Milano, Teatro alla Scala: “Le corsaire”

Milano, Teatro alla Scala, Stagione lirica 2022/23
“LE CORSAIRE”
Drammaturgia Manuel Legris e Jean-François Vazelle, da Lord Byron, Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges e Joseph Mazilie.
Coreografia Manuel Legris da Marius Petipa e altri
Musica di Adolphe Adam e altri
Conrad TIMOFEJ ANDRIJASHENKO
Medora NICOLETTA MANNI
Gulnare MARIA CELESTE LOSA
Lankedem MARCO AGOSTINO
Birbanto CLAUDIO COVIELLO
Zulmea ANTONELLA ALBANO
Pascià Seyd GIOACCHINO STARACE
Tre Odalische LINDA GIUBELLI, GAIA ANDREANÒ, CAMILLA CERULLI
Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala
Con la partecipazione degli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala
Direttore Valery Ovsianikov
Scene e costumi Luisa Spinatelli
Luci Andrea Giretti
Dettaglio dello spettacolo    
Milano, 1 marzo 2023
Lankedem, mercante di schiavi, cattura le nobili Medora e Gulnare. Mentre cerca di venderle in un bazar, Conrad, il Corsaro, si innamora di Medora, ma le due vengono acquistate dal pascià Seyd; Conrad si prende però Medora con la forza. Ritiratisi i corsari nel loro nascondiglio, con un fiore drogato, Conrad viene addormentato da Lankedem (che era stato fatto prigioniero dai corsari), grazie alla complicità dello scagnozzo di Conrad, Birbanto. I corsari, mascherati da pellegrini, si faranno poi ricevere dal pascià per riprendersi Medora e liberare Gulnare, che però decide di non rinunciare al lusso in cui vive con il pascià. Una volta ripartiti, la nave fa naufragio, ma i due amanti si salvano e si giurano amore eterno. In questa fitta trama, si innervano danze di schiave, balli dei corsari, il sogno del “giardino animato”, et similia.  Abbiamo riassunto il soggetto di questo balletto per sottolineare un aspetto: si evidenzia anche in locandina che sia stato liberamente tratto dalla novella in versi omonima di Lord Byron, ma le modifiche compiute sono talmente profonde che hanno portato a far nascere un’opera totalmente altra, che ha in comune con quella di Byron solo il titolo e il nome di alcuni dei suoi personaggi. Un’opera letteraria si è trovata molto frequentemente a ispirare la creazione di “azioni teatrali” (e non solo), le quali, in diversa misura, vogliono spesso tradurne l’essenza, anche solo per dissentirne o capovolgerla; ma il poema e il balletto sono così distanti che nessuna vaga ombra del Corsaro di Byron può essere riscontrata. La complessità psicologica; i pochi snodi cruciali su cui si sospende l’azione per dipingere gli stati emotivi dei personaggi; il finale tragico che porta ad un cambiamento di vita di Conrad; la sottile allegoria della vita umana, secondo cui i nostri pensieri posseggono un impero, una patria, ed è quindi necessario intraprenderne il viaggio per raggiungerla; tutto ciò fa di questo poema molto di più che una novella esotica. Il Conrad di Byron è un uomo che non ha nulla di buono, e vive in sofferenza per la perdita dei suoi ideali giovanili, distrutti in qualche maniera ignota; ha la fermezza, il carisma, l’incanto del leader; e comunque, siccome nessuno è malvagio del tutto, l’amore per la compagna Medora non l’abbandona mai. Poi, una volta mosso l’attacco al pascià Seyd, viene catturato e sfiora la morte, che non teme. Una volta liberato e ritornato a casa con Gulnare, e trovata esanime Medora, morta a causa del dolore di saperlo morto, Conrad decide di lasciare ad altri tempi il nome di “Corsaro”, perché inizia una nuova vita che non conosceremo mai. Dei cambiamenti possono accadere più volte nella vita: conosciamo Conrad dopo una delusione giovanile, e lo lasciamo con un altro mutamento di vita, con il dubbio che non sarà l’ultimo. Un inciso. Ci chiediamo come mai un autore così interessante come Lord Byron sia stato totalmente dimenticato in Italia: per leggere una qualche sua opera bisogna quasi sempre far ricorso a traduzioni italiane ottocentesche, o a edizioni estere in lingua, di difficile reperimento. Tornando al balletto, è invece tutt’altro. Ha un continuo avvicendamento che non troviamo nell’introspezione di Byron, ma questa impressione potrebbe essere dipesa dalle differenti potenzialità dei due linguaggi. Non è solo questo, però. Un Conrad che non muta nell’arco della vicenda, il lieto fine, il complicarsi dell’intreccio – con l’introduzione del traditore Birbanto, oppure con espedienti come quello del fiore drogato (che ricorda quelli della Bayadère) –, il “giardino animato”, eccetera sono elementi che trasformano la novella tragica byroniana in un racconto esotico tipico del gusto ballettistico della seconda metà dell’Ottocento. Tra l’altro, è una coreografia nata a Parigi nel 1856 e dalla filologia, come accade spesso, complicata: ha, infatti, subito varie modifiche e aggiunte, soprattutto quando approdò in Russia e passò sotto le mani di Petipa. Inoltre, a intricare il quadro, questo soppiantò altri balletti che già ebbero luogo in precedenza. Basti pensare che una trentina d’anni prima del 1856, un altro balletto sul Corsaro venne presentato alla Scala, purtroppo noto solo tramite il libretto (e segnalato dalla storica Flavia Pappacena), molto fedele alla trama byroniana, e che terminava persino con il suicidio in scena di Conrad: questo potrebbe rendere conto di quanto, in pochi anni, i cambiamenti di gusto possano incidere sulle scelte poietiche. Con tutto ciò, non vogliamo però asserire che questa differenza nella trama sia un male. La versione che, in questa stagione, viene presentata è quella firmata dal direttore del corpo di ballo della Scala Manuel Legris, e già allestita dallo stesso quando aveva la medesima qualifica presso il Wiener Staatsballett. È una composizione che si innesta nella tradizione petipatista, ma che ha anche un’evidente impronta stilistica derivata dall’Opera di Parigi, teatro dove Legris si formò, tra gli altri, sotto Nureyev. L’esito dello spettacolo è stato senz’altro molto positivo. Alcune signore in sala, nelle pause, commentavano la trama e i danzatori, rimarcando quanto fosse emozionante; alcuni hanno un po’ sorriso per l’eccessiva zuccherosità del “giardino animato”; molti sono stati comunque gli applausi, per tutti, e calorosi per Timofej Andrijashenko, Nicoletta Manni, Claudio Coviello e Maria Celeste Losa. Non ci soffermiamo sulle singole performance dei singoli danzatori, che hanno tutti dato molto al pubblico. Vogliamo comunque spendere due parole su Claudio Coviello, per la prima volta in un ruolo da antagonista, il cattivo Birbanto (crediamo che il numero davvero esiguo di repliche in cartellone, solo 6, deve aver influito sul limitato avvicendamento nei cast tra le serate). Coviello ha saputo caratterizzare molto bene il suo personaggio: oltre alle capacità espressive – che, per chi frequenta la Scala, sono (crediamo) note –, ha dato un’ottima incisività ai salti e ai tour en l’air, rapidissimi e giocati sapientemente tra “legato e staccato”, differenziandoli nettamente da quelli “da principe” a cui forse è maggiormente abituato. Tornando alla coreografia, per quanto riguarda la scansione dei passi e variazioni tra gli atti, la concentrazione nel terzo atto di buona parte di essi lo ha sicuramente appesantito; ma crediamo sia stato intenzionale, al fine di creare un ultimo atto à grand spectacle. Anche riguardo a questo Corsaire, quindi, troviamo conferma del perché del suo imperituro successo: è uno spettacolo per tutti, che sa mescolare bene avventura, carattere, pantomima, interpretazione e pezzi di grande virtuosismo, a partire dal grand pas de deux (molto spesso rappresentato anche a se stante). Repliche il 5, 9 e 17 marzo. Foto Brescia & Amisano