Milano, Teatro Elfo Puccini: “Come tu mi vuoi”

Milano, Teatro Elfo Puccini, Stagione Teatrale 2022/23
COME TU MI VUOI”
Di Luigi Pirandello
Con Nicola Bortolotti, Lorenzo Fontana, Cola Bortolotti. Lorenzo Fontana, Alessandro Mor, Franca Penone, Elena Russo Arman (Invisibile Kollettivo)
Con le voci di Debora Zuin, Alessandro Quattro, Maria Caggianelli Villani
Adattamento, scene e costumi, regia e interpretazione Invisibile Kollettivo
Musiche Alessandra Novaga
Luci Cesare Agoni
Consulenza costumi Bruna Calvaresi
Produzione Centro Teatrale Bresciano, Teatro dell’Elfo
con il contributo di NEXT – laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo, Regione Lombardia e Fondazione Cariplo
Milano, 8 novembre 2022
Portare in scena Pirandello oggi non è la passeggiata che si possa pensare: Pirandello si pone infatti come il più e il meno novecentesco dei nostri drammaturghi. Da una parte le sue teorie sull’identità e la trappola borghese fondano de facto le riflessioni del XX secolo; dall’altra, la società che descrive, con i suoi valori post-risorgimentali, le sue radicate contraddizioni, i suoi ruoli eteroimposti, non è più un affresco leggibile in quanto tale. Ecco, dunque, la necessità di una riscrittura – più che rilettura – che, tuttavia, trattandosi di un premio Nobel, diventa quasi più ardua che tenere il testo com’è, con rispetto archeologico della difficoltà tentacolare dell’originale. Questa è pure la ragione dell’esiguo numero dei testi pirandelliani portati in scena oggi, cinque o sei su una vastissima produzione, tra vernacolo e italiano: posto che “Sei personaggi in cerca d’autore” ed “Enrico IV” hanno una fruibilità quasi ancora intatta ai nostri giorni, gli altri titoli del repertorio vengono sempre avvicinati con estrema cautela, e spesso con risultati deludenti. Per queste ragioni siamo stati istintivamente attratti dalla coraggiosa riscrittura che Invisibile Kollettivo fa di un testo francamente minore di Pirandello, quel “Come tu mi vuoi” che ebbe l’unica fortuna di trasformarsi in un’ahinoi dimenticata pellicola di George Fitzmaurice del ‘32, la quale annoverava, udite udite, la Garbo come protagonista oltre che Melvyn Douglas, Erich von Stroheim ed Hedda Hopper nel castL’unico Pirandello che stregò la Golden Hollywood, in patria è un testo semisconosciuto, e forse per questo l’adattamento di una simile opera ha saputo mostrarsi più audace e rivoluzionario, e in fondo più riuscito, di molti altri. L’idea, laboratoriale nel senso meno banalizzante del termine, è quello di dividersi in cinque i diversi ruoli dell’opera, tra cui la protagonista, l’Ignota, sdoppiata tra Elena Russo Arman Franca Penone, poiché anch’essa divisa nella personalità tra la diva da cabaret Elma e la contessa Pieri, le due vite che avrebbe vissuto a cavallo della Grande Guerra e di una conseguente crisi di amnesia. Le due, detto francamente, sono interpreti formidabili, ineccepibili nella voce, nella fisicità, nei ritmi, nell’indagine psicologica di quello che più che un personaggio è un teorema (come il suo anonimato conferma). Anzi, diremo di più: lo scarto coi tre colleghi sul palco si sente tutto. Nicola BortolottiLorenzo Fontana e Alessandro Mor portano i loro talenti al servizio non solo della scena, ma dell’Ignota, ciascuno costruendo il contorno adatto a valorizzare le due interpreti, in pratica riconcependo il testo come una sorta di tragedia per protagonista e coro. La regia (sempre ad opera di Invisibile Kollettivo) ha momenti di grande fascinazione – l’uso di registrazioni che sembrano provenire da stanze attigue, la centralità del modellino della Villa dei conti, illuminato dall’interno di vari colori, e, più in generale, il progetto fotografico di Cesare Agoni, che ama ricorrere a efficienti contrasti caldo-freddo. Ovviamente troviamo anche incursioni nel postdrammatico, come la lettura al microfono di alcune note di testo, la comparsa del copione in scena o il finale, in cui le attrici discutono col cast e direttamente col pubblico del significato del loro ruolo, rivolgendosi anche alla cabina di regia per far partire la musica finale (una prevedibile Mina del ‘66): ma anche nella gestione di questo trend trova una buona misura, e, anzi, sul finale risulta molto più coinvolgente che posticcio – come spesso invece si recepisce la frattura della quarta e della quinta parete (quelle tra personaggi e pubblico e tra attori e personaggi). Il risultato di questa profonda revisione è, paradossalmente, uno spettacolo radicalmente pirandelliano, vagamente brechtiano, gustosamente originale. Si replica al Teatro Elfo-Puccini di Milano fino al 24 novembre. Foto Laila Pozzo