Venezia, Teatro La Fenice, Concerto di Capodanno 2023
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Direttore Daniel Harding
Maestro del Coro Alfonso Caiani
Soprano Federica Lombardi
Tenore Freddie De Tommaso
Felix Mendelssohn Bartholdy: Sinfonia n. 4 in la maggiore op. 90 “Italiana” e musiche di Wolfgang Amadeus Mozart, Pëtr Il’ic Ca- ajkovskij, Vincenzo Bellini, Georges Bizet, Pietro Mascagni, Giacomo Puccini, Gioachino Rossini, Giuseppe Verdi.
Venezia, 30 dicembre 2022
La ventesima edizione del Concerto di Capodanno – il tradizionale appuntamento proposto dalla Fondazione Teatro La Fenice in collaborazione, tra gli altri partner, con Rai Cultura – vede il debutto di due giovani artisti – il soprano romagnolo Federica Lombardi e il tenore italo-britannico Freddie De Tommaso –, nonché il ritorno sul podio di Daniel Harding. Lo ha annunciato il sovrintendente-direttore artistico Fortunato Ortombina nella conferenza stampa di presentazione del prestigioso evento, tenuta il giorno 29 dicembre insieme ad Andrea Erri, direttore generale, e a Francesca Nesler, in rappresentanza di Rai 5. Il programma del concerto, confezionato con lungimiranza da Ortombina, si riferisce, con tre dei suoi titoli, ad altrettanti ragguardevoli anniversari: i centosessant’anni dalla nascita di Pietro Mascagni – vedi l’Intermezzo di Cavalleria rusticana –, il centenario della nascita di Maria Callas – segnalato da “Casta diva” –, il terzo decennale della morte di Rudolf Nureyev – come attesta Panorama, da “La bella addormentata” di Čajkovskij. Ma nei brani proposti nel concerto – diffuso, come sempre, in diretta o in differita televisiva in Italia e nel mondo con episodi coreutici – si colgono altri importanti messaggi: L’ouverture delle Nozze di Figaro – diretta qualche anno fa da Harding in una Fenice senza pubblico, a causa della pandemia – non può non legarsi, in una situazione di ritrovata normalità, alla speranza in un futuro migliore, mentre fondamentali valori sono espressi dai cori “Che del ciel che degli dei”, da La clemenza di Tito di Mozart, e da “Va, pensiero” dal Nabucco, per non parlare dell’universale ottimismo racchiuso in “Nessun dorma”.
Il concerto – diviso, come di consueto, in due parti, di cui la prima solo strumentale, si è aperto con la Sinfonia “Italiana” di Mendelssohn, un omaggio all’Italia e alla forma classica. Magistrale per leggerezza e attenzione ad ogni sfumatura è stata l’interpretazione del maestro inglese, ad esprimere quello che è stato definito il “romanticismo felice”, che percorre questa mirabile partitura, abbozzata durante il Viaggio in Italia compiuto dall’autore dall’autunno 1831 all’estate 1832 con tappe significative a Venezia, Roma, Napoli. Sorretto da un’orchestra in piena forma, quanto a sensibilità e coesione, encomiabile nei passaggi d’insieme come negli interventi solistici, previsti dalla sapiente orchestrazione, classicamente parca nell’uso degli ottoni, Harding ha saputo evidenziare il carattere “italiano” della composizione, che non contiene precise citazioni di musica popolare del Bel Paese, ma si fonda sul carattere gioioso e sulla cantabilità mediterranea di molti temi. Lo snello e nel contempo pregnante gesto direttoriale ha scandito, evocando la leggerezza del modello haydniano o di quello mozartiano, tempi diffusamente scorrevoli, ma ovviamente più riposati nel malinconico Andante con moto, dove, tra l’altro, si è apprezzato il raffinato contrappunto, omaggio dell’autore al venerato Bach. Dopo le ultime battute del conclusivo Saltarello, reso con parossistica velocità, scroscianti applausi hanno segnato la conclusione della prima parte del concerto. Davvero trascinante è risultata la seconda parte, tradizionalmente concepita come un inno all’opera italiana, ma naturalmente aperta ad ospitare anche pagine di musicisti d’oltralpe. Protagonisti sono stati naturalmente i due solisti e il coro. Particolarmente autorevole è risultata la prestazione di Federica Lombardi nella celeberrima “Casta diva” dalla Norma, dove ha esibito un sicuro controllo dei propri mezzi vocali, oltre a una levità nell’emissione e nell’espressione, che ha verosimilmente ottenuto, grazie alla sua assidua frequentazione del repertorio mozartiano. Una piena conferma si è avuta nel Valzer di Musetta dalla Bohème, dove ha saputo essere adorabilmente civettuola. Struggente e vocalmente ineccepibile è stata la Romanza del fiore da Carmen offerta da Freddie De Tommaso, che ha avuto il merito di affrontare questo brano straordinario sempre “in voce”, evitando certe stucchevoli sdolcinature in falsetto e restituendoci un Don José virilmente appassionato. Travolgente, ma senza mai perdere l’aplomb, nel fraseggio come nella scansione ritmica, la sua interpretazione di “Nessun dorma” dalla Turandot, che ha assolutamente, e prevedibilmente, galvanizzato il pubblico dopo un radioso si acuto finale. Analoghi effetti ha ottenuto il coro, ottimamente istruito da Alfonso Caiani, in “ Va, pensiero” dal Nabucco – eseguito con grande equilibrio e soffusa dolcezza, come voleva Verdi, senza certi eccessivi sforzando, che frequentemente si ascoltano. Davvero apprezzabile, peraltro, quanto a fraseggio e intensità espressiva, anche la sua prestazione nell’eroico “Che del ciel che degli dei” da La Clemenza di Tito e nel gioioso finale della Turandot. Tripudio – e applausi ritmicamente cadenzati durante l’esecuzione – hanno salutato il ben augurante Brindisi dalla Traviata, bissato a furor di popolo.