Trieste, Teatro Giuseppe Verdi, stagione d’opera e balletto 2022-23
“I CAPULETI E I MONTECCHI”
Tragedia lirica in due atti Libretto di Felice Romani
Musica di Vincenzo Bellini
Capellio, capo dei Montecchi PAOLO BATTAGLIA
Giulietta, sua figlia CATERINA SALA
Romeo, capo dei Montecchi LAURA VERRECCHIA
Tebaldo, partigiano dei Capuleti MARCO CIAPONI
Lorenzo, medico dei Capuleti EMANUELE CORDARO
Orchestra Coro della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Direttore Enrico Calesso
Maestro del coro Paolo Longo
Regia Arnaud Bernard
Scene Alessandro Camera
Costumi Carla Ricotti
Luci Paolo Mazzon
Allestimento della Fondazione Arena di Verona in coproduzione con la Fondazione Teatro La Fenice di Venezia e con la Greek National Opera
Trieste, 26 febbraio 2023
‘I Capuleti e i Montecchi’ ha entusiasmato Trieste a metà del diciannovesimo secolo, tanto da essere allestito sette volte dal 1831 al 1853, in una occasione anche con Giuseppina Strepponi. Poi un lungo oblio lunghissimo, interrotto nel 1974 da uno spettacolo che allineava due fuoriclasse come Ricciarelli e Luchetti e finalmente la riproposta in questa stagione che sta dimostrando il carattere ed il coraggio della nuova svolta gestionale del teatro triestino, nel noto allestimento che la fondazione Arena di Verona ha coprodoto il Teatro La Fenice e la Greek National Opera. La regia di Arnaud Bernard presenta una lettura metateatrale, piuttosto originale, anche se non del tutto inedita: l’opera viene ambientata in un Museo in ristrutturazione, con i personaggi che escono dai quadri, si muovono con gesti forzati, plateali, assolutamente in linea con le posture dei dipinti dell’Ottocento. Il risultato è uno spettacolo che può piacere o meno, ma che sicuramente ha una sua coerenza ed una organicità complessiva. Forse alcuni passaggi narrativamente particolarmente intensi avrebbero meritato, magari giocando in modo diverso con le luci di Paolo Mazzon, il superamento della posa a favore di una più autentica partecipazione, così come in certe situazioni è difficile capire cosa sia cercato e cosa sia frutto di una certa confusione, ma queste sono opinioni del tutto personali e per questo irrilevanti. Fuori da ogni dubbio, comunque, la suggestione della conclusione: un grande dipinto raccoglie il senso della vicenda, stigmatizzando la condanna per il padre di Giulietta e sublimando la metateatralità dello spettacolo. Funzionali le soluzioni sceniche di Alessandro Camera e molto suggestivi i costumi di Carla Ricotti. Il coro, diretto da Paolo Longo, risulta stentoreo vocalmente e molto coinvolto scenicamente. Enrico Calesso, è un raffinato conoscitore di Bellini, come traspare immediatamente dalla sua direzione della sicura orchestra del Verdi, nella quale brillano le prime parti Paolo Rizzuto (corno), Marco Masini ( clarinetto) e Matteo Salizzoni (violoncello).
La lettura che propone è di grande suggestione, attenta ai pesi orchestrali, capace di esaltare il trasporto narrativo, ma anche di trovare la giusta decisione dei tempi ed al tempo stesso mostra una apprezzabile intesa con gli interpreti, che vengono supportati con misura e competenza nei passaggi più complessi. Sul palcoscenico tutti sono all’altezza della situazione. Emanuele Cordaro è un Lorenzo appropriato, sia musicalmente che scenicamente. Paolo Battaglia mostra qualche comprensibile segno di fatica vocale, soprattutto nel secondo atto, ma consegna al pubblico un Capellio credibile, piacevole e professionale. Marco Ciaponi è Tebaldo in entrambe le compagnie. Nonostante il grande impegno assolve con bravura ed eleganza questo ruolo complesso. Mette la sua tecnica sicura al servizio della partitura e cesella sia momenti di grande baldanza musicale, come la prima aria ‘È serbata a questo acciaro’, sia scene di intensa commozione, come lo struggente duetto con Romeo nel secondo atto. Laura Verrecchia è un Romeo di grandissimo spessore, con l’irruenza vocale e scenica di un giovane spavaldo, innamorato e determinato, pronto allo scontro, ma anche l’intensità e la passione di un uomo innamorato, capace di momenti struggenti. La lunghezza della parte, la vastità dei colori richiesti, la necessità di calarsi drammaturgicamente nel ruolo, non mettono il difficoltà il mezzosoprano che dimostra di possedere una tecnica sicura, fiati lunghissimi , acuti sicuri e smaglianti, un centro solido. Apprezzatissima anche la prova di Caterina Sala. La sua Giulietta, pur decisamente pregevole dal punto di vista vocale, non cade nella trappola dell’esibizione virtuosistica: riesce, anche grazie ad un colore vocale decisamente interessante, a descrivere una donna combattuta fra l’affetto filiale, il senso del dovere e l’amore per Romeo, credibile ed intensa nella supplica al padre, appassionata nei piani d’amore con il Montecchi. Riesce a sfuggire allo stereotipo narrativo e scenico, dando corpo ed anima ad una figura autentica, che offre un significato profondo alla messa in scena. Uno spettacolo assolutamente riuscito, che il numeroso pubblico presente, ha salutato, sia a conclusione delle arie principali che a fine spettacolo, con applausi convinti rivolti a tutti gli interpreti, più volte chiamati al proscenio e con meritate acclamazioni entusiastiche per le due magnifiche protagoniste.