Verona, Teatro Filarmonico, Stagione Sinfonica 2022.
Orchestra e Coro della Fondazione Arena di Verona
Direttore Francesco Cilluffo
Maestro del Coro Ulisse Trabacchin
Pianoforte Edoardo Maria Strabbioli
Igor Stravinskij: “Symphonie de Psaumes” (versione 1948);
Aleksandr Skrjabin: “Concerto in fa diesis minore per pianoforte e orchestra op. 20”;
Nikolaj Rimskij-Korsakov: Suite da “Le Coq d’Or”, quattro quadri musicali
Verona, 25 novembre 2022
Un programma particolarmente ambizioso e di raro ascolto, per il decimo ed ultimo appuntamento della stagione sinfonica 2022 della Fondazione Arena. A partire da quella Symphonie de Psaumes commissionata a Stravinskij, da Serge Koussevitzky, direttore della Boston Symphony Orchestra nel 1929, committenza che il compositore scelse di declinare sul genere sinfonico corale evitando il puro linguaggio strumentale di retaggio culturale ottocentesco a lui estraneo. Con questa composizione Stravinskij, desiderava che i due organici, orchestrale e corale, fossero posti sullo stesso livello “senza alcuna predominanza dell’uno sull’altro”. Scelti alcuni passi dei salmi 38, 39 e 150 nella versione latina, l’autore opta per sonorità strumentali ridondanti, escludendo i violini e le viole a favore di un organico possente di legni, ottoni, percussioni, arpa e due pianoforti qualsi a voler evocare un grande organo e richiamare lo splendore delle monumentali architetture musicali del Rinascimento. Peccato che le intenzioni originali di Stravinskij siano state disattese nella loro duplice attesa, l’una monumentale e l’altra tesa alla ricerca di una eterna congiunzione dell’uomo al Creato; il coro della Fondazione, numericamente sproporzionato alla massa orchestrale e quindi nettamente inferiore per sonorità ha fatto quanto possibile (arrivando persino a forzare i suoni urlando) per rivendicare ed affermare una propria identità musicale, schiacciato com’era dalla predominanza strumentale. Un vero peccato perché la parte corale rivela delle preziosità nelle geometrie musicali e negli intrecci contrappuntistici; sarebbe auspicabile da parte della Fondazione Arena una maggiore attenzione verso il proprio organico vocale, tra l’altro non adeguatamente impiegato nel repertorio extralirico a fronte di una programmazione sinfonica ampia e variegata. A seguire il raffinato e di raro ascolto Concerto per pianoforte e orchestra in fa diesis minore op. 20 di Aleksandr Skrjabin, che va a costituire un unicum nella produzione essenzialmente votata al solo pianoforte. Una composizione giovanile, concepita a ventiquattro anni, con cui il pianista compositore desiderava presentarsi al grande pubblico ma inspiegabilmente fuggito dai grandi pianisti che pure si sono ampiamente dedicati alla sue Sonate. Con un impianto tematico che richiama talvolta Chopin e strizza l’occhio a Rachmaninov, il concerto è stato presentato al Filarmonico dal pianista veronese Edoardo Maria Strabbioli, eccellente musicista particolarmente attivo nella musica da camera per la quale ha realizzato brillanti incisioni discografiche a fianco dei più celebri strumentisti mondiali. La sua lettura di Skrjabin ammalia ed affascina. Strabbioli non suona, incanta: seduto al pianoforte forma una congiunzione simbiotica con lo strumento che sembra prendere vita e cantare con vibrata passionalità. Un’esecuzione di rara bellezza e godibilità sottolineata dai vibranti applausi di un pubblico ancora una volta generoso ma numericamente deludente. A concludere il ricco ed accattivante programma vi era la suite sinfonica da Le Coq d’Or (il Gallo d’oro) di Nikolaj Rimskij-Korsakov, compositore ed ufficiale della Marina russa, insigne didatta (tra i suoi allievi si annoverano Prokofiev, Stravinsky, Glazunov e Respighi) propugnatore del nazionalismo musicale e fiero divulgatore della musica dei colleghi. Ultimo dei suoi lavori teatrali, nato in un momento tormentato della vita del compositore e pesantemente censurato all’epoca, Il Gallo d’oro è ancora oggi scarsamente rappresentato; maggior fortuna ebbe invece questa suite in quattro quadri che rivela la grande perizia sinfonica di Rimskij-Korsakov. Un grande affresco timbrico ben dipinto dall’orchestra della Fondazione Arena con un perfetto e singolare equilibrio tra le sue sezioni, in particolare gli archi dal suono pulito e generoso. Francesco Cilluffo, giovane direttore di talento, ha dato un’appassionata e vigorosa interpretazione di questa suite, a conferma di una precisa intenzione sinfonica già vista in precedenza nell’assecondare il pianismo di Skrjabin. Un po’ più prudente invece, con Stravinsky ma qui l’impressione data era di una costante e preoccupata ricerca volta a compensare e bilanciare lo squilibrio fonico tra coro e orchestra. Un bel concerto, dunque, dove ancora una volta si è fatta notare l’assenza del grande pubblico; anche se la strada è lunga e tortuosa è la sola da intraprendere per fuggire una programmazione consunta ed infarcita dei soliti nomi (Beethoven, Mozart, Haydn). Il grande pubblico, se ne deve fare una ragione, va educato al bello per scoprire che oltre la montagna c’è ben altro. Foto Ennevi per Fondazione Arena