Torino, Teatro Regio: “Don Giovanni”

Torino, Teatro Rregio, Stagione d’opera e balletto 2021
“DON GIOVANNI”
Dramma giocoso in due atti su libretto di Lorenzo da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Don Giovanni LUCA MICHELETTI
Donna Anna JACQUELYN WAGNER
Donna Elvira MARIANGELA SICILIA
Don Ottavio GIOVANNI SALA
Leporello ALESSANDRO LUONGO
Zerlina FRANCESCA DI SAURO
Masetto LEON KOŠAVIĆ
Il Commendatore RICCARDO ZANELLATO
Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino
Direttore Riccardo Muti
Maestro del coro Andrea Sechi
Regia Chiara Muti
Scene Alessandro Camera
Costumi Tommaso Lagattolla
Luci Vincent Longuemare
Torino, 26 novembre 2022
Riccardo Muti lo aveva promesso dopo il “Così fan tutte” eseguito in piena emergenza epidemica e solo per la trasmissione in streaming che sarebbe ritornato a Torino per eseguire un’opera alla presenza del pubblico. La promessa è ora giunta a compimento ancora nel segno di Mozart con una nuova produzione di “Don Giovanni” realizzata in coproduzione con il Teatro Massimo di Palermo. Il ritorno del maestro Muti a Torino è stato sicuramente un evento per la vita musicale cittadina che ancora sta vivendo difficili momenti e un augurio di ripartenza per un più radioso futuro.
Inutile sottolineare come il direttore sia stato l’elemento catalizzatore della produzione. Muti ha con Mozart un rapporto lungo e profondo e proprio nella musica del salisburghese ha espresso le sue prove più personali e profonde, ancor più che nel suo meritatamente acclamato Verdi. Cos’è oggi il “Don Giovanni” secondo Muti? Quale l’attuale punto di arrivo di una frequentazione pluridecennale? La lettura che oggi propone Muti è diversa da quelle che conosciamo – anche grazie alla documentazione video – di Milano e Vienna. E’ una lettura più austera, più meditata, che sacrifica in parte la forza vitalistica delle precedenti per uno sguardo più profondo e quasi filosofico. Muti legge “Don Giovanni” alla luce della grande tradizione, il suo è un suono denso, ricco, bellissimo, lontano dalle letture aspre e nervose in voga negli ultimi anni. Una lettura di taglio quasi romantico – come non sentire già in nuovo secolo in una ouverture così intensa e attraversata da oscure scariche quasi demoniche. I tempi sono spesso ampi, distesi, solenni, quasi avvolti di presenza sacra nel terzetto delle maschere o nel finale ma al contempo la mano è sempre leggera e ariosa. Muti riesce a fondere la leggerezza di tocco scoperta dalla moderna filologia con la ricchezza sonora e il senso oscuro e tragico dei grandi interpreti storici.
Muti conosce il canto alla perfezione e lo accompagna e lo sorregge sempre in modo esemplare. Certe sonorità soffici sembrano sostenere le voci come nuvole di suono (quale incanto poetico nell’accompagnamento dell’attacco di “Dalla sua pace”). L’orchestra e il coro del Regio trascinati dalla prova del maestro hanno offerto una prova maiuscola, destinata a rimanere negli annali del teatro.
Molto buona nel complesso la compagnia di canto. Luca Micheletti pur annunciato indisposto ha confermato di essere uno dei maggiori Don Giovanni dei nostri giorni. La salute non ottimale può averlo indotto a una certa prudenza in alcuni passaggi ma non ha compromesso la resa complessiva. Voce bella, ottimamente controllata e sempre perfettamente proiettata. Dizione nitida e fraseggio sempre curato e preciso. Tratteggi una figura giustamente oscura anche se non priva di tragica grandezza in cui le qualità attoriali e l’innegabile presenza scenica completano la costruzione del ruolo. Perfettamente affiato per voce e taglio interpretativo è il Leporello di Alessandro Luongo pulito ed essenziale, divertente senza tratti caricaturali ma anche umano quando necessario, sempre capace di dar giusto valore al testo.
Riccardo Zanellato è un Commendatore autenticamente cantato così non così frequente da sentire. Giovanni Sala ci appare sottotono rispetto ai colleghi. Canta molto bene e con musicalità impeccabile ma è ancora un tenore di grazia per una parte che richiede maggior corpo, inoltre la regia non lo aiuta con una lettura alquanto bamboleggiante del ruolo. Solido ed efficace il Masetto di Leon Košavič capace di trasmetterne tutta la baldanza giovanile.
La componente femminile vede emergere la Donna Elvira di Mariangela Sicilia. Bellissima voce nitida e luminosa, compatta in tutta la gamma e con un settore acuto facile e naturale. La Sicilia unisce alle doti della cantante un temperamento al calor bianco con cui tratteggia un’Elvira nevrotica e dolente, dilaniata da contrasti insanabili ma sempre con un fondo di commovente dolcezza.
Jacquelyn Wagner è una Donna Anna di taglio lirico con un timbro luminoso ma un po’ freddo che si adatta bene a certe caratteristiche del ruolo. Parte con molta prudenza ma la voce si scalda con il prosieguo della recita acquistando maggior presenza e sicurezza. Francesca di Sauro è una Zerlina spontanea e sensuale: il timbro è caldo e molto femminile e la linea pulita e musicale. Sul piano interpretativo tratteggia una ragazza conscia della propria femminilità e non una semplice vittima del seduttore.
L’allestimento firmato da Chiara Muti lascia invece aperta qualche perplessità. L’impianto scenico è essenziale. Leggeri siparietti tessili ripropongono con estrema sobrietà architetture di gusto palladiano mentre stesa a terra è una costruzione simile con le finestre che fungono da botole da cui escono ed entrano i personaggi. Dominano colori scuri, tonalità di grigio e di nero stendono una plumbea cappa su tutta la vicenda movimentate dalle luci decisamente suggestive di Vincent Longuemare. I bellissimi costumi di Tommaso Lagattola donano alla vicenda un carattere atemporale fondendo suggestioni comprese tra il XVII secolo e la belle époque dando da un lato una valenza archetipica alla figura di Don Giovanni dall’altro accompagnandone gli snodi storici della sua fortuna da Moliere a Mozart fino alla riscoperta novecentesca (si pensi a Strauss).
La regia della Muti appare impregnata da un profondo pessimismo, il suo è un mondo senza speranza e senza redenzione. Don Giovanni non può salvarsi perché la redenzione sarebbe il sommo tradimento ma gli altri sembrano vivere solo in relazioni a lui e infatti al termine si ritrovano ridotti a semplici marionette prive di vita, private anche dei costumi che davano loro un’identità. L’impianto generale non manca di suggestione anche se a tratti risulta fin troppo forzata come lettura e la resa fin troppo caricaturale e burattinesca di certi personaggi – soprattutto Don Ottavio – non aiuta. Momenti riusciti non mancano ma spesso si notano anche ingenuità e una tendenza a riempire inutilmente come nel caso delle figuranti chiamate a interpretare le conquiste di Don Giovanni anche se efficace è il loro ricomparire come Erinni vendicatrici nel finale. Più in generale emerge una scollatura tra la profondità della visione orchestrale e un allestimento che spesso non riesce a starne al passo pur non mancando di un proprio valore estetico.
Sala gremita nonostante l’alto costo dei biglietti e successo trionfale per tutti gli interpreti. Foto Andrea Macchia