Trieste, Teatro Giuseppe Verdi, stagione d’opera e balletto 2022-23
“MACBETH”
Melodramma in quattro parti su libretto di Francesco Maria Piave da Shakespeare.
Musica di Giseppe Verdi
Macbeth GIOVANNI MEONI
Lady Macbeth SILVIA DALLA BENETTA
Macduff ANTONIO POLI
Banco DARIO RUSSO
Dama di Lady Macbeth CINZIA CHIARINI
Malcolm GIANLUCA SORRENTINO
Medico FRANCESCO MUSINU
Domestico di Macbeth/Apparizione DAMIANO LOCATELLI
Sicario/Apparizione GIULIANO PELIZON
Araldo FRANCESCO PACCORINI
Apparizioni ISABELLA BISACCHI, MARIA VITTORIA CAPALDO, SOFIA CELLA, CRISANTHI NARAIN
Orchestra e Coro della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Direttore Fabrizio Maria Carminati
Maestro del coro Paolo Longo
Con la partecipazione de I Piccoli Cantori della Città di Trieste
diretti da Cristina Semeraro
Regia Henning Brockhaus
Scene Josef Svoboda ricostruzione dell’allestimento scenico Benito Leonori
Costumi Nanà Cecchi
Coreografie Valentina Escobar
Allestimento in coprudione Fondazione Pergolesi di Jesi e Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Trieste, 29 gennaio 2023
Il Verdi di Trieste propone Macbeth, nello storico allestimento con le scene di Josef Svoboda, ricostruite da Benito Leonori , i costumi di Nanà Cecchi e la regia di Henning Brockhaus. Si tratta di un allestimento storico, che il tempo rende ancora più prezioso ed attuale, anche grazie all’enorme lavoro di preparazione seguito in persona da Svoboda, che ha permesso a quasi tutti gli interpreti una grande immedesimazione nei propri ruoli. Una struttura scenica mobile, delle proiezioni di grande suggestione, effetti eleganti, specchi, i costumi, a cavallo fra Shakespeare e Kurosawa,trasportano lo spettatore in una dimensione onirica, affascinante e sconvolgente, che ha richiesto a tutti un impegno enorme e non solo per le tante prove, o per la vicinanza delle repliche, che ha portato la prima compagnia ad esibirsi di fatto tre volte in cinque giorni. Il coro, diretto da Paolo Longo, ha cantato con misura e grande equilibrio e si è esibito, soprattutto nel versante femminile, in movimenti coreutici complessi e molto ben eseguiti, diretti da Valentina Escobar, in questa occasione coreografa, che ha guidato anche il gruppo di sei ballerine e due acrobate volanti. Il Maestro Fabrizio Maria Carminati ha diretto con sicurezza , calibrando i volumi sonori, supportando le voci e scegliendo una interpretazione misurata, che facesse emergere il lavoro sul significato del testo.
Gli interpreti sono stati tutti all’altezza della parte. Bene I Piccoli Cantori della Città di Trieste diretti da Cristina Semerano, brave e ben impostate le apparizioni di Isabella Bisacchi. Maria Vittoria Capaldo, Sofia Cela, Crisanthi Narain, Damiano Locatelli e Giuliano Pellizzon, questi ultimi due impegnati anche in altri ruoli. Interessante la Dama di Cinzia Chiarini e corretto il Medico interpretato da Francesco Musinu. Gianluca Sorrentino era un adeguato Malcolm. Dario Russo (Banco), basso dalla voce generosa, con acuti sicuri ed un colore non particolarmente scuro, costruisce un personaggio ieratico ed al tempo stesso generoso. Antonio Poli (Macduff) racconta, con la sua baldanza vocale, un personaggio intenso, pervaso dalla volontà di vendetta di figlio di marito, di padre. In questa lettura emerge forte il significato drammaturgico del suo ruolo e la ricchezza degli acuti sicuri e squillanti non è autocelebrazione dell’interprete, ma racconto teatrale intenso, coinvolgente, di straziante bellezza ed intensità. Giovanni Meoni è un Macbeth corretto, tecnicamente sicuro, con un bel timbro, cui però sembra non corrispondere un attento lavoro sulla parola, una lettura profonda e personale sul personaggio che appare avaro di sfumature e piuttosto generico nell’interpretazione. Arduo dire se questa sia la cifra interpretativa dell’interprete od una raffinata scelta attoriale, mirata a portare in scena un Macbeth succube, arrendevole, schiacciato dalla moglie. Silvia Della Benetta, tratteggia una Lady dalla fortissima personalità, sicura tecnicamente, con un centro solidissimo, acuti centrati, agilità ben eseguite. Il suo lavoro sulla parola, sulle sfumature, sul significato di ogni accento, è minuzioso. Ne esce una Lady affamata di potere, sottoposta ad una crescente follia, che all’inizio sembra lucida, per poi esplodere deflagrante. Movimenti, espressioni, respiri, sono in sincronia con la musica: tutto è sotto controllo e consente di far prendere forma di volta in volta una donna meravigliata; una regina compiaciuta; una tigre che si aggira nella notte; una bimba in cerca di giochi perduti; una moglie determinata, che canta con un timbro metallico che non lascia spazio a mediazioni; una donna sensuale che vuole sedurre lo sposo in preda al panico e che accompagna alle tinte voluttuose del canto i movimenti di un corpo che improvvisamente sembra imprigionato della rigidità dell’abito. La Dalla Benetta gioca con i volumi, alternando canto possente a pianissimi calibrati con eleganza, trova colori bruniti e sfumature che profumano di lava; incanta in una scena del sottambulismo intensissima, nella quale forse mancherà la componente del sogno, ma sicuramente è ben presente quella dell’incubo e che la fa rientrare nel novero delle Lady più interessanti ed originali di oggi. Alla fine, il teatro, affollatissimo, ha tributo un successo trionfale a tutti gli interpreti, con particolare entusiasmo per la coppia di protagonisti.