Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, di Torino. Stagione Sinfonica 2022-23.
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore Robert Trevino
Ottorino Respighi “Feste Romane” P 157 (1928), “Fontane di Roma” P 106 (1916), “Pini di Roma” P 141 (1924)
Torino, 23 novembre 2022
Ottorino Respighi, dopo troppi anni di assenza, ritorna sui leggii dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, con una serata tutta occupata dai suoi tre poemi sinfonici, dedicati, in tempi diversi, alla città di Roma. Bolognese di nascita e di educazione, dopo il diploma di violino e composizione al conservatorio felsineo, entra nell’orchestra del teatro cittadino e con essa partecipa, nel 1900, ad una stagione di opera italiana del Teatro Imperiale di San Pietroburgo. Qui, nelle more del lavoro, ha l’opportunità di conoscere e frequentare Nikolaij Rimskij Korsakov, genio delle tecniche di orchestrazione. Parte da questa frequentazione la grande destrezza, sempre esibita da Respighi, nell’elaborazione orchestrale dei suoi lavori. Anche Max Bruch, in più sessioni a Berlino, gli farà da maestro per consolidare una innata tendenza alla chiarezza e razionalità degli sviluppi. L’impressionismo francese e il cromatismo tedesco, lo sfioreranno ma non lo devieranno mai dall’istintiva semplicità d’approccio alla pagina musicale. Nel 1913, vinta la cattedra di armonia e composizione presso il Conservatorio dall’Accademia di Santa Cecilia, si trasferisce a Roma. Come accade a tutti i “provinciali” che arrivano nella Capitale, Ottorino subito se ne innamora. La storia, le vestigia e i fasti dell’antichità e del papato lo conquistano. Da qui la creazione dei tre poemi sinfonici, ciascuno in quattro quadri: Le Fontane (1916), I Pini (1924) e Le Feste (1928). La quadruplice ripartizione, forse indotta dai suggerimenti strutturali di Bruch, si riallaccia alla certezza dei quattro tempi della sinfonia classica e testimonia la difficoltà generalizzate di scelta tra forme canoniche e innovative. L’ordine di esecuzione, nella serata RAI, non segue quello cronologico che vorrebbe in testa le Fontane e le Feste in chiusura.
Le Feste sono del 1928, i primi due quadri, Circenses e Giubileo, si ispirano ai massacri promossi, nel Colosseo, dagli antichi imperatori, (sai che festa!) e dalla gioia per la vista di Roma, finalmente raggiunta, degli appiedati pellegrini del Giubileo. Lo stile è turgido e magniloquente, dal carattere straussiano, da cui semplici emergono le preghiere gregoriane di vittime e marciatori. I pellegrini penitenti di Respighi si modellano forse sui confratelli del Tannhäuser. Seguono Ottobrata, festa e bagordi tra le vigne dei Castelli interrotti alla fine da un lontano suono di corno, anche qui come accade alla rissa notturna nei Meistersinger wagneriani. Dopo qualche indugio si corre giù dalle colline per festeggiare La Befana in Piazza Navona. Pensiamo a Petruška e sentiamo un’orchestra stratosfericamente colorata, una caciara gigantesca e gioventù che intona canzonacce burine.
Nelle Fontane l’acqua zampilla coi riflessi cangianti e liquidi dei legni della Mer e del Pomeriggio del Fauno. Meravigliosi quelli all’alba a Valle Giulia; abbaglianti poi nel mattino, quelli del Tritone, scintillanti per i riflessi del sole sulle squame dei pesci che vi guizzano tra le onde. Presso la Fontana di Trevi, a mezzogiorno, passa un corteo imperiale e ci fa dimenticare dell’acqua, assordati come siamo dallo straussiano accompagnamento degli eroici combattenti. Stanchi per il peregrinare pomeridiano, in serata, a Villa Medici, accademia di Francia e nido inevitabilmente impressionista, ci si riposa amoreggiando sulle panchine, ai raggi della luna, con il dolce suono di archi e legni che, dissolvendosi, lasciano spazio al campanone che impone il rientro. I Pini non sono protagonisti dei quattro quadri, ma vigili spettatori. A villa Borghese ombreggiano i girotondi dei bambini e le quiete passeggiate delle tate. La tranquilla moderata indole di Respighi lo trattiene dall’immergersi nei vorticosi giochi del russo Stravinskij, pur se li osserva, con malcelata invidia, da lontano. Nei pressi di una catacomba udiamo echi di antiche preghiere che salgono dagli umidi anfratti. Gregoriano, organo, penitenti e cadaveri, i pini fanno da quinta alla scena. Sul Gianicolo si ode lo stormir delle fronde congiunto allo stridio dei rondoni in volo. Lo stridio di un uccellino meccanico, prescritto in partitura, gioiosamente ci saluta. La Marcia delle legioni verso Roma arriva da lontano, in una progressione ben calcolata di ottoni, i Pini dell’Appia osservano impassibili e non fremono neppure al frastuono finale di 6 coppie di piatti, 2 gong, tamburi e timpani sollecitati a tutta forza, con gli ottoni che smodatamente strillano al cielo la potenza romana.
Il rullare finale dei timpani consacrava, come anticipato a voce dal direttore artistico Ernesto Schiavi, il festeggiamento per il ritiro dal servizio nell’OSN RAI, del mitico timpanista titolare Claudio Romano, tra l’emozione generale e gli applausi di pubblico e orchestrali. Al romano Claudio l’omaggio dell’OSN RAI col respighiano trittico pareva cucito su misura.
L’estro di Robert Trevino, principale direttore ospite dell’orchestra, con la magnificenza dei solisti e dell’orchestra hanno illustrano, come meglio non si sarebbe potuto, le magnifiche pagine di Respighi. Trevino ama e non teme il suono, quando ne ha l’opportunità lo scatena senza riserve, vedi l’attacco delle Feste e la chiusura dei Pini, cavandone un effetto di concreta sonorità contemporanea. L’OSN RAI sotto la sua bacchetta che, con saldissima e autoritaria sicurezza, rende ben sicura la navigazione, conserva compattezza e splendido suono. Sono state, come prevede l’autore, ben esaltate le prestazioni di legni, ottoni e percussioni. Gioiosamente inevitabili i vivaci apprezzamenti dell’abbondante pubblico presente che ha acceso la serata con caldi e luminosi applausi.