Milano, Teatro alla Scala: “Les contes d’Hoffmann”

Milano, Teatro alla Scala – Stagione d’Opera e Balletto 2022/2023
“LES CONTES D’HOFFMANN”
Opera fantastica in un prologo, tre atti ed un epilogo su libretto di Julies Barbier
Musica di Jacques Offenbach
Olympia FEDERICA GUIDA
Antonia ELEONORA BURATTO
Giulietta/Une Voix FRANCESCA DI SAURO
Stella GRETA DOVERI
La Muse/Nicklausse MARINA VIOTTI
Hoffmann VITTORIO GRIGOLO
Spalanzani YANN BEURON
Nathanael NÉSTOR GALVÁN
Crespel, Luther ALFONSO ANTONIOZZI
Andres/Cochenille/Frantz/Pitichinaccio FRANÇOIS PIOLINO
Lindorf/Coppelius/Dapertutto/Miracle LUCA PISARONI
Hermann/Schlemil HUGO LAPORTE
Un Voix ALBERTO ROTA
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala di Milano
Direttore Frédéric Chaslin
Maestro del Coro Antonio Malazzi
Regia Davide Livermore
Scene Giò Forma
Costumi Gianluca Falaschi
Teatro d’ombra Compagnia Controluce
Luci Antonio Castro
Nuova produzione Teatro Alla Scala
Milano, 24 marzo 2023 

Il tortuoso percorso editoriale di “Les Contes d’Hoffmann” vanta certamente un primato di complessità e fascino nella storia dell’opera lirica. Il manoscritto lasciato incompiuto a causa dell’improvvisa morte del compositore ha spalancato le porte a una moltitudine di edizioni critiche: Guiraud, Choudens, Gunsbourg, Bonynge, Oeser, fino ad arrivare alla più recente Kaye-Keck del 2009, per citarne alcune. Tagli, aggiunte e rimaneggiamenti apocrifi si sono dunque avvicendati di decennio in decennio, restituendoci un capolavoro impregnato del genio di Offenbach in una delle sue composizioni più alte, ma che è di fatto un’opera multiforme e in continuo divenire.Per questa produzione il Maestro Fréderic Chaslin, profondo conoscitore e amante di questa partitura, sceglie di portare la sopracitata edizione Choudens, unanimemente considerata tra le versioni più canoniche e consolidate in cui l’opera viene internazionalmente riproposta. La lettura del Maestro, chiamato alla guida dell’Orchestra scaligera, ci è parsa invero al di sotto delle aspettative e piuttosto carente quanto a raffinatezza, brio e sofisticata ricerca nei colori, tutte caratteristiche che l’ultimo titolo di Offenbach invita ad approfondire.
Straordinaria invece la performance di tutto il cast vocale, nonostante l’indisposizione dei cantanti impegnati nei due ruoli tra i più gravosi del cartellone (Hoffmann e Muse/Nicklausse). A onor del vero – se non l’avessero annunciato a inizio spettacolo – sarebbe stato davvero arduo accorgersene, considerata la prova eccellente di entrambi gli artisti. Vittorio Grigolo è un Hoffman spavaldo, impetuoso, travolgente, perfettamente in linea con il naturale temperamento del tenore aretino. Gestisce con fermezza il ruolo da lirico-spinto con voce piena che non accenna a perdere di smalto, squillante in acuto e sicura nei centri, sempre sostenuta da quella generosità senza riserve e quel teatrale coinvolgimento costante cui l’interprete ci ha abituati. Particolarmente ben riuscita la canzone di Kleinzach nel Prologo e nell’Epilogo, con un’interessante resa sanguigna e ironica al contempo. La Musa e il Nicklausse di Marina Viotti vibrano parimenti per personalità scenica e musicale, anche qui senza destare il minimo sospetto sulle precarie condizioni di salute. Il mezzosoprano italo-svizzero – che già ha ricoperto gli stessi ruoli nei recenti Contes scaligeri del 2021 – si riconferma interprete a tutto tondo, con voce corposa e brunita ma altrettanto facile in acuto, nonché attentissima nella costruzione di ogni fraseggio. Tra i momenti più toccanti della serata ricordiamo il suo arioso “Vois, sous l’archet frémissant”, sotto una suggestiva pioggia notturna di paillettes luccicanti nel buio. Luca Pisaroni dà efficacemente forma ai quattro personaggi mefistofelici di Lindorf, Coppélius, Docteur Miracle e Dapertutto, con presenza scenica imponente e magnetica. La tessitura della parte ci appare troppo alta per le sue corde, ma la prestazione complessiva è di ottimo livello. Tra le donne fatali di Hoffman spicca l’Antonia di Eleonora Buratto, con filati incantevoli e voce vellutata, intensa nell’interpretazione e forte di una padronanza tecnica solida che le consente di svettare facilmente in acuto e di confezionare pianissimi da manuale. Ingresso più in sordina in prima battuta per l’Olympia di Francesca Guida, che si riprende però immediatamente sciorinando con sicurezza e smalto tutte le colorature mozzafiato di “Les oiseaux dans la charmille”, impreziosite da una spiccata dote attoriale in grado di dare toccante spessore drammatico alla sua infelice bambola meccanica. Notevole anche Francesca Di Sauro nei panni di Giulietta, dal timbro morbido e sensuale tanto in scena quanto nella linea di canto. Spiccano tra i comprimari Alfonso Antoniozzi nel doppio ruolo di Luther e Crespel, come anche la prova di François Piolino che impersona i quattri servitori (Andrès, Cochenille, Frantz, Pitichinaccio), qui presentati in versione en travesti gratuitamente e senza leciti motivi, ma comunque sempre spigliati e divertenti in scena. Magistrale come sempre la prova del Coro, diretto da Alberto MalazziLa produzione è affidata alla regia di Davide Livermore, con la consueta firma di Giò Forma sulle cupe scene prevalentemente monocromatiche e con i raffinati costumi di Gianluca Falaschi, andando a calare la vicenda in una fascinosa atmosfera da musical dark anni Trenta, senza rinunciare all’enfasi sulla dimensione magica e fantastica dell’opera. Come evidenziava Eugenio Montale in una sua recensione sul Corriere d’Informazione nel 1961, “i Racconti sono press’a poco l’unica opera di carattere “straordinario” tentata in pieno Ottocento sulle tracce di una salda tradizione letteraria”, accennando anche ad arguti parallelismi con la successiva Dama di Picche di Tchaikovskij. Interessante dunque che questi tratti quasi onirici (comunque ben intrecciati alla dimensione del reale) non si perdano in questo spettacolo, ma anzi vengano valorizzati soprattutto grazie all’apporto visivo del teatro d’ombra Compagnia Controluce, che con stoffe semi-trasparenti e silhouette proiettate avvolgono ora il palcoscenico in uno straniante incastro di suggestioni astratte, ora l’intera platea ricoprendola d’un velo blu a simulare la laguna veneziana sulle prime note della Barcarola. Al termine convinto successo di pubblico, con entusiastiche ovazioni all’indirizzo di Vittorio Grigolo. Foto Brescia & Amisano