Madrid, Teatro Real, Temporada 2022-2023
“IL NASO”
Opera in tre atti su libretto di Dmitri Shostakovich, Yevgueni Zamiatin, Gueorgui Ionin e Aleksandr Preis, basato sull’omonima storia di Nikolai Gogol
Musica Dmitri Shostakovich
Platón Kuzmitch Kovaliov MARTIN WINKLER
Iván Yákovlevich / Inserzionista redattore capo / Dottore ALEXANDER TELIGA
Praskovia Osipovna / Venditrice ANIA JERUC
Ispettore di polizia / Eunuco ANDREY POPOV
Il Naso / Yarishkin / Eunuco DMITRY IVANCHEY
Iván / Capo della polizia / Signore / Studente / Eunuco VASILY EFIMOV
La vecchia contessa AGNES ZWIERKO
Soprano solista (scena della cattedrale) / Agente di viaggio / La figlia della Signora Podtóchina / Parassita IWONA SOBOTKA
Signora Pelagueya Grigórevna Podtóchina / Parassita MARGARITA NEKRASOVA
Impiegato / Sentinella / Servo / Poliziotto / Signore / Conoscente di Kovaliov SIMON WILDING
Lacchè / Iván Ivánovich / Studente MILAN PERISIC
Pyotr Fyodorovich / Onorevole Colonnello / Studente DAVID ALEGRET
Impiegato / Poliziotto / Signore / Figlio di una Signora rispettabile / Conoscente di Kovaliov GERARD FERRERAS
Impiegato / Poliziotto / Speculatore / Figlio di una Signora rispettabile IHOR VOIEVODIN
Impiegato / Poliziotto / Signore / Studente ISAAC GALÁN
Impiegato / Poliziotto LUIS LÓPEZ NAVARRO
Poliziotto / Signore / Dandy / Eunuco / Conoscente di Kovaliov JOSÉ MANUEL MONTERO
Impiegato / Padre / Dandy DAVID SÁNCHEZ
Impiegato / Studente CRISTIAN DÍAZ
Poliziotto / Signore / Studente JUAN NOVAL-MORO
Poliziotto / Signore / Studente ROGER PADULLÉS
Poliziotto / Signore anziano / Studente JOSEP FADÓ
Figlio / Poliziotto / Un passante DAVID VILLEGAS
Figlio / Un passante ÍÑIGO MARTÍN
Impiegato NÉSTOR PINTADO
Madre CRISTINA HERRERAS
Taxista IGOR TSENKMAN
Autista CLAUDIO MALGESINI
Tenore solista (scena della cattedrale) ALEXANDER GONZÁLEZ
Balalaika JAMES ELLIS
Presentatrice ANNE IGARTIBURU
Coro y Orquesta Titulares del Teatro Real
Direttore Mark Wigglesworth
Maestro del Coro Andrés Máspero
Regia Barrie Kosky
Scene e luci Klaus Grünberg
Costumi Buki Shiff
Coreografia Otto Pichler
Drammaturgia Ulrich Lenz
Nuova produzione del Teatro Real, in collaborazione con la Royal Opera House, la Komische Oper Berlin e la Opera Australia
Madrid, 19 marzo 2023
Ha quasi cent’anni di vita ma, come tutti gli esperimenti che apparentemente vanno contro gli aspetti più strutturali del melodramma, sembra essere stato scritto pochi anni fa, come se si trattasse di un’opera gemella – o sorella maggiore – di Cuore di cane di Alexander Raskatov (2013). Collocato nella sfolgorante stagione del Teatro Real di Madrid tra Achille in Sciro di Corselli e Nixon in China di Adams, Il Naso di Shostakovich ne è l’ennesimo successo, ovviamente in chiave surreale, grottesca e provocatoria. Il direttore inglese Mark Wigglesworth dirige l’Orquesta del Real con sonorità massicce nei momenti di sviluppo drammatico, ma anche con giusto equilibrio nei numerosi interludi strumentali che connettono le scene dei tre atti. Il regista australiano Barrie Kosky non tenta di raffinare il libretto né di accentuarne la volgarità o l’assurdità; cerca piuttosto di sveltirne il funzionamento, accorpando gli atti senza soluzione di continuità e inserendo una componente nuova (quella coreografica) per imprimere un modello stilistico omogeneo agli interludi. Ai settantotto personaggi previsti dal libretto si aggiunge così una diecina di ballerini, tutti uomini, per lo più abbigliati come entraineuses, con adeguato corredo di mosse e mossette. Giacché la scena non esiste (è uno spazio circolare rivestito di pannelli