza tecnica degli aspetti formali dell’arte della recitazione come è altresì impeccabile la gestione della voce, della postura e del linguaggio del corpo, e utilizza questi elementi per creare una rappresentazione sempre credibile e autentica. Irene Vivaldi (Madre) è stata in grado anch’essa di mostrare questa complessità emotiva in modo molto convincente. Riesce a far percepire al pubblico una vasta gamma di emozioni, dal sorriso affettuoso alla disperazione totale, dalla serenità alla rabbia incontrollata. La sua interpretazione suggerisce una grande sensibilità ed una grande carica empatica grazie all’uso magistrale che fa della sua voce sempre molto controllata e calibrata anche nei momenti di grandiosa drammaticità. Possiede una grande forza espressiva, che le consente di trasmettere tutta la disperazione e la dolente angoscia del suo difficile personaggio. Elio D’Alessandro (Christian) al di là della sua interpretazione ineccepibile si distingue anche per un notevole talento musicale grazie ad un bellissimo timbro graffiante ed una bellissima musicalità. Ha grande carisma ed una potente forza nel fraseggio tanto da risultare sempre vibrante ed incisivo in ogni momento dello spettacolo senza mai cadere nell’esagerazione e nel melodramma. Bravissimo Raffaele Musella (Michael) e bravissimo tutto il resto del cast . Il pubblico della Sala Umberto ha dimostrato, ancora una volta, di essere un pubblico attento e colto, capace di apprezzare le produzioni più complesse e sofisticate con applausi più che generosi. Il loro apprezzamento per “Festen” è stato un segnale della grande passione e dell’entusiasmo che anima anche se non troppo spesso, ahimè, il mondo del teatro. Spettacolo assolutamente da non perdere. Qui per le altre date.