Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2021-2022
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Hartmut Haenchen
Anton Bruckner: Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore WAB 105
Venezia, 5 novembre 2022
Il maestro Hartmut Haenchen – originario di Dresda e considerato uno dei massimi interpreti dei nostri tempi – ha chiuso la Stagione Sinfonica 2021-2022, interpretando, sul podio dell’Orchestra del Teatro La Fenice, la Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore WAB 105 di Anton Bruckner. Il concerto sostituiva quello inizialmente programmato con la direzione di Myung-Whun Chung.
Non è di tutti i giorni la possibilità di ascoltare un lavoro così monumentale, che l’autore stesso – peraltro solitamente modesto e insicuro di fronte agli esiti della sua attività creativa – non esitò a definire come il proprio capolavoro assoluto nel campo dell’arte contrappuntistica. Eppure non poté mai ascoltare un’esecuzione orchestrale della Quinta sinfonia, a lungo rifiutata dalle istituzioni musicali dell’epoca, in quanto ritenuta troppo complessa. Folgorato dal Tristano, nutrì un’ammirazione incondizionata per Wagner, con cui condivise la tendenza al gigantismo, che comunque seppe coniugare con una vena intimistica, derivata da Schubert, da cui prese anche la modalità compositiva a pannelli contrapposti. Ma il suo wagnerismo gli costò una sorta di ostracismo da parte del “conservatore” Hanslick, allora dominatore della vita musicale a Vienna e sostenitore di Brahms contro i Neudeutscher, i nuovi tedeschi, seguaci di Wagner e Liszt.
La Quinta – composta tra il 1875 e il 1877 e sottoposta a un rifacimento piuttosto radicale nel 1878 – rivela una scrittura densamente polifonica: il contrappunto in senso tecnico – fugati, imitazioni, canoni, moti contrari – la caratterizza diffusamente, raggiungendo il culmine nel quarto movimento, forse il più complesso movimento nella storia della sinfonia. Ma la perizia costruttiva di questo monumento sonoro consiste anche nel reticolo di relazioni che lega, in vari modi, i quattro movimenti: il medesimo materiale tematico passa da uno all’altro movimento (il quarto inizia esattamente come il primo); quasi tutte le cellule motiviche derivano da una sequenza del primo movimento, posta subito dopo l’introduzione; primo, secondo e quarto movimento iniziano con pizzicati lenti ed isocroni. Nell’elaborare il medesimo materiale di partenza, il discorso musicale procede all’interno di una vasta gamma espressiva, dando vita – se si vuole – ad una forma sui generis di contrappunto, che giustappone diversi stati d’animo, dall’eroico all’introspettivo, dal tragico al lirico. Di tutti questi aspetti si è fatto interprete esperto e sensibile il maestro Haenchen, che ha saputo valorizzare appieno la densa ma anche variegata scrittura bruckneriana. In particolare ha messo in evidenza con chiarezza e sensibilità la complessa morfologia strutturale, nonché i caratteri spesso contrastanti dei vari momenti in cui si articola la composizione, senza mai, peraltro, forzare il metronomo in un senso o nell’altro, o eccedere nella contrapposizione dinamica, che pure ha reso in tutte le sue valenze espressive, sottolineando nel contempo le mille sfumature, che si colgono nell’ampio periodare del compositore austriaco. Come sempre sensibile e prestante, anche in una prova così impegnativa, è risultata l’orchestra.
Nel primo movimento si sono succeduti tre climi espressivi: un sommesso incedere di pizzicati isocroni in pianissimo con un sottile gioco imitativo degli archi; un’arrogante, inaspettata perorazione di ottave da parte dell’intera orchestra; un maestoso Corale di fiati – encomiabili gli ottoni –, nel quale si cela la cellula iniziale (il basso di questo Corale), che avrebbe assunto, nel prosieguo della composizione, un ruolo costruttivo sempre più importante. Successivamente, alla fine del percorso verso l’Allegro, si è arrivati alla prima area tematica, caratterizzata da un tema legato con ogni evidenza alla cellula “primordiale”, e poi – dopo un’ulteriore transizione – alla seconda area tematica, cui è seguito, sempre introdotto da un pizzicato, lo sviluppo – caratterizzato da un denso contrappunto, basato su materiali tematici precedenti, e notevole per l’amplissima gamma dinamica ed espressiva – nel corso del quale l’orchestra ha sfoggiato la sua veste più sontuosa.
Dei pizzicati isocroni per ottave hanno introdotto l’Adagio, preparando il terreno a un tema desolato, derivante dalla cellula iniziale, intonato con espressione dall’oboe; seguivano una seconda idea tematica – variazione del tema dell’oboe in forma di canto dispiegato – e poi lo sviluppo della prima e della seconda idea, quest’ultima rimaneggiata con straordinario afflato melodico.
Una leggerezza prettamente viennese – ben altro rispetto alla pesantezza wagneriana, di cui con supponenza veniva tacciato il compositore austriaco – si è goduta nell’esteso Scherzo, dalla tipica struttura tripartita ABA, nel quale a un motivo serpeggiante è seguito un Ländler densamente polifonico, al pari dello Sviluppo e della Ripresa, dove si è inserito un Trio inaspettatamente non contrastante rispetto al primo elemento dello Scherzo.Il direttore e l’orchestra hanno confermato la loro autorevolezza anche di fronte alla difficoltà del Quarto movimento, in cui domina la costruzione contrappuntistica per eccellenza: la Fuga. In realtà si tratta di tre fughe di crescente complessità, che nascono dalla progressiva sovrapposizione di vari temi. Il movimento è iniziato con lo stesso suggestivo pizzicato del primo, poi questa lenta introduzione si è interrotta bruscamente per la comparsa di un “impertinente” motivo, al clarinetto, non privo di qualche ironia, sfociante in una citazione del tema dell’Allegro del primo movimento. Una volta interrotta anche quest’ultima, sempre per intervento dal motivo cui si è appena fatto cenno, si è presentata una citazione dall’Adagio; dopodiché ancora questo motivo “impertinente” si è proposto come soggetto della prima fuga, il cui divertimento ha condotto a un nuovo tema – ennesima variante della cellula primordiale – agli ottoni: una sorta di Corale, cui hanno fatto eco gli archi. Tale tema è divenuto ben presto uno dei soggetti della seconda fuga; poi, dopo un Ländler, è iniziata la terza fuga, di cui un soggetto era il primo tema della sinfonia, mentre il Corale ha fatto irruzione all’improvviso nel gran finale, vera e propria apoteosi di questo monumento sonoro con il ritorno di vari temi precedenti, mirabilmente intrecciati. Applausi a non finire a conclusione di serata.