Verona, Teatro Filarmonico: Concerto diretto da Christopher Franklin

Verona, Teatro Filarmonico, Stagione Sinfonica 2022.
Orchestra della Fondazione Arena di Verona
Direttore Cristopher Franklin
Clarinetto Giampiero Sobrino
Claude Debussy:Première Rhapsodie” per clarinetto e orchestra L124a; Carlo Galante: “Invano morte desìo”, concerto fantasia per clarinetto e orchestra; Claude Debussy: “La Mer”, tre schizzi sinfonici per orchestra L111
Verona, 11 novembre 2022
Un Filarmonico desolatamente disertato dal pubblico segna il ritorno della stagione sinfonica della Fondazione Arena dopo la pausa estiva. Un vero peccato poiché l’offerta metteva sul piatto il simbolismo e le suggestioni sinfoniche di Debussy ed un quadro originale di forte impatto emotivo del compositore trentino Carlo Galante. Protagonista della serata era il clarinetto di Giampiero Sobrino, prima parte dell’orchestra della fondazione che in apertura ha proposto la Première Rhapsodie di Claude Debussy. Scritta tra il 1909 e il 1910 come prova d’esame per clarinetto (il compositore era membro del Consiglio direttivo del conservatorio di Parigi), in origine prevedeva l’accompagnamento del pianoforte ma già nel 1911 Debussy la strumentò per grande orchestra. Questo brano vide la propria genesi contemporaneamente al primo libro dei Prèludes e alle Images e vi si può ravvisare il serio lavoro di indagine pianistica e strumentale, ma il risultato della versione orchestrale la pone ai vertici assoluti del sinfonismo debussyano. Sobrino ha rivelato una straordinaria capacità di indossare le due vesti della rapsodia, quella sognante nel quale il suono onirico dolce e pervasivo domina il tessuto strumentale degli archi, e quella più funambolica in cui dialoga con la sezione fiati in una sorta di fanfara. Dove però il solista ha dato piena prova delle proprie abilità è stato nel concerto fantasia Invano morte desìo di Carlo Galante (presente in sala), un fantastico viaggio nella coscienza umana con le sue ansie ed inquietudini che prende spunto dall’inizio del terzo atto de La forza del destino di Verdi dove è proprio il clarinetto ad introdurre la scena di Don Alvaro. Nell’idea concepita da Galante, la costruzione drammaturgica e musicale parte proprio dalla mente tormentata del nobile di Siviglia e si dipana in una sorta di soliloquio notturno in cui le idee (i temi verdiani) nascono, si trasformano e muoiono rapidamente, come pallidi accenni; una parte centrale dove Don Alvaro pare ritrovare una certa serenità, nella quale i temi appaiono più chiari e definiti con un ritorno all’impianto armonico classico. Un finale, dove al tema seguono cinque variazioni, porta il clarinetto solista ad accendersi di una serie di virtuosismi pirotecnici che Sobrino ha risolto con tranquilla e lucida determinazione. Un assoluto dominio della tecnica strumentale ha fatto sì che nella sua esecuzione fosse evidente tutto quel “rimuginare notturno” che ha trasferito sullo strumento il tormento dell’esistenza umana. La seconda parte del concerto tornava a Debussy con le raffinate pitture orchestrali de La Mer, un trittico di schizzi sinfonici dove la ricerca timbrica prende il sopravvento sulla stessa invenzione musicale ed il contenuto armonico; i tre movimenti, ciascuno denominato con un titolo (De l’aube à midi sur la mer, Jeux de vagues e Dialogue du vent e de la mer) vedono i temi avvicendarsi, richiamarsi, incontrarsi ed unificarsi in un ideale di fluidità musicale. Tutte caratteristiche ben evidenziate da Christopher Franklin la cui lettura tesa alla ricerca di suggestioni sonore ha avuto una piena risposta dall’orchestra della fondazione, sempre attenta e simbioticamente unita al gesto del maestro per un risultato davvero mirabile. Come detto in apertura, peccato per la sala del Bibiena semivuota a fronte di una proposta di ampia levatura musicale; le poche persone presenti hanno tuttavia generosamente sottolineato con vivo consenso la brillante esecuzione. Prossimo appuntamento il 25 novembre (con replica il 26) con un programma che vede musiche di Stravinsky, Skrjabin e Rimskij-Korsakov. Foto Ennevi per Fondazione Arena