Dal 13 gennaio al 24 settembre 2023
Roma, Musei Capitolini, Palazzo Caffarelli, Sale al terzo piano
Orario: tutti i giorni ore 9.30-19.30
Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
L’accesso alla mostra è consentito ai detentori del biglietto d’ingresso secondo la corrente tariffazione.
Ingresso gratuito per i possessori della MIC card
Informazioni: Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00)
L’unica via per noi di diventare grandi e, se possibile, insuperabili, è l’imitazione degli antichi.J.J. Winckelmann
All’interno delle raffinate sale di palazzo Caffarelli si apre il secondo ciclo “Il racconto dell’archeologia”con una mostra dedicata a Roma nella sua fase repubblicana dopo il successo della precedente incentrata sul periodo regio. I reperti provenienti da diverse collezioni comunali e molti di questi dai magazzini (e quindi mai esposti al pubblico ) e sapientemente restaurati raccontano, attraverso i contesti di ritrovamento, non solo che l’archeologia in senso assoluto rimane sempre e comunque una scienza al di là delle connotazioni estetiche di tradizione romantica ma ci aiutano ad avvicinarci con maggiore interesse alle loro funzioni primarie per cui erano stati creati. Si cerca il limite oltre il quale non c’è più nulla. Si va indietro, indietro, indietro. Perché? Chi ce lo fa fare? Semplice: ogni uomo non può fare a meno della sua origine. E lo stesso dicasi per la città.(Andrea Carandini, Archeologo)Non esiste al mondo una città così straordinariamente complessa per stratificazioni e per importanza storica come Roma ed indagare, conoscerla vuol dire soprattutto riconoscersi e ritrovarsi all’interno di una identità che presso gli antichi veniva definita romanitas ad oggi ancora ampiamente sentita e tradotta in romanità.
La mostra ci introduce in un periodo storico quale quello repubblicano non ancora ricco di marmi, sfacciate preziosità di importazione come quello imperiale ma di raffinati mosaici e terrecotte cesellate con straordinaria abilità artigianale.
Il percorso espositivo, diviso in tre sezioni ricopre un arco temporale che va dal V sec a. C. al I sec.a.C.:la parte dedicata ai palazzi ed ai santuari, quella delle produzioni e commerci ed una terza che ha come centralità il tema sociale e la sua manifestazione in ambito anche politico. Anche questo allestimento come in verità tutti gli altri in essere all’interno dei Musei Capitolini (La mostra Domiziano imperatore. Odio e amore e la mostra Cursus Honorum. Il governo di Roma prima di Cesare) sono immersi in uno sfondo comune “Blue Klein”quasi come se visivamente ci fosse il desiderio di far percepire al visitatore che esiste comunque un linguaggio unico che è quello della bellezza ed il Blue (nella sua tradizione più antica)ci parla di armonia, sensibilità ed introspezione. Le luci per quanto in alcune sale troppo vivaci non scontornano i bellissimi acroteri e parti di frontoni in terracotta dei templi dove ancora spiccano i colori originali, resi più facilmente leggibili attraverso vicine ricostruzioni su diversi piani in plexiglas. Non è sempre necessario per creare fascinazione ricorrere alla multimedialità o come spesso accade in mostre patinate a ricostruzioni digitali:didascalie semplici e chiare, percorsi lineari senza dedali complessi e cura dei dettagli sono sufficienti per rendere un’esposizione di forte impatto. All’interno della prima sezione ciò che maggiormente colpisce è la sala dedicata a quelli che oggi potremmo definire “ex voto”ovvero una miriade di reperti in terracotta (sapientemente incasellate in una griglia a muro ) che nell’antichità gli offerenti donavano agli dei. I santuari di tutto l’Impero Romano traboccavano di statuette con incisa la formula votum solvit (molto più rara la dicitura ex voto), insieme al nome e, qualche volta, al motivo per cui si voleva ringraziare la divinità. Assieme ad armi, oggetti di vario genere e raffigurazioni di parti del corpo (verosimilmente, proprio quelle guarite dal dio), che venivano prodotte in serie e vendute fuori dal tempio, anche il santuario stesso poteva costituire l’offerta votiva di qualche uomo ricco e molto devoto. Gli ex voto erano principalmente di due tipi: “propiziatori”, se dedicati nel momento in cui il voto veniva formulato, o “gratulatori”, se testimoniavano l’avvenuto miracolo.
In ambito sepolcrale emergono tra i reperti in mostra gli affreschi della tomba c.d. Arieti all’Esquilino dedicata ad un pretore che riportò il trionfo nel corso del II secolo a.C. L’edificio è noto da alcune notizie di Lanciani e dagli appunti di alcuni archeologi dell’Ottocento.” Gli elementi di novità rispetto alle realizzazioni funerarie precedenti, in prevalenza tombe gentilizie del tipo a camera, consiste nella destinazione individuale del complesso e soprattutto nell’abbinamento tra due strutture a carattere ipetrale destinate alla celebrazione del defunto, che da un punto di vista funzionale richiamano i grandi heroa ellenistici. Nello stesso tempo è evidente il conservatorismo nelle scene pittoriche che si riallacciano dal punto di vista iconografico e decorativo (scene di battaglia; motivo delle ghirlande pendenti superiori) alla pittura funeraria dell’Italia meridionale, mentre sotto l’aspetto contenutistico (scena di trionfo) trovano un diretto collegamento con la tradizione della pittura trionfale romana.”(Chiara Giatti). Si manifesta dunque la necessità di esternare il proprio rango sociale anche da defunti perché il prestigio di una famiglia veniva percepito come ereditario. L’allestimento è promosso da Roma Culture – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali a cura di Claudio Parisi Presicce e Isabella Damiani. Organizzazione Zètema Progetto Cultura.Si attende come per il ciclo “Roma dei re” il catalogo. Non meno importante la squisita gentilezza e professionalità del personale di sorveglianza dei Musei Capitolini.