Dramma in due atti su libretto di Giuseppe Foppa. Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 26 dicembre 1814.
Maria Marcolini (Sigismondo)
Elisabetta Manfredini Guarmani (Aldimra)
Luciano Bianchi (Ulderico)
Claudio Bonoldi (Ladislao)
Domenico Bartoli (Radoski)
Luciano Bianchi (Zenovito)
Marianna Rossi (Anagilda)
Alla metà del mese del novembre 1814, Rossini era ancora una volta a Venezia, questa volta con un contratto del Teatro La Fenice per un’opera seria (o dramma) in due atti su di un testo di Giuseppe Foppa, intitolato Sigismondo.
il contratto prevedeva un compenso di 600 Franchi, meno di quanto Rossini aveva ricevuto per la sua ultima opera buffa alla Scala (Il Turco in Italia). Il libretto di Foppa era probabilmente il peggiore sul quale Rossini ci sia mai trovato a lavorare. Il “Nuovo Osservatore Veneto” (27 dicembre 1814) così ne parlava: “Questo libretto è figlio infelice di uno scrittore che ora fornisce la centesima prova della sua inettitudine”. Giuseppe Radiciotti chiamava Foppa un “abborracciato re”. La “première” dell’elaborazione rossiniana del noioso e logoro libretto (che tra l’altro mancava di Ouverture) coincise con l’apertura della stagione della Fenice, il 26 dicembre 1814. Si narra che l’orchestra della Fenice aveva applaudito Rossini durante le prove, proclamando Sigismondo la sua opera migliore. Tuttavia, nonostante il consenso dei musicisti della Fenice, Sigismondo produsse un generale senso di noia e fu accolto da unanimi sbadigli. Rossini stesso fu preso da noia mentre lo dirigeva: disse infatti che mai aveva sofferto tanto a una “prima” quanto a quelle di Sigismondo. Ai suoi amici che sedevono in prossimità dell’orchestra e che volevano applaudire, disse a voce alta:“Ma fischiate, fischiate!”
Rossini sentiva che solo la memoria del Tancredi e dell’Italiana in Algeri lo salvarono da un atteggiamento ostile da parte del pubblico, e questo non era certamente quello che lui desiderava. Sigismondo. Fu un fallimento, Gertrude Righetti Giorgi dice che quando Rossini scrisse la madre raccontandole degli avvenimenti, disegnò un elegante fiasco sulla busta. Raccontò poi:“…una sera fui veramente commosso dei veneziani, era la “première” del Sigismondo, un’opera che li tediò enormemente. Mi rendevo conto che il pubblico avrebbe volentieri espresso la propria noia e il proprio disappunto, ma tutti si trattennero, ed aspettarono con pazienza che l’opera finisse. Questa gentilezza d’animo mi permise di superare più facilmente l’evento.” Assieme a Eduardo e Cristina (1819), altra opera che Rossini aveva composto per Venezia, Sigismondo rimane il meno conosciuto tra i suoi lavori teatrali.
Sigismondo, probabilmente mai rappresentato all’estero ebbe un numero limitato di rappresentazioni in Italia: non fu mai portato alla Scala o a Napoli, e scomparve e praticamente nel 1827. Quest’opera mostrò un segno del declino dell’inventiva e dell’abilità di Rossini, il quale necessitava di nuovo impulsi, di nuove scene, di nuovo pubblico e di una vita meno stressante e costellata di spostamenti continui. (estratto da “Rossini” di Herbert Weinstock, 1968)