Teatro Alla Scala, Stagione Lirica 2022/2023
“I VESPRI SICILIANI”
Dramma in cinque atti, libretto di Eugène Scribe e Charles Duveyrier
Musica di Giuseppe Verdi
Guido di Monforte LUCA MICHELETTI
Il sire di Bethune ANDREA PELLEGRINI
Il conte Vaudemont ADRIANO GRAMIGNI
Arrigo PIERO PRETTI
Giovanni da Procida SIMON LIM
La Duchessa Elena ANGELA MEADE
Ninetta VALENTINA PLUZHNIKOVA
Danieli GIORGIO MISSERI
Tebaldo BRAYAN AVILA MARTINEZ
Roberto CHRISTIAN FEDERICI
Manfredo ANDREA TANZILLO
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala di Milano
Direttore Fabio Luisi
Regia, scene e costumi Hugo De Ana
Luci Vinicio Cheli
Coreografia Leda Lojodice
Nuova Produzione Teatro Alla Scala
Milano, 11 febbraio 2023
I Vespri Siciliani tornano in Scala a oltre trent’anni dall’ultimo allestimento che inaugurò la Stagione d’Opera 1989/90, con regia di Pier Luigi Pizzi e Riccardo Muti sul podio. Un piacere poter riscoprire dal vivo questo Verdi sperimentale che a seguito della sua Trilogia Popolare sceglie di insistere su forme inesplorate di teatralità, sulla ricercatezza di contrasti musicali che si fanno grimaldello dell’effetto drammatico. Una Grand-Opéra mastodontica per struttura e scrittura orchestrale, in continua oscillazione tra l’intimismo di una nobile melanconia e l’infuocata spinta eroica carica di spirito risorgimentale, espressione della matrice più politica del titolo. Tutto questo è magistralmente restituito dalla vibrante e poliedrica direzione di Fabio Luisi, alla guida di un’ispirata Orchestra del Teatro alla Scala in uno dei suoi assetti più corposi, come la partitura richiede. Una lettura ricca, sottile e potente al tempo stesso, sin dalla splendida overture che anticipa l’ampia varietà di temi dipanati nei cinque atti. Fondamentale nell’economia complessiva dello spettacolo anche la gestione sicura dei maestosi interventi del Coro, ben preparato da Alberto Malazzi. Garantisce la piena riuscita musicale di questi Vespri anche un cast vocale di rango. Ascoltiamo per la prima volta al Piermarini Angela Meade, soprano acclamatissimo oltreoceano che in questa produzione si alterna a Marina Rebeka nell’impervio ruolo di Elena. Il canto è pressoché impeccabile grazie all’estrema solidità tecnica, con acuti e gravi sempre a fuoco, grande cura nella gestione dei legati, agilità facili e pianissimi cesellati con cura ed espressività (eccezionali in questo senso le modulazioni in “Arrigo, ah parli a un core”). Il soprano americano sembra accusare una leggera stanchezza nel Bolero che apre in via eccezionale il quinto atto – il coro introduttivo è stato tagliato – comunque impreziosito da notevoli sottigliezze nella gestione di trilli e picchiettati. Nonostante l’indisposizione annunciata a sipario ancora chiuso, Piero Pretti riesce con affidabilità ed esperienza a portarsi a casa un’ottima interpretazione di Arrigo. Nessun problema negli acuti, precisi e luminosi, pur dando il proprio meglio nella tessitura media, nonché nei momenti più lirici e intimi, con mezzevoci delicate e fraseggio sempre curatissimo (struggente nel duetto “Ah, da tue luci angeliche”). Eccezionale il Monforte di Luca Micheletti, straordinario interprete a trecentosessanta gradi. Con voce di bella pasta e sempre ben proiettata, unita alla sapienza teatrale che gli deriva dalla parallela carriera di attore e regista, il baritono bresciano trova sempre il giusto accento per porgere ogni frase, scavando nella contraddittoria natura del suo personaggio diviso tra l’autoritaria brutalità del governatore e l’intima fragilità del padre ferito: ne è perfetta sintesi il duetto con Arrigo nel terzo atto, certamente tra i momenti più alti della serata.
Simon Lim è un tonante e implacabile Procida. Il basso coreano sfoggia una torrenziale vocalità dai riflessi metallici, sorprendente per l’estremo controllo di intonazione e filati a partire dalla sontuosa aria “O tu, Palermo”. L’espressività nel porgere parola e gesto scenico non è da annoverarsi tra le sue attitudini più spiccate, ma possiamo dire che la performance non ne risenta troppo in un ruolo come questo, insolitamente monolitico e senza particolari evoluzioni psicologiche (una rara eccezione nel panorama verdiano). Ottimo l’apporto di tutti i comprimari, tra cui si distingue il Sire di Bethune nel bel timbro brunito di Andrea Pellegrini. Tale magnificenza musicale trova piacevole collocazione nella cornice ideata da Hugo De Ana, che firma regia, scene e costumi. Un impianto in bilico tra astratto e naturalistico che immerge la vicenda in un’atmosfera anni Quaranta, con carri armati, cannoni, mitra ed elmetti che brulicano tra imponenti strutture metalliche e monocromatiche, dalla resa efficacemente cupa e opprimente. La resa visiva è di notevole impatto ma rimane poco più di uno sfondo, con una regia colpevole alla lunga di una monotona inerzia che relega l’azione dei solisti al perpetuo canto frontale in proscenio. Unico elemento distintivo è la ritrita rievocazione bergmaniana del Settimo Sigillo con la fatale partita a scacchi tra la Morte e il Crociato, presenze mute e costanti dall’inizio alla fine che nulla aggiungono al racconto e certamente ormai non brillano per originalità.
Al termine fragoroso successo tributato da un pubblico in gran parte straniero, che ha salutato con particolare entusiasmo il Maestro Luisi e tutti i protagonisti. Foto Brescia & Amisano