Roma, Teatro Argentina, stagione 2022/23
“AMLETO”
di William Shakespeare
Traduzione di Cesare Garboli
Amleto FAUSTO CABRA
Orazio /Attore FRANCESCO STERRAZZA PAPA
Rosencrantz/ Osric GIOVANNI PROSPERI
Guildenstern / Prete DARIO CACCURI
Claudio / Spettro PAOLO MUSIO
Laerte / Attore DIEGO GIANGRASSO
Polonio PIETRO FAIELLA
Gertrude SARA PUTIGNANO
Ofelia MIMOSA CAMPIRONI
Prima attrice / Attrice Regina / Soldato FRANCESCA FLORIO
Primo attore / Attore Re / Messaggero / Marinaio / Primo Becchino
IACOPO NESTORI
Attore / Luciano / Soldato/ Marinaio / Secondo Becchino ADRIANO EXACOUSTOS
Regia Giorgio Barberio Corsetti
Scene Massimo Troncanetti
Costumi Francesco Esposito
Luci Camilla Piccioni
Musiche e vocal coaching Massimo Sigillo Massara
Movimenti Marco Angeli
Produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale
Roma, 15 novembre 2022
«Non è certo un caso che tre capolavori della letteratura di tutti i tempi trattino lo stesso tema, il parricidio: alludiamo all’Edipo Re di Sofocle, all’Amleto di Shakespeare e ai Fratelli Karamazov di Dostoevskij. In tutte e tre le opere è messo a nudo anche il motivo del misfatto: la rivalità sessuale per il possesso della donna.»
(S. Freud, Dostoevskij e il parricidio, 1927)
Lo spettacolo in scena al Teatro Argentina , Amleto con l’adattamento di Giorgio Barberio Corsetti potrebbe veramente essere considerato un appuntamento di espressiva lezione di terapia psicoanalitica tanto è evidente in ogni dettaglio una componente nevrotica sia nei gesti attoriali che nelle ambientazioni e musiche. Non solo i sottofondi musicali composti da Massimo Sigillo Massara risuonano ipnotici nell’ ossessiva ripetitività e agghiacciante risonanza ma anche le luci di Camilla Piccioni e i movimenti della complessa macchina scenica di Massimo Troncanetti risuonano all’unisono con un crescente ritmo quasi cardiaco. I costumi di Francesco Esposito ci portano in un luogo senza tempo quasi un metaverso contemporaneo difficilmente decifrabile. È evidente che ci troviamo in un antro profondissimo:che sia la mente del protagonista , che sia il luogo in cui si svolge l’intera vicenda o semplicemente un palcoscenico in cui si sta svolgendo una recita non conta moltissimo;vita,morte,follia giocano sulle stesso tavolo a carte scoperte ma su piani diversi come medesimo è l impianto scenico centrale che attraverso meccanismi si apre e si scompone su diversi piani portando gli attori su altezze e prospettive differenti. Scale sospese, salite e discese, piani inclinati, giardini nascosti, sono le tappe dell’oscuro percorso del principe spodestato alla ricerca del suo posto nel mondo. Gli attori, in un lavoro corale e sottile, danno vita ai loro personaggi con corpo e anima e, attraverso di essi, si battono con gli ingranaggi della macchina implacabile che li trascina verso la fine. Fausto Cabra (Amleto) interpreta questo ruolo con grande responsabilità cercando di non mettere molti filtri tra se stesso ed il ruolo (cosa assai difficile solitamente e di notevole peso) seguendo un po’ la massima” Noi siamo quello che recitiamo “.La sua recitazione appare così anche quando è volutamente forzata ed artificiosa e poco attenta alla parola sempre reale ed onesta .Può certo piacere o non piacere ma è assolutamente trasparente e vera proprio come Amleto. Amleto è folle o si finge folle? C’è dell’eccesso esasperato nel portare il ruolo oppure no? Questo è il dilemma. Troviamo al fianco di Amleto due donne che interpretano un ruolo importante: Gertrude e Ofelia. La regina Gertrude (Sara Putignano) è la madre alla quale il figlio non perdona di essere passata con troppa rapidità da un letto all’altro, spinta dalla lussuria e vittima di una libidine che “si abbuffa vorace di sudiciume”.Ci si aspetterebbe un interpretazione emozionale più sfacciata ,con movimenti dinamici e sconnessi invece l’attrice punta sulla compostezza e fissità anche del timbro dando vita ad una regina ieratica e sempre molto trattenuta. Mimosa Campironi (Ofelia) è invece assolutamente fisica e assai ginnica (alle volte sin troppo)dando prova di doti anche musicali oltre che recitative tagliando così nei suoi momenti di assolo come un fendente quella nebbia statica generale sulla scena. Pietro Faiella (Polonio) fatica a calarsi in questo contesto così ritmato trovando i suoi momenti migliori quando abbandona una recitazione troppo artificiosa e ritrova un ritmo più smorzato ed intimistico.Medesimo giudizio vale per Paolo Musio (Re Claudio)un po’ affaticato e spesso fuori contesto. Degna di nota la prova di Giovanni Prosperi e Dario Caccuri nei ruoli di Rosencrantz e Guildenstern.Bene il Laerte di Diego Giangrasso. Un pubblico che a fine spettacolo ha elargito applausi e consensi ed è sempre rimasto attento e partecipe durante la lunga rappresentazione. Repliche fino al 4 dicembre 2022. Foto Claudia Pajewski