grigi, inscritto in un’apertura altresì circolare sul boccascena), i costumi accuratissimi di Buki Shiff provvedono a determinare il momento storico, alludendo a un’atmosfera espressionista, vagamente Anni Venti-Trenta. Il più (e il meglio) è affidato alla recitazione dei cantanti attori (videlicet, tutti adeguati sul piano vocale, e molti, al tempo stesso, efficacissimi su quello attoriale). In questa edizione il protagonista non è il Naso, bensì il suo possessore Platón Kuzmich Kovaliov: egli è sempre al centro della scena, e qualunque altro personaggio od oggetto converge su di lui, marcando l’importanza assoluta dell’uomo che soffre mille peripezie senza intendere nulla e senza interiorizzare alcuna crescita. All’impostazione registica si abbina l’interpretazione di un superbo Martin Winkler nella parte dell’odioso proprietario del Naso, perfetto anti-eroe del melodramma novecentesco: il basso-baritono austriaco è frequentatore assiduo del teatro madrileno, dove ha cantato, per esempio, la parte di Alberich nella Tetralogia degli scorsi anni. In questo caso, alla correttezza della linea di canto si aggiunge uno sfavillio di effetti vocali con lo scopo di rappresentare i tic, il nervosismo, quasi la schizofrenia del personaggio, dalla prima all’ultima battuta della partitura. In effetti, il supponente burocrate fa in pubblico tutto quello che si considera riprovevole o decisamente disgustoso, soprattutto con la bocca e con le mani, oltre a produrre un’ininterrotta (e abilissima) esibizione di smorfie, perché la sciagura toccata al suo personaggio non generi nessuna empatia del pubblico nei suoi confronti (un accorgimento determinante, visto che nel finale, quando recupera il naso e la tronfia fiducia in se stesso, l’antipatia per Kovaliov piuttosto si rafforza). Duettano magistralmente con lui – nei panni di molteplici personaggi – i tenori russi Andrey Popov e Vasily Efimov, destreggiandosi con tessiture acutissime. L’intervento finale di un’attrice, che poco prima dell’explicit musicale avverte del senso (o meglio, del non-senso) del soggetto, ispira una contestazione isolata da pare del pubblico, che lo percepisce come un’intrusione indebita. La persona che rifiuta il fervorino di chiusura probabilmente non si è resa conto che il testo pronunciato è una parafrasi del finale del Naso di Gogol, la fonte del libretto, in cui lo scrittore dice candidamente che il beneficio di soggetti letterari di tal genere, per la patria o più in generale, è nullo … A proposito di possibili contestazioni, la regia cerca di prevenire le più ovvie obiezioni di quel pubblico che concepisce il teatro musicale secondo i canoni estetici e morali del siglo XIX; e così, alcuni figuranti nei palchi o in platea protestano con esagerata indignazione per la porquería che ci si permette di rappresentare sul sacro palcoscenico del Teatro Real. Excusatio non petita, accusatio manifesta, potrebbe osservare un lettore più smaliziato; chi scrive si limita a dire che l’assenza di queste interpolazioni non avrebbe per nulla pregiudicato la qualità dell’esecuzione, ma avrebbe utilmente accorciato di dieci minuti i tempi. Ma alla regia piacciono proprio le interpolazioni, come quando, tra II e III atto, inserisce un numero di tip tap danzato da un gruppo di nasi giganti, con tanto di scarpette ferrate e starnuto collettivo d’ordinanza; un siparietto non accompagnato dalla musica di Shostakovich che, paradossalmente, suscita l’unico applauso nel corso dell’opera, prima di quello finale, liberatore e divertito a la vez. Foto Javier del Real © Teatro Real di Madrid