Torino, stagione lirica 2023
“IL BARBIERE DI SIVIGLIA”
Melodramma buffo in due atti su libretto di Cesare Sterbini da Beaumarchais
Musica di Gioacchino Rossini
Il Conte d’Almaviva NICO DARMANIN
Don Bartolo LEONARDO GALEAZZI
Rosina MARIA-JOSÈ LO MONACO
Figaro JOHN CHEST
Don Basilio GUIDO LOCONSOLO
Fiorello/ un ufficiale ROCCO LIA
Berta IRINA BOGDANOVA
Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino
Direttore Diego Fasolis
Maestro del coro Andrea Secchi
Regia, scene e costumi Pierre-Emmanuel Rousseau
Torino, Teatro Regio, 29 gennaio 2023
La stagione 2023 del Regio di Torino – ancora stagione transitoria in attesa di tornare, si spera dal prossimo anno, alla tradizionale programmazione con apertura autunnale – presenta il primo titolo operistico riproponendo uno dei lavori più rappresentati sul palcoscenico torinese ovvero “Il barbiere di Siviglia” questa volta però non nello storico allestimento interno ma con una produzione proveniente dall’Opéra National du Rhin di Strasburgo firmata per regia, scene e costumi da Pierre-Emmanuel Rousseau. Spettacolo molto ricco e curato ma non sempre pienamente convincente nella resa generale. L’impianto è solidamente tradizionale con squarci sivigliani arricchiti da azulejos anche se il gioco cromatico molto marcato da all’insieme un taglio quasi onirico. Stessa cosa per i costumi che si muovono su un binario tradizionale seppur con qualche tocco contemporaneo. La regia insiste molto – anche troppo – sul carattere folklorico dell’ambientazione così la casa di Don Bartolo e dominata dall’immagine della Virgen de la Macarena mentre sulla piazza della prima scena assistiamo alla processione dei “pasos”. In più punti l’immaginario visivo mostra suggestioni goyesche. L’altro aspetto centrale della regia è l’importanza data al tema dello scontro sociale. Rousseau legge Rossini attraverso l’originale di Beaumarchias mettendo in particolare evidenzia il contrasto tra il mondo popolare e quello aristocratico-borghese. In quest’ottica Figaro è un barbiere itinerante come certi personaggi dei quadri Le Nain che si porta a presto i ferri del mestiere in una grande sacca, qui la bella bottega descritta nel duetto è più un sogno che una realtà, una sorta di ribelle contro il sistema ancora alquanto marginalizzato. Il problema è che Sterbini e Rossini eleminato tutto la parte di critica sociale presente nell’originale e ricostruiscono la vicenda secondo le formule più classiche dell’opera buffa così che questi elementi appaiono inseriti quasi a forza nel contesto narrativo. Tolta questa componente la vicenda è svolta in modo chiaro e lineare con qualche riuscito colpo ad affetto come la mongolfiera che scende dal lucernario del soffitto per portare in viaggio di nozze il Conte e Rosina.
Il piano registico vede una recitazione dinamica con molti elementi quasi coreografati, molto vivace anche se a tratti fin troppo caricata. Innegabile invece la cura del lavoro attoriale facilitata da un cast giovane ma al riguardo assai dotato. Nell’insieme lo spettacolo risultava ben funzionante e il pubblico è parso decisamente divertito.
Il versante musicale vede brillare la direzione di Diego Fasolis che torna a Torino dopo l’”Agnese” di Paer allestita qualche anno fa. Il maestro svizzero è una certezza in questo repertorio e non delude le attese. Il Rossini di Fasolis è trascinante energia musicale ma anche raffinatissimo cesello dei dettagli. Fasolis punta per una ritmica brillante e sostenuta, colori brillanti e un marcato passo teatrale. Una brillantezza che però non è mai forzata ed eccessiva, anche alla guida di un’orchestra moderna Fasolis non perde mai di vista la prassi esecutiva filologica, riesce a ricreare il giusto colore orchestrale e non perde mai di vista le ragioni del canto. Si apprezzano la ricchezza del gioco timbrico, il gusto per le appoggiature, la capacità di variare anche forzando quando lo spettacolo lo richiede – come certi ritmi quasi di flamenco – ma sempre calando il tutto in una rigorosa visione d’insieme. Fasolis esegue l’opera integralmente riaprendo tutto i tagli dei recitativi oltre ad eseguire il rondò di Almaviva.
L’indisposizione di Santiago Ballerini ha visto cimentarsi nel ruolo del Conte il giovane tenore maltese Nico Darmanin in forza alla seconda compagnia e chiamato a cantare nel giro di meno di ventiquattr’ore. Uscito dall’Accademia rossiniana di Pesaro il cantante mostra una buona impostazione tecnica e un canto facile e sicuro. La voce non è grande ma ben controllato e l’interprete simpatico e godibile. Ovviamente si è notata una certa prudenza in “Cessa di più resistere” eseguita comunque con convinzione e accolta trionfalmente dal pubblico. L’impegno ravvicinato è stato ben superato e il successo meritato.
Brilla su tutti Maria José Lo Monaco esemplare Rosina. Voce non grande ma splendida per timbro e colore, tecnica impeccabile con controllo del fiato perfetto e naturale facilità nel canto di coloratura, si nota la lunga militanza barocca, culminante in una travolgente esecuzione della lezione di canto. Sul piano espressivo la Lo Monaco tratteggia una Rosina sensuale e particolarmente battagliera e volitiva, una ribelle in perpetuo scontro con le imposizioni del tutore. Ottima attrice e dotata di una presenza più che ragguardevole – e ampiamente sfruttata dal costumista – realizza un personaggio di fortissimo spicco anche sul piano scenico.
La verve rivoluzionaria di Rosina trova sponda naturale in Figaro che la regia tratteggia come una forza rivoluzionaria in scontro totale con le convenzioni del mondo circostante. Lo statunitense John Chest ha la presenza scenica e la baldanza vocale richieste per una lettura di questo tipo con una voce assai robusto e acuti facilissimi di squillo quasi tenorile. Purtroppo si fa prendere dal temperamento e la voce non risulta sempre ben controllata così come qualche eccesso si nota anche sul piano teatrale.
Leonardo Galeazzi è un Bartolo misurato e senza eccessi caricaturali con una buona facilità nel canto sillabato ma la voce è fin troppo chiara e leggera e scenicamente ci è parso un po’ anonimo. Funziona bene sul piano teatrale Guido Loconsolo un Basilio fisicamente imponente e un po’ untuoso, pretino miserevole e corrotto. La voce è robusta e gradevole nel timbro, purtroppo si nota una certa tendenza a scurire innaturalmente il timbro. Interpretativamente è corretto anche se un po’ inerte.
Buone le prove di Rocco Lia nel doppio ruolo di Fiorello e dell’ufficiale e di Irina Bogdanova come Berta molto sollecitata dalla regia sul piano scenico. Come sempre ottimamente preparato il coro sotto la guida di Andrea Secchi.