Asti, Teatro Alfieri: “Don Giovanni”

Asti, Teatro Vittorio Alfieri, Stagione 2022-2023
“DON GIOVANNI”
Dramma Giocoso in due atti su libretto di Lorenzo da Ponte.
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Don Giovanni GIUSEPPE ALTOMARE
Donna Anna IOLANDA MASSIMO
Don Ottavio ENRICO IVIGLIA
Donna Elvira RENATA CAMPANELLA
Leporello FILIPPO POLINELLI
Zerlina SCILLA CRISTIANO
Commendatore /Masetto EMIL ABDULLAIEV
Masetto  EMIL ABDULLAIEV
Orchestra Sinfonica delle Terre Verdiane
Coro dell’opera di Parma
Direttore Stefano Giaroli
Maestro del Coro Emiliano Esposito
Regia 
Renato Bonajuto 
Scene
Danilo Coppola
Costumi Artemio Cabassi
Luci 
Marco Ogliosi
Asti, 21 febbraio 2023
Il Piemonte, da lungo tempo ormai, non brilla per programmazioni operistiche. Se si esclude Novare e il suo Teatro Coccia, la provincia piemontese pare avere in non cale la musica colta e l’opera. Sorprende quindi che l’amministrazione di Asti e, in particolare, il suo assessorato alla cultura si siano impegnati a “riportare l’opera in città, al Teatro Alfieri”. Fino ad una decina d’anni fa, annualmente, in quel teatro, veniva assegnato un “Premio Pertile” che omaggiava tenori in vista, così la città si guadagnava la presenza di voci illustri: Gregory  Kunde, John Osborn, Fabio Sartori e altri sono stati tra i vincitori, a partire dal 2002, anno di istituzione del premio. In questi ultimi anni all’Alfieri è calato il silenzio lirico fino a questo Don Giovanni. 
Ancor più lodevole che, per questa azzardata e fiduciosa ripresa di attività, si sia pensato al mozartiano Don Giovanni che caratterizza felicemente il livello culturale dell’attuale scelta e si spera pure quello delle auspicabili future iniziative. Il magnifico teatro Alfieri, di stile italiano, edificato a metà 800, riportato negli ultimi anni allo splendore originario, con circa 300 posti di platea ed altrettanti nei 4 ordini di palchi e nel loggione, in vista di questo Don Giovanni, da settimane denunciava il tutto esaurito. Così la città promuove tangibilmente, senza esitazioni, l’iniziativa dell’amministrazione cittadina. Per la realizzazione dell’opera è stato chiamata l’organizzazzione emiliana Fantasia del RE e la collegata Orchestra sinfonica delle Terre Verdiane, che con professionalità e sagacia occupano importanti spazi nelle programmazioni lirico-sinfoniche dei tanti teatri emiliano-romagnoli e veneti e danno pure disponibilità, se richiesti, a trasferte in altre regioni. La sigla RE fa pensare a Reggio Emilia, in quella provincia emiliana, a Vezzano sul Crostolo, ha sede l’associazione Fantasia del Re. Il Maestro Stefano Giaroli è il fondatore e l’anima dell’iniziativa e qui era anche  direttore e concertatore dell’opera. La prestazione dell’orchestra si è distinta per efficacia ed eccellenza. Nella sinfonia e all’inizio del primo atto, ci sono state alcune esitazioni e alcune timidezze, brillantemente superate nel prosieguo dell’opera. La locandina, pur avendo subito delle variazioni causate dai soliti malanni di stagione, riportava comunque nomi ben conosciuti ed apprezzati. Giuseppe Altomare, basso dal timbro e dall’atteggiamento imperioso, è un convincente Don Giovanni che né nella voce né negli atteggiamenti denuncia debolezze. Un’aria dello champagne e una serenata che dal caldo e tondo timbro di basso guadagna in sensualità. Per tradizione, si è avvezzi a un timbro più baritonale del personaggio, che qui è appannaggio del Leporello di Filippo Polinelli. Chiara eprecisa  la dizione nei recitativi e attorialità spigliatissima. La figura, diversamente esile, ispira un’immediata simpatia e ne fa, con travolgente efficacia, il giovanile motore dell’azione. Nella famosa “aria del catalogo”, senza esibire un’eccessiva invadenza fonica, ci diverte con la maestria di porgere suoni soppesati e calibrati. Altrettanta abilità si trova nelle fascinose “messe di voce” dell’Ottavio di Enrico Iviglia, tenore astigiano. Le sue due arie scorrono e convincono un pubblico entusiasta. L’intero pentagramma viene percorso senza paure ed esitazioni, la zona acuta è ben precisa e, allo stesso tempo, ben sfumata. L’Ottavio di Iviglia ha forte personalità, assolutamente non è il fantoccio e neppure il cavalier servente di Anna. In scena è attore consumato, benchè infastidito da un tricorno dispettoso che non trova riposo sulla parrucca un po’ troppo ingombrante. A completare la parte maschile del cast: Emil Abdullaiev, per forza delle circostanze, si è ritrovato ad essere Masetto  e Commendatore. La figura, nei panni della statua, lo premia, la voce si adatta. Come Masetto, ci ha conquistato non con la vocalità, un po’ acerba, ma per la spontaneità di un personaggio post-adolescenziale, titubante ed insicuro, che reagisce con l’istintiva bruschezza, tipica dell’età. Iolanda Massimo, è la designata sostituta dell’indisposta titolare del ruolo di Donn’Anna. Bella voce di soprano lirico, complessivamente omogenea, se pur con qualche tensione in acuto che non inficia la prestazione. Anche sul piano teatrale la cantante mostra carattere: volitiva e decisa a fronte a un seduttore  che non teme. Renata Campanella (Donna Elvira)   mostra una voce  educatissima, padrona sicura del ruolo. Non ha mai incertezze e l’intonazione non ha pecche. Il timbro penetrante ed invasivo, invero non amabilissimo, e la splendida figura la candidano ad interprete ideale di molte eroine dell’opera. Scilla Cristiano, una Zerlina né timida né impacciata ma soave e seduttiva amante si conferma giusta scelta per il personaggio. Alla destrezza di attrice unisce apprezzabili doti musicali e piacevolezza di timbro, non querulo o bamboleggiante. Questo insieme di personaggi, molto ben trovati ed inseriti, è guidato con efficacia e con discrezione dalla regia di Renato Bonajuto che, con altrettanta sagacia e mestiere sa far tesoro delle ambientazioni essenziali di Danilo Coppola e dell’illuminazione curata da Marco Ogliosi. I costumi di Artemio Cabassi sono giusti per un 700 castigato, non rococò. I soli tricorni maschili necessiterebbero di più stabilità. Ci pare che, per un’opera ben conosciuta e perfetta di per sé, questa sia la strada giusta per una messa in scena efficace: niente fronzoli e distrazioni, essenzialità e pregnanza, e, non ultimo, una probabile economicità.Il Coro dell’Opera di Parma, guidato dal suo Maestro Emiliano Esposito, con consumata professionalità, ha portato a buon fine i suoi due maxi-interventi: nozze di Zerlina, caccia a Don Giovanni.
Il teatro esaurito. Pubblico a digiuno (d’opera) da troppo tempo. Cantanti locali. Recita musicalmente e visivamente eccellente. Tutti elementi che hanno garantito un successo pieno. Ritorno dell’opera ad Asti era lo scopo: l’obiettivo è stato brillantemente centrato. Foto Efrem Zanchettin & Gabriele Picello