Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2022-2023
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore e pianoforte Asher Fisch
Wolfgang Amadeus Mozart: Concerto per pianoforte e orchestra n. 24 in do minore KV 491;Johannes Brahms: Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73
Venezia, 10 dicembre 2022
Il secondo appuntamento della nuova Stagione Sinfonica della Fenice ha visto il ritorno, alla guida dell’orchestra del teatro veneziano, di Asher Fisch: in programma il Concerto per pianoforte e orchestra n. 24 in do minore KV 491 di Mozart – con il maestro israeliano anche nella veste di interprete al pianoforte – e la Seconda Sinfonia in re maggiore di Brahms.
Nato in un periodo particolarmente fecondo per il Salisburghese, il concerto KV 491 – composto nel 1786 – si distingue per l’ampio organico, cui concorre la contemporanea presenza di oboi e clarinetti, ad arricchire e amalgamare la sonorità dei legni, nonché per il tono intensamente espressivo in senso tragico – per non dire romantico ante litteram –, che percorre la partitura, la cui tonalità d’impianto è, non a caso, quella di do minore.
Di grande fascino l’interpretazione offerta da Asher Fisch, che ha saputo coniugare leggerezza di tocco e intensità espressiva, consegnandoci un’esecuzione, nella quale i passaggi “virtuosistici” e quelli dal tono particolarmente tragico trovavano entrambi piena giustificazione sul piano estetico ed espressivo – che è poi la cifra distintiva del genio mozartiano. Il maestro israeliano ha messo pienamente in valore il ruolo del pianoforte, cui Mozart assegna il compito di interagire attivamente con l’orchestra, trasformando in modo significativo i temi che essa propone. A questo riguardo, è doveroso esprimere il nostro apprezzamento per l’Orchestra della Fenice, che si è dimostrata in gran forma, nell’insieme come nelle parti solistiche, con l’apporto determinante dei legni particolarmente importanti in questa partitura, che hanno sfoggiato bel suono e sensibilità espressiva.
Nel primo movimento gli archi e i fagotti hanno esposto in piano un tema cromatico dal carattere cupo, presto ripetuto energicamente da tutta l’orchestra, per passare poi al flauto, ai legni. Il pianoforte ha esasperato la tensione espressiva di questo primo tema, fondato su un intervallo di settima minore che, nella parte solistica, si sdoppia in un salto di quattordicesima. Analogamente espressivo, ma in senso elegiaco, è risultato il secondo tema, in mi bemolle maggiore – tonalità relativa rispetto a quella d’impianto –, che viene rielaborato dal pianoforte, conferendogli una veste armonica più ricca e sviluppandolo con raffinato virtuosismo, mai fine a se stesso. Un tema che, nella ripresa, dopo che questa ha raggiunto il culmine drammatico, ha assunto un tono nostalgico, essendo trasposto in do minore. Il Larghetto, in mi bemolle maggiore, ha introdotto un clima di apparente serenità. In esso particolare rilievo ha assunto la funzione concertante dei legni con i loro soffusi impasti sonori, che hanno valorizzato la cantabilità dello strumento principale.Nell’ultimo movimento, con la sua serie di variazioni su un tema derivato da quello iniziale, il pianoforte è tornato al suo ruolo dominante, fondato, tra l’altro, su un virtuosismo, che rivela, in alcuni passaggi, i caratteri di un contrappunto a quattro voci, comunque senza mai abdicare alla sua funzione estetica ed espressiva.
Alla prodigiosa facilità con cui Mozart compose il concerto KV 491, ha corrisposto, nella seconda parte della serata, la scrittura, quasi di getto, con cui Johannes Brahms realizzò la sua seconda partitura sinfonica, eseguita per la prima volta a Vienna alla fine di dicembre del 1877. Molto si è scritto su questo lavoro, per certi versi enigmatico, visto che l’autore stesso lo definì in modo contraddittorio: da un lato, una musica particolarmente “triste”, una partitura che doveva essere “listata a lutto”; dall’altro, “una suite di Valzer”, “una piccola sinfonia gaia e innocente”. La verità, come direbbe Aristotele, sta nel mezzo? Così, almeno, parrebbe ritenere Fisch che, attraverso una lettura espressiva ed equilibrata al tempo stesso, è riuscito a cogliere il senso profondo di questa partitura certamente aliena dal “titanismo” beethoveniano, ma anche lontana da una concezione idilliaca dell’esistenza, celando sotto un’apparente serenità le inquietudini di una personalità complessa, che vede nella Natura l’unica consolazione al male di vivere. Anche in questo caso, l’orchestra ha brillato, assecondando con sensibilità e padronanza tecnica il gesto direttoriale. Così, nel primo movimento, Allegro non troppo, al tema iniziale, apparentemente semplice, esposto con misteriosa circospezione dai fiati e alla seguente dolce melodia di violoncelli e viole si sono contrapposte le quasi sinistre sonorità di timpani, tromboni e tuba, in un un pregante inciso, caratterizzato da ritmi sincopati, che ha interrotto, con intensità drammatica, l’atmosfera prima diffusamente sognante, a significare – come spiegò lo stesso Brahms – che “ali nere battono continuamente sopra di noi”. Poi gli oboi, intonando una variante del primo tema hanno portato alla conclusione del movimento. Una tenue mestizia ha precorso il seguente, Adagio non troppo, aperto da un tema, introdotto dal suono morbido e coeso dei violoncelli con il controcanto dei fagotti e ripreso dai violini, mentre i corni evocavano, con suggestiva eleganza, paesaggi alpestri. È seguita una cullante serenata, eseguita con armonioso affiatamento dai legni sul pizzicato dei violoncelli, successivamente interrotta, verso la fine, dall’intervento energico dei timpani, prima del ritorno, variato, del malinconico tema iniziale.
In netta contrapposizione con i primi due si è svolto il terzo movimento, Allegretto grazioso (quasi andantino), aperto da un motivo pastorale esposto con grazia dagli oboi con l’accompagnamento di clarinetti, fagotti e violoncelli in pizzicato; dopodiché una danza campestre, derivata dal tema d’apertura, ha preso sempre maggior vigore. Molto espressiva, dopo la riesposizione dell’Allegretto, la coda conclusiva.
Il movimento finale, Allegro con spirito, ha riproposto il tema iniziale della sinfonia, seppur diversamente variato. Il successivo intervento del clarinetto e dei fiati, sul pizzicato degli archi, ha introdotto l’ampio e nobile secondo tema, ripreso dai violini e dalle viole, e dopo un breve sviluppo, polifonicamente elaborato, il movimento si è avviato alla conclusione, segnata da questo secondo tema intonato in modo trionfale dagli ottoni. Festeggiatissimi, da un pubblico colmo d’entusiasmo, direttore ed orchestra.