Torino, Auditorium RAI: Concerto diretto da Petr Popelka con la partecipazione della pianista Marie-Ange Nguci,

Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, di Torino, Stagione Sinfonica 2022-23.
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore 
Petr Popelka
Pianoforte Marie-Ange Nguci
Luigi Dallapiccola: Three Questions with Two Answers (1962-1963),  Wolfgang Amadeus Mozart: Concerto n.24 in do minore per pianoforte e orchestra K 491 (1786), Richard Strauss: “Also sprach Zarathustra” op.30 (1896).
Torino, 17 febbraio 2023
Il programma della serata presenta tre lavori e tre autori tra loro diversissimi per cui è arduo, se non disperato, trovarvi punti di contatto. Il pezzo di Dallapiccola, già fin dal titolo, mette in imbarazzo: Tre domande con due risposte. Che significa ciò? Le domande sono, lo dice l’autore e non la musica:” chi sono io?”; “chi sei tu?”; “chi siamo noi?”. Le due risposte, seppur ben celate e da cercarsi nella corrispondenza dell’autore, più che non nella sua partitura, dovrebbero essere: “ io/Ulisse/Nessuno” la prima replica, “dio” la seconda. La chiave esplicativa del terzo quesito starebbe, il condizionale è d’obbligo in questi casi, in una lunga citazione di Sant’Agostino, che si trova al termine della partitura dell’Ulisse. Omero, Dante, Joyce e chissà quant’altri, hanno contribuito a rendere il personaggio di Ulisse e il suo identificarsi con Nessuno, l’immagine feticcio di Dallapiccola, ossessione di tutta la vita, a cui alla fine dedicò la sua unica opera lirica. Astrusa la tematica e non immediatamente affrontabile la musica a cui peraltro non è mai arriso il favore popolare. Dallapiccola, ammiratore e seguace di Webern, autodidatta convinto e radicale in tecnica dodecafonica, qui la applica integralmente. Elitario e determinato, riteneva di far musica per musicisti e non per piacere a un pubblico che ne ignorasse i segreti. A dispetto di quanto sopra, Petr Popelka ne dà un’interpretazione assolutamente convincente e affascinante. Non sappiamo quanto la valorizzazione dei colori e dei timbri della magnifica OSN RAI in cui il maestro si produce, sia nello spirito dell’autore, ma certamente contribuisce ad un’udibilità compiaciuta. Il pezzo si ravviva di un carattere umanamente flessibile e sinuoso e non si annienta nel determinismo che condanna una gran parte del costruttivismo dodecafonico. Mozart compone il Concerto (K 491) per pianoforte in do minore, nel marzo del 1786, l’anno fatale delle Nozze di Figaro. Ventiquattresimo e quartultimo nella serie dei suoi concerti pianistici. Secondo e ultimo in tonalità minore, dopo il K 466 in re minore, dell’anno precedente. Un irraggiungibile capolavoro a cui è difficile trovare un paragone. Caratterizzato da uno spossato eroismo, altalenante tra trattenuto vigore e coraggiosa debolezza, rappresenta per gli interpreti che l’affrontano, sia per tecnica che per approfondimento umano e psicologico, uno delle vette più ardue da scalare. L’operazione a Popelka sul podio, con alla tastiera, è risultata impossibile. Troppo all’opposto il carattere dei due. Irruento, sonoro, incalzante, quasi beethoveniano l’attacco del primo tempo da parte del direttore praghese; timidissima, flebile ed esitante l’entrata della solista. Lei che continua sottovoce a cercare rallentamenti, lui che implacabile l’incalza. Il secondo tempo, larghetto, inizia con quattro battute del solo pianoforte che cerca di imporre la sua visione, l’orchestra pare adattarcisi, ma dura poco. La massa, senza freni, come uno tsunami, travolge tutto quanto trova sul suo cammino. L’incomprensione ovvero l’intolleranza tra i protagonisti prosegue nell’allegretto finale. La stessa orchestra, che ben si rende conto di quanto avviene, pare disorientarsi e rimanere appesa all’incertezza delle scelte. Marie Ange Nguci, albanese d’origine ma pianista di scuola francese, in una mise nera, luccicosa per migliaia di swarovski, senza farsi troppo pregare, concede, come bis, la cadenza del concerto per la mano sinistra di RavelCosa volesse esprimere Strauss con lo Zarathustra può essere fonte di dubbi. Quale sia il Nietzsche di Strauss, se il filo Wagner della Tetralogia o l’anti Wagner del Parsifal, è arduo dedurlo da questa fantasmagoria sonora. Il suo poema sinfonico è la meditazione sui destini dell’umanità o la strepitosa colonna sonora di Kubrick per l’attacco di 2001 Odissea nello spazio? Popelka, reduce dal più deludente Mozart che ci sia mai capitato di ascoltare, ne fa un meraviglioso racconto d’avventura. Magnifico il dominio orchestrale e magnifica la prestazione di tutti i leggii dell’OSN RAI. È un avventuroso percorso di cui puoi trascurare i sottotitoli ed ignorare le contraddizioni dell’autore, sospeso tra arte, filosofia e incremento del conto in banca. Uno Zarathustra potente, forte, energico, colorato, intrinsecamente virile. Monumento dedicato alla semplificazione psicologica e ad entusiasmare il pubblico, come immancabilmente si è ben sentito in chiusura di serata